Testo e commento

 

Capitolo   1          10

 

Ingresso e conquista della terra promessa

Giosuè a capo di Israele

1 1-5 “Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè: <Mosè mio servo è morto; orsù, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso il paese che io do loro, agli Israeliti. Ogni luogo che calcherà la pianta dei vostri piedi, ve l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè. Dal deserto e dal Libano fino al fiume grande, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Hittiti, fino al Mar Mediterraneo, dove tramonta il sole: tali saranno i vostri confini. Nessuno potrà resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; non ti lascerò né ti abbandonerò>”.

10-18 “Allora Giosuè comandò agli scribi del popolo: <Passate in mezzo all’accampamento e comandate al popolo: fatevi provviste di viveri, perché fra tre giorni voi passerete questo giordano, per andare ad occupare il paese che il Signore vostro Dio vi dà in possesso>.Poi Giosuè disse ai Rubeniti, ai Gaditi e alla metà della tribù di Manasse: <Ricordatevi di ciò che vi ha ordinato Mosè, servo del Signore: Il Signore Dio vostro vi concede riposo e vi dà questo paese; le vostre mogli, i vostri bambini e il vostro bestiame rimarranno nella terra che vi ha assegnata Mosè oltre il Giordano; voi tutti invece, prodi guerrieri, passerete ben armati davanti ai vostri fratelli e li aiuterete, finché il Signore conceda riposo ai vostri fratelli, come a voi, e anch’essi siano entrati in possesso del paese che il Signore Dio vostro assegna loro. Allora ritornerete e possederete la terra della vostra eredità, che Mosè, servo del Signore, diede a voi oltre il Giordano, ad oriente>. Essi risposero a Giosuè: <Faremo quanto ci hai ordinato e noi andremo dovunque ci manderai. Come abbiamo obbedito in tutto a Mosè, così obbediremo a te; ma il Signore tuo Dio sia con te come è stato con Mosè. Chiunque disprezzerà i tuoi ordini e non obbedirà alle tue parole in quanto ci comanderai, sarà messo a morte. Solo, sii forte e coraggioso>”.

 

La conquista della terra promessa doveva avvenire con il concorso di tutte le tribù d’Israele, in spirito di aiuto fraterno, ma la cosa ben presto andò diversamente, ogni tribù operò singolarmente.

 

La perlustrazione del territorio e della città di Gerico

2 1-2 “In seguito Giosuè, figlio di Nun, di nascosto inviò da Sittim due spie, ingiungendo: “Andate, osservate il territorio e Gerico”. Essi andarono ed entrarono in casa di una donna, una prostituta chiamata Raab, dove passarono la notte.

Ma fu riferito al re di Gerico: <Ecco alcuni degli israeliti sono venuti qui questa notte per esplorare il paese>".

 

Sittim è una località presso il Mar d’Arabia (Mar Morto) a nord est.

Le due spie venero inviate nel massimo segreto anche in riguardo agli Israeliti, era sempre possibile una fuga di notizie. I due traversarono il Giordano lungo un guado. Il Giordano non era in piena. Le due spie poterono entrare tranquillamente in Gerico, segno che le porte non avevano posti di blocco. Ad un certo punto i due trovarono opportuno distogliere l’attenzione presentandosi come gente che cercava una qualche prostituta. I due rifugiatisi nella casa, con grande sorpresa della donna, aspettavano il momento favorevole per uscire. Ma qualcuno riferì al re di Gerico della loro presenza.

 

3-7Allora in re di Gerico mandò a dire a Raab: <Fa uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti per esplorare tutto il paese>. Allora la donna prese i due uomini e, dopo averli nascosti, rispose: “Sì, sono venuti da me quegli uomini, ma non sapevo di dove fossero. Ma quando stava per chiudersi la porta della città al cader della notte, essi uscirono e non so dove siano andati. Inseguiteli subito e li raggiungerete>.

