Homo sapiens arcaicus

 

 

Oggi si tende a raccogliere sotto il titolo di Homo heidelbergensis i reperti che prima venivano posti sotto il nome di Homo sapiens arcaicus, ma non c'è accordo tra gli studiosi, per cui è bene continuare a parlare anche di Homo sapiens arcaicus.

Resti di Homo sapiens arcaicus sono stati trovati in Africa, Europa ed Asia occidentale, presenti fra i 600 mila ed i 100 mila anni fa. Qualcuno vuole includere anche Homo antecessor spostando quindi la data a 800 mila anni fa, ma resta il fatto che Homo antecessor ha parecchi tratti moderni.

L'Homo sapiens arcaicus aveva in media una capacità cranica di 1200 cc. un peso di 60 kg., con un'altezza di 1,5-1,6 m. 

Un reperto molto integro è l'Uomo di Altamura, ritrovato in fondo ad una grotta, concrezionato alla calcite tipica di una grotta carsica. Lo studio del fossile ha dovuto essere condotto "sul campo", usando scansioni laser. L'uomo di Altamura, è stato chiamato "Ciccillo", ma scientificamente viene catalogato come un Homo sapiens neanderthalensis, che rientra nell'Homo sapiensa arcaicus. La datazione di questo reperto oscilla tra 150 e 250 mila anni fa.

Nell'Homo sapiens arcaicus rientrano i Neandertal (Neandertal è una località vicino a Dusseldorf in Germania, luogo del primo rinvenimento nel 1856). Thomas Henry Huxley (1825-1895) mise il reperto in parallelo col tipo aborigeno australiano. L'idea cadde, ma ora è risorta con grande forza, non mettendosi più in dubbio l'interfecondità tra gruppi moderni ed arcaici (intergigidazione genica). Un team di ricercatori dell'Università di Ferrara, in unione con l'Università di Firenze e di Pisa, guidati da Giorgio Bertorelle, ha confrontato reperti di DNA mitocondriale di quattro uomini di Neandertal, con due Sapiens (tipo Cro-Magnon) rinvenuti in Puglia (grotta di Paglicci, Foggia) nel 1988 (datazione 23 mila anni fa), e con 2500 contemporanei, europei, asiatici e africani. Il risultato, pubblicato su "Proceeding of the national academy of science" (Maggio 2003), è stato che, mentre i Sapiens hanno un patrimonio genetico che corrisponde al nostro, ma si differenzia da quello di Neandertal. Quest’ultimo è vissuto non relazionandosi ad altri, ma Bertorelle non escude affatto degli incroci, cioè l'interfecondità. Detto questo, sulla brillante ricerca, sono state manifestate perplessità circa il valore di reperti genetici su fossili così antichi, specialmente se il ventaglio dei prelievi è limitato a pochi casi. La "tesi regionale" (Milford Wolpoff, dell'Università del Michigan; Alan Thorne, dell'Australian National University di Canberra; e altri), che afferma che ci fu un'evoluzione regionale dell'uomo, non esita ad affermare l'interfecondità tra il Sapiens e i tipi arcaici, come fonte dell'esistenza delle razze attuali.

Gli incroci sono ben testimoniati da tipi umani rinvenuti in Palestina (grotte di Skhul e Qafzef), dove 100-115  mila anni fa vivevano uomini con crani ibridi neanderteliani-moderni.

A questo punto sono chiamati in causa gli aborigeni australiani, che presentano caratteri di Homo sapiens arcaico, di Homo erectus e di Homo neandertalensis. Va rilevato che oggi, tutte le razze umane sono feconde tra di loro e generano esseri fecondi, e nessuno può avanzare dubbi scientifici per il passato. Circa l'interfecondità tra Sapiens e Neandertal, o in genere tipi arcaici, va segnalato che in Romania nella Pestera cu Oase ("cava delle ossa") è stato rinvenuto recentemete il più antico Homo sapiens europeo (36-34 mila anni fa): un maschio adulto e un ragazzo. La mascella dell'adulto ha rivelato caratteri primitivi risalenti a 200 mila anni fa. Reperti ritrovati ad Herto in Etiopia hanno presentato un Homo sapiens a 160 mila anni fa: il più antico esemplare ritrovato fino ad ora. Le sue caratteristiche sono chiaramente moderne, e rendono fondato l'incrocio rivelato dai reperti della "Pestera cu Oase".

 

In margine 

Giorgio Bertorelle dice che i suoi studi convalidano la tesi Africana (Jan Tattersal, della Columbia University; Tim Whitw, dell'Università di Berkeley in California, lo scopritore di Lucy; Chris Stringer, del Natural history museum; e altri), cioè che l'Homo Sapiens uscì dall'area africana 200-150 mila anni fa, per poi estendersi nel mondo. Questo dato africano non fa dispiacere ad un credente cristiano od ebreo, poiché vedrebbe configurarsi in esso il gruppo Noetico, certamente non limitato ad otto persone, ma un gruppo più ampio, includente gruppi con caratteri diversi, confluiti negli aborigeni australiani, e altri. Questo popolo Noetico, Medio Orientale, come dice il testo biblico (Gn 8,4), ad un certo punto a lui propizio, si estese su tutta la terra, non avendo più di fronte a sé la morsa del fortissimo Neanderthal. Forse i giganti di cui parla il testo biblico (Gn 6,1-4) sono proprio il ricordo dei massicci Neanderthal.

Ma Noè, che esitette, potè essere solo una figura continentale, e non mondiale, e così lo sviluppo di Homo sapiens nei territori già di Neanderthal, non esclude altre situazioni di salvezza e di espansione. L'arca con tutto il suo carico di animali e di uomini, è solo una semplificazione dei fatti, in relazione a stereotipi narrativi antecedenti. Altri gruppi moralmente sani poterono essersi salvati in altre regioni da una catastrofe globale. L'alleanza con Noè fu un'offerta di misericordia a tutto il genere umano e potè essere riconosciuta non solo dal gruppo Noetico, ma anche da altri gruppi, dal momento che ogni uomo può riconoscere dalle cose create l'esistenza, la potenza e le perfezioni del "Dio ignoto" (Sap 13,1s; Rm 1,20), che non ha altro desiderio che di rendersi noto al cuore di ogni uomo, oggi come ieri, con la sua provvidenza e grazia, in virtù di Cristo, giunto a noi nella pienezza dei tempi (Ef 1,10).

Ma perché il tema della interfecondità? Semplice, le teorie evoluzioniste definiscono esistente una nuova specie quando questa non si può incrociare con altre. E questo, visto che gli evoluzionisti parlano nel tempo del succedersi di specie umane nuove, crea il grave problema della rottura dell'unità umana. Ma, visto che tutti gli esseri umani oggi sono interfecondi, si deve giungere all'unità di specie a partire dal Sapiens uscito dall'Africa. Così oggi a rigore si deve dire che c'è un'unica specie Homo nel mondo, e che le razze del mondo sono Sapiens, proprio perché esse sono interfeconde, e questo è verissimo per oggi, e a un cristiano va benissimo. Ma questo è validissimo anche per il passato, per i millenni dei millenni, per la notte dei millenni. Tante le razze, nei millenni dei millenni, ma la specie uomo è, e fu sempre, una sola. Tante le razze, ma la razza di Adamo è una sola; o se vogliamo ancora l'Homo fu sempre Sapiens, ma spesso, tragicamente, con esasperanti continuità millenarie volle essere Insipiens, con tragiche conseguenze.