Essa invece li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che vi aveva accatastato. Gli uomini li inseguirono sulla strada del Giordano verso i guadi e si chiuse la porta, dopo che furono usciti gli inseguitori”. 

 

Raab, la prostituta, non viene per nulla pensata complice delle due spie. Il cambiamento che ha nel cuore, ispirato dal timore nel Dio d’Israele, non poteva minimamente essere sospettato.

 

8-15 “Quelli non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza e disse loro: <So che il Signore vi ha assegnato il paese, che il terrore da voi gettato si è abbattuto su di noi e che tutti gli abitanti della regione sono sopraffatti dallo spavento davanti a voi, perché abbiamo sentito come il Signore ha prosciugato le acque del Mar Rosso davanti a voi, alla vostra uscita dall’Egitto e come avete trattato i due re morrei, che erano oltre il Giordano, Sicon ed Og, da voi votati allo sterminio. Lo si è saputo e il nostro cuore è venuto meno e nessuno ardisce fiatare dinanzi a voi, perché il Signore vostro Dio è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza, anche voi userete benevolenza alla casa di mio padre; datemi dunque un segno certo che lascerete vivi mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte>. Gli uomini dissero: <A morte le nostre vite al posto vostro, purché non riveliate questo nostro affare; quando poi il Signore ci darà il paese, ti tratteremo con benevolenza e lealtà>.

Allora essa li fece scendere con una corda dalla finestra, perché la sua casa era addossata al muro di cinta; infatti sulle mura aveva l’abitazione".

 

Gerico era la prima città da espugnare dopo il passaggio del Giordano. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce una città antichissima, con varie stratificazioni; basti pensare che si stima che le mura di Gerico nell’età del bronzo vennero distrutte da terremoti o dall’erosione un 17 volte. La città attorno al 1550 a.C conobbe poi la disfatta degli Hyksos, che avevano dato alla città, nel 1600, una nuova cerchia di mura. Dopo cinquanta anni, nel 1400, la città tornò ad essere ricostruita ed abitata. Nel 1325 venne di nuovo distrutta e abbandonata. Poi gli scavi fanno silenzio; però dire che al tempo dell’invasione della terra promessa - 1200 a.C - la città non era abitata, e che quindi la conquista non ci fu, è un’uscita che si scontra frontalmente contro l’indubitabile lavorio del caldo e del freddo, del vento e del dilavamento dell’acqua, che si esercitarono per ben tre secoli e mezzo, prima che Gerico conoscesse una riedificazione (1Re 16,34). Le mura che Giosuè incontrò dovevano essere il risultato di riadattamenti di quelle precedenti distrutte, magari con variazioni di tracciato. Mura rabberciate e invase da case come ci segnala quella di Raab, sicuramente edificata sfruttando un tratto delle antiche mura.

 

16-24 “Disse loro: <Andate verso la montagna, perché non si imbattano in voi i vostri inseguitori e là rimarrete nascosti tre giorni fino al loro ritorno; poi andrete per la vostra strada>. Le risposero allora gli uomini: <Saremo sciolti da questo giuramento, che ci hai fatto fare, a queste condizioni: quando noi entreremo nel paese, legherai questa cordicella di filo scarlatto alla finestra, per la quale ci hai fatto scendere e radunerai presso di te in casa tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre. Chiunque allora uscirà dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sulla sua testa e noi non ne avremo colpa; chiunque invece sarà con te in casa, il suo sangue ricada sulla nostra testa, se gli si metterà addosso una mano. Ma se tu rivelerai questo nostro affare, noi saremo liberi da ciò che ci hai fatto giurare>. Essa allora rispose: <Sia così secondo le vostre parole>. Poi li congedò e quelli se ne andarono. Essa legò la cordicella scarlatta alla finestra.

Se ne andarono dunque e giunsero alla montagna dove rimasero tre giorni, finché non furono tornati gli inseguitori. Gli inseguitori li avevano cercati in ogni direzione senza trovarli. I due uomini allora tornarono sui loro passi, scesero dalla montagna, passarono il Giordano e vennero da Giosuè, figlio di Nun, e gli raccontarono quanto era loro accaduto. Dissero a Giosuè: <Dio ha messo nelle nostre mani tutto il paese e tutti gli abitanti del paese sono già disfatti dinanzi a noi>".

 

Legata alla finestra, la funicella scarlatta rimandava al sangue dell’agnello pasquale con il quale vennero segnate le porte di Israele. Quando passerà l’azione sterminatrice degli armati d’Israele quella casa ne sarà preservata. La fonte principale sulla situazione degli abitanti di Gerico è proprio Raab.

 

Il passaggio del Giordano

3 1-6 “Giosuè si mise all’opera di buon mattino; partirono da Sittim e giunsero al Giordano, lui e tutti gli Israeliti. Lì si accamparono prima di attraversare. Trascorsi tre giorni, gli scribi passarono in mezzo all’accampamento e diedero al popolo questo ordine: <Quando vedrete l’arca dell’alleanza del Signore Dio vostro e i sacerdoti leviti che la portano, voi vi muoverete dal vostro posto e la seguirete; ma tra voi ed essa vi sarà la distanza di circa duemila cubiti: non avvicinatevi. Così potrete conoscere la strada dove andare, perché prima d’oggi non siete passati per questa strada>. Poi Giosuè disse al popolo: <Santificatevi, poiché domani il Signore compirà meraviglie in mezzo a voi>. Giosuè disse ai sacerdoti: <Portate l’arca dell’alleanza e passate davanti al popolo>. Essi portarono l’arca dell’alleanza e camminarono davanti al popolo".

 

Tra il ritorno delle due spie e la partenza da Sittim non dovette passare molto tempo; quello necessario per portarsi all’accampamento poco distante dal Giordano, punto base per l’attraversamento. Il popolo complessivamente non doveva superare le15.000 unità in tutto. Il testo (4,13) presenta 40.000 armati, ma è un’evidente esagerazione celebrativa postuma. In Esodo 23,30 si legge: “A poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da occupare il paese”.

 

7-17 “Disse allora il Signore a Giosuè: <Oggi stesso comincerò a glorificarti agli occhi di tutto Israele, perché sappiano che come sono stato con Mosè, così sarò con te. Tu ordinerai ai sacerdoti che portano l’arca dell’alleanza: Quando sarete giunti alla riva delle acque del Giordano, voi vi fermerete>. Disse allora Giosuè agli Israeliti: <Avvicinatevi e ascoltate gli ordini del Signore Dio vostro”. Continuò Giosuè: <Da ciò saprete che il Dio vivente è in mezzo a voi e che, certo, scaccerà dinanzi a voi il Cananeo, l’Hittita, l’Eveo, il Perizzita, il Gergeseo, l’Amorreo e il Gebuseo. Ecco l’arca dell’alleanza del Signore di tutta la terra passa dinanzi a voi nel Giordano. Ora sceglietevi dodici uomini dalle tribù di Israele, un uomo per ogni tribù. Quando le piante dei piedi dei sacerdoti che portano l’arca di Dio, Signore di tutta la terra, si poseranno sulle acque del Giordano, le acque del Giordano si divideranno; le acque che scendono dalla parte superiore si fermeranno come un solo argine>.

Quando il popolo si mosse dalle sue tende per attraversare il Giordano, i sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza camminavano davanti al popolo. Appena i portatori dell’arca furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero al limite delle acque - il Giordano infatti durante tutti i giorni della mietitura è gonfio fin sopra tutte le sponde – si fermarono le acque che fluivano dall’alto e stettero come un solo argine a grande distanza, in Adama, la città presso Tartan, mentre quelle che scorrevano verso il mare dell’Araba, il Mar Morto, se ne staccarono completamente e il popolo passò davanti a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore si fermarono immobili all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele passava all’asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il Giordano".

 

4 18 “Non appena i sacerdoti, che portavano l’arca dell’alleanza del Signore, furono saliti da Giordano, mentre le piante dei piedi dei sacerdoti raggiungevano l’asciutto, le acque del Giordano tornarono al loro posto e rifluirono come prima su tutta l’ampiezza delle loro sponde”.

 

5 1 “Quando tutti i re degli Amorrei, che sono oltre il Giordano ad occidente, e tutti i re Cananei, che erano presso il mare, seppero che il Signore aveva prosciugato le acque del Giordano davanti agli Israeliti, finché furono passati, si sentirono venir meno il cuore e non ebbero più fiato davanti agli Israeliti”.

 

Trovarono il fiume in piena per lo scioglimento delle nevi dell’Hermon, in marzo-aprile. Indubbiamente sembrò che Giosuè non avesse calcolato bene i tempi. In tempo di magra il corso d’acqua si riduceva a una larghezza di una decina di metri presso Gerico, e come dice il testo non mancavano punti di guado. Il Giordano, avendo uno sbalzo di 182 m dal Mare di Galilea al Mar Morto, su di un tratto di 100 km in linea d’aria (1,80m. per km), rimane sempre con una certa corrente, anche nei punti più pianeggianti. In primavera, il fiume, ingrossato dalle piogge invernali e dallo scioglimento delle nevi, straripa inondando la vasta pianura alluvionale. Il fiume allora è veramente impetuoso e impossibile da guadarsi. La forza dell’acqua è tanto forte che quando il fiume rientra le anse che lo caratterizzano hanno mutato sovente la loro posizione. Giosuè ricevette da Dio l’ordine di passare e predispose quella che potremmo definire la liturgia del passaggio. La distanza che il popolo doveva avere dall’arca era di 2000 cubiti, cioè 900 metri. I sacerdoti con l’arca sulle spalle si inoltrarono per alcuni passi nelle acque di straripamento. Poi le acque a monte cessarono di sopraggiungere. Cosa era accaduto? Il Salmo 113 (114) dice. “Il Giordano si volse indietro (…) e tu, Giordano, perché torni indietro?”. Sono espressioni poetiche che presentano il Giordano che ritira a monte il suo flusso d’acqua. Il nostro testo parla che si formò a monte una massa d’acqua ferma, e ne dà un punto di riferimento in Adama, città vicina a Zartan. L’identificazione di Adama con ed-Damijeh - si trova a 25 km a nord dal punto del passaggio di Israele - è comunemente accettata in sede di ipotesi, ma della città di Zartan non se ne ha indizio archeologico. Adama non doveva imporsi come località molto nota se la sua individuazione è presentata in relazione a Zartan. L’interruzione del fluire dell’acqua ebbe come causa una frana a seguito di un terremoto a livello di ed-Damijeh? E’ ovviamente possibile, ed è il suggerimento di diversi, che ricordano che a livello di ed-Damijeh si ebbero nel corso della storia alcune frane con interruzione del corso d’acqua (non in piena) di diverse ore. La ragione dell’interruzione per una frana va pensata, in questo caso, in un terremoto specifico causato da Dio poco prima del passaggio di Israele; la narrazione biblica, infatti, mostra come il popolo si mosse nell’ambito di una liturgia del passaggio dove i tempi erano senza margini. La notizia, giunta successivamente e a frana scomparsa, venne accolta. Detto ciò rimane sempre la possibilità di dare pieno spessore alle parole del salmo 113 (114) v.5: “E tu Giordano, perché torni indietro”. Infatti si può pensare ad un miracolo grandioso con l'acqua del Giordano, che,  tornando indietro per un tratto poté formare una muraglia molto alta,  per un invaso che giunse fino in Adama, località, ripeto, sconosciuta;  tutto ciò per il tempo necessario al passaggio. Dopo di che l’acqua, ancora per miracolo, refluì lentamente fino al ristabilimento del flusso precedente. Questa lettura del prodigio ha il vantaggio di dare ad Israele la percezione immediata del miracolo e di portare i tempi dello svuotamento del Giordano allo stretto tempo necessario per il passaggio. Comunque va ricordato che la Bibbia presenta l’immediata separazione dell’acqua del Giordano sotto il colpo del mantello di Elia (2Re 2,8).

 

La conquista di Gerico

6 1-5 “Ora Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava. Disse il Signore a Giosuè: <Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi prodi guerrieri, tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé>".

 

La città di Gerico aveva, secondo l’impianto delle mura costruite dagli Hyksos in mattoni di argilla cotta al sole, una pianta rettangolare a lati ovoidali stimabile in 300 m. di lunghezza e 200 m. di larghezza. Poteva contenere un1500 abitanti. La città, per la sua posizione strategica, era un ostacolo non raggirabile per poter dilagare con sicurezza nella terra promessa. La presa di Gerico è narrata da una fonte sacerdotale la quale ebbe cura di riferire la  liturgia di conquista. E’ Dio che ordina a Giosuè la liturgia di conquista. Nessuna difficoltà in questo poiché la guerra di Israele era in nome di Dio, e del resto allora presso tutti i popoli le guerre erano o diventavano di religione. I sette giri attorno a Gerico hanno, oltre il significato di una liturgia di conquista e quello di una guerra dei nervi, quello di un invito alla resa di fronte a Dio, e quindi l’abbandono degli idoli; c’è sempre nella conquista della terra promessa questa economia di attesa della conversione (Sap 12,8-11; Cf. Es 23,28). Il particolare dei calabroni (pungenti), mandati contro Gerico nell’ambito dell’economia dell’attesa del pentimento, viene presentato al cap. 24, v.11. Ma la città apparve a Giosuè chiusa in difensiva. E’ una lotta tra Dio e gli idoli di Gerico, ai quali si facevano anche sacrifici umani. La lettura tradizionale del testo pensò sempre ad un crollo miracoloso delle mura di Gerico, e poiché il caso è unico nell’opera della conquista si pensò che Gerico fosse una città imprendibile. Oggi si sa che non era affatto imprendibile e così si pensa che la “lettera” del crollo miracoloso delle mura sia in realtà una metafora (Cf.1Sam 25,16) del crollo repentino della compattezza degli armati di Gerico, di fronte all’attacco alle mura dei prodi di Israele. La “lettera” del crollo delle mura rientra così nei toni liturgici del documento sacerdotale, incline ad attutire il realismo bellico. Il racconto di Raab, di altra fonte, non dà spazio per pensare al crollo delle mura; infatti la casa costruita sfruttando le mura di Gerico non crollò.

 

6-25 “Giosuè, figlio di Nun, convocò i sacerdoti e disse loro: <Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore>. Disse al popolo: <Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all’arca del Signore>. Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe d’ariete davanti al Signore, si mossero e suonarono le trombe, mentre l’arca dell’alleanza del Signore li seguiva; l’avanguardia precedeva i sacerdoti che suonavano le trombe e la retroguardia seguiva l’arca; si procedeva a suon di tromba. Al popolo Giosuè aveva ordinato: <Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra, allora griderete>. L’arca del Signore girò intorno alla città facendo il circuito una volta, poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte nell’accampamento. Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l’arca del Signore; i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete davanti all’arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l’avanguardia li precedeva e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si marciava a suon di tromba. Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell’aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: <Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città. La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati. Solo guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché, mentre eseguite la distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e rendiate così votato allo sterminio l’accampamento di Israele e gli portiate disgrazia. Tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore>. Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono, il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città. Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino.Ai due uomini che avevano esplorato il paese, Giosuè disse: <Entrate nella casa della prostituta, conducete fuori lei e quanto le appartiene, come le avete giurato>. Entrarono i giovani esploratori e condussero fuori Raab, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e tutto quanto le apparteneva; fecero uscire tutta la sua famiglia e li stabilirono fuori dell’accampamento di Israele. Incendiarono poi la città e quanto vi era, soltanto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro deposero nel tesoro del Signore. Giosuè però lasciò in vita Raab, la prostituta, la casa di suo padre e quanto le apparteneva, ed essa abita in mezzo ad Israele fino ad oggi, perché aveva nascosto gli esploratori che Giosuè aveva inviato a Gerico”.

 

L’avanguardia è costituita dai prodi di Israele. La retroguardia è formata dagli armati comuni: il popolo. Dopo il suono delle trombe e il grido di guerra le mura vengono attaccate dall’avanguardia; poi parte la retroguardia (il popolo), che entra dalle porte aperte dall’avanguardia, per l’occupazione della città e l’azione sterminatrice. L’annotazione che il casato di Raab era ancora presente in mezzo ad Israele è un attestato di verificabilità dell’evento di Gerico. La città conquistata diventa proprietà del Signore. L’oro, l’argento, il ferro, devono essere messi nel tesoro del Signore. Ogni abitante deve essere ucciso, così pure gli animali. Ma si avrà pure che Dio concede il bottino, animali compresi, al popolo (8,2); il bottino andava purificato (Cf. Nm 31,22). Rigorosa sarà sempre l’uccisione di ogni abitante; ciò non corrisponde ad un concetto di pulizia etnica, ma al timore di venirne contaminati, e ad un compito di giustizia sterminatrice dei colpevoli d’idolatria, che non si arrendono di fronte al Signore che si manifesta nella potenza del suo popolo. Potevano essere risparmiate le fanciulle che non avevano conosciuto uomo (Cf. Nm 31,18). Tale regola sterminatrice è relativa solo alla conquista della terra promessa. Casi di città che si convertono e quindi sfuggono alla distruzione il testo non ne presenta. Ma casi di gruppi di convertiti che si consegnano ad Israele non dovettero mancare, visto che l’economia della guerra santa era rivolta anche a suscitare questo; necessaria era la circoncisione dei maschi (Cf. Gn 17,12; 34,14ss; Es 12,44). Nel libro dei Giudici (1,24-25) si parla di un caso di collaborazione simile a quelle di Raab.

 

La sconfitta di Ai

7 2-13 “Giosuè inviò uomini di Gerico ad Ai, che è presso Bet-Aven, ad oriente di Betel. Disse loro: <Andate a esplorare la regione>. Gli uomini andarono a esplorare Ai. Poi ritornarono da Giosuè e gli dissero: <Non vada tutto il popolo; vadano all’assalto due o tremila uomini per espugnare Ai; non impegnateci tutto il popolo, perché sono pochi>. Vi andarono allora del popolo circa tremila uomini, ma si diedero alla fuga dinanzi agli uomini di Ai. Gli uomini di Ai ne uccisero circa trentasei, li inseguirono davanti alla porta fino a Sebarim e li colpirono nella discesa. Allora al popolo venne meno il cuore e si sciolse come acqua. Giosuè si stracciò le vesti, si prostrò con la faccia a terra davanti all’arca del Signore fino alla sera e con lui gli anziani di Israele e sparsero polvere sul loro capo. Giosuè esclamò: <Signore Dio, perché hai fatto passare il Giordano a questo popolo, per metterci poi nelle mani dell’Amorreo e distruggerci? Se avessimo deciso di stabilirci oltre il Giordano! Perdonami, Signore: che posso dire dopo che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici? Lo sapranno i Cananei e tutti gli abitanti della regione, ci accerchieranno e cancelleranno il nostro nome dal paese. E che farai tu per il tuo grande nome?>. Rispose il Signore a Giosuè: <Alzati, perché stai prostrato sulla faccia? Israele ha peccato. Essi hanno trasgredito l’alleanza che avevo loro prescritto e hanno preso ciò che era votato allo sterminio: hanno rubato, hanno dissimulato e messo nei loro sacchi! Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici, volteranno le spalle ai loro nemici, perché sono incorsi nello sterminio. Non sarò più con voi, se non eliminerete da voi chi è incorso nello sterminio. Orsù, santifica il popolo>”.

 

Gli scavi hanno fatto vedere che Ai al tempo di Giosuè era poca cosa; gli armati non potevano essere molti. Gli armati di Israele per la spedizione non dovevano essere che alcune centinaia; al solito le cifre sono gonfiate. Una sortita repentina degli armati di Ai, per evitare di essere messi sotto assedio, mise lo scompiglio tra gli armati di Israele, che si persero d’animo. Mancò loro il tono, l’audacia, un disegno per contrattaccare e così ripiegarono inseguiti in discesa, in una condizione di debolezza perché l’inseguitore può colpire alle spalle e l’inseguito deve voltarsi e deve combattere con uno che è in alto rispetto a lui. La ragione della fuga fu che Dio aveva ritirato il suo aiuto a causa di un’infedeltà durante il saccheggio di Gerico. Per gli armati di Ai fu il trionfo dei loro dei. L’arca fu sicuramente portata in campo, da qui lo sgomento del popolo il cui cuore “Venne meno e si sciolse come acqua”.  Ma la causa fu che era stato trasgredito il comando del Signore. Chi fece questo venne individuato mediante un sorteggio sacro a partire dalle tribù, scendendo poi ai gruppi famigliari, quindi alle “case”, e infine agli individui. Il sorteggiato ammise la sua colpa (7,20ss). Poi lui e tutta la sua famiglia venne messa a morte. Come si vede la colpa di un singolo (i famigliari vennero ritenuti corresponsabili) bastò per ritirare il favore di Dio a tutto il popolo, che subì sul campo delle gravi perdite. E’ un’economia veterotestamentaria che mira a mantenere la compattezza morale nel popolo. Ognuno risulta impegnato ad una retta condotta e vigilante dei costumi dell’altro, poiché il peccato di uno torna a sventura di tutti, i quali tutti possono dare la morte al colpevole. E’ una compattezza morale imperfetta perché basata sul “timore servile”, cioè sulla paura della pena.

 

 La presa di Ai

8 1-22 “Il Signore disse a Giosuè: <Non temere e non abbatterti. Prendi con te tutti i guerrieri. Su, và contro Ai. Vedi, io ti metto in mano il re di Ai, il suo popolo, la sua città e il suo territorio. Farai ad Ai e al suo re come hai fatto a Gerico e al suo re; tuttavia prenderete per voi il suo bottino e il suo bestiame. Tendi un agguato contro Ai, dietro ad essa>. Giosuè dunque e tutti quelli del popolo atti alla guerra si accinsero ad assalire Ai; Giosuè scelse trentamila uomini, guerrieri valenti, li inviò di notte e comandò loro: <State attenti: voi tenderete un agguato contro la città, dietro ad essa. Non allontanatevi troppo dalla città e state tutti pronti. Io, con tutta la gente, mi avvicinerò alla città. Ora, quando essi usciranno contro di noi come l’altra volta, noi fuggiremo davanti a loro. Essi usciranno ad inseguirci finché noi li avremo tirati lontani dalla città, perché diranno: Fuggono davanti a noi come l’altra volta! Mentre noi fuggiremo davanti a loro, voi balzerete dall’agguato e occuperete la città e il Signore vostro Dio la metterà in vostro potere. Come l’avrete in potere, appiccherete il fuoco alla città: farete secondo il comando del Signore. Fate attenzione! Questo è il mio comando>. Giosuè allora li inviò ed essi andarono al luogo dell’agguato e si posero fra Betel e Ai, ad occidente di Ai; Giosuè passò quella notte in mezzo al popolo. Si alzò di buon mattino, passò in rassegna il popolo e andò con gli anziani di Israele alla testa del popolo verso Ai. Tutti quelli del popolo atti alla guerra, che erano con lui, salendo avanzarono e arrivarono di fronte alla città e si accamparono a nord di Ai. Tra Giosuè e Ai c’era di mezzo la valle. Prese circa cinquemila uomini e li pose in agguato tra Betel e Ai, ad occidente della città. Il popolo pose l’accampamento a nord di Ai mentre l’agguato era ad occidente della città; Giosuè andò quella notte in mezzo alla valle. Non appena il re di Ai si accorse di ciò, gli uomini della città si alzarono in fretta e uscirono per il combattimento incontro ad Israele, il re con tutto il popolo, verso il pendio di fronte all’Araba. Egli non s’accorse che era teso un agguato contro di lui dietro la città. Giosuè e tutto Israele si diedero per vinti dinanzi a loro e fuggirono per la via del deserto. Tutta la gente che era dentro la città corse ad inseguirli; inseguirono Giosuè e furono attirati lontano dalla città. Non ci rimase ad Ai nessuno che non inseguisse Israele e così lasciarono aperta la città per inseguire Israele. Disse allora il Signore a Giosuè: <Tendi verso la città il giavellotto che tieni in mano, perché io te la metto nelle mani>. Giosuè tese il giavellotto, che teneva in mano, verso la città. Come ebbe stesa la mano, quelli che erano in agguato balzarono subito dal loro nascondiglio, entrarono di corsa nella città, la occuparono e s’affrettarono ad appiccarvi il fuoco. Gli uomini di Ai si voltarono indietro ed ecco videro che il fumo della città si alzava verso il cielo. Allora non ci fu più possibilità per loro di fuggire in alcuna direzione, mentre il popolo che fuggiva verso il deserto si rivolgeva contro quelli che lo inseguivano. Infatti Giosuè e tutto Israele s’erano accorti che il gruppo in agguato aveva occupata la città e che il fumo della città si era levato; si voltarono dunque indietro e colpirono gli uomini di Ai. Anche gli altri uscirono dalla città contro di loro, e così i combattenti di Ai si trovarono in mezzo agli Israeliti, avendoli da una parte e dall’altra. Li colpirono finché non rimase nessun superstite o fuggiasco”.

 

Come si vede la strategia di Israele è composta di un agguato e di un inganno per portare gli armati di Ai lontano dalla città, per poi incendiarla con comodo e quindi con manovra successiva accerchiare gli armati. L’arca anche questa volta non compare nella narrazione, ma sicuramente era presente.

 

La grande vittoria di Gàbaon

10 6-14 “Allora gli uomini di Gàbaon mandarono a dire a Giosuè, all’accampamento di Gàlgala: <Non privare del tuo aiuto i tuoi servi. Vieni presto da noi; salvaci e aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrei, che abitano sulle montagne>. Giosuè partì da Gàlgala con tutta la gente di guerra e tutti i prodi guerrieri. Allora il Signore disse a Giosuè: <Non aver paura di loro, perché li metto in tuo potere; nessuno di loro resisterà davanti a te>. Giosuè piombò su di loro d’improvviso: tutta la notte aveva marciato, partendo da Gàlgala. Il Signore mise lo scompiglio in mezzo a loro dinanzi ad Israele, che inflisse loro in Gàbaon una grande disfatta, li inseguì verso la salita di Bet-Coron e li batté fino ad Azeka e fino a Makkeda. Mentre essi fuggivano dinanzi ad Israele ed erano nella discesa di Bet-Coron, il Signore lanciò dal cielo su di essi come grosse pietre fino ad Azeka e molti morirono. Coloro che morirono per le pietre della grandine furono più di quanti ne uccidessero gli Israeliti con la spada. Allora, quando il Signore mise gli Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di <Sole, fermati in Gàbaon e tu, luna, sulla valle di Aialon>. Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto. <Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero. Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d’un uomo, perché il Signore combatteva per Israele>?”.

 

Da Gàlgala a Gàbaon ci sono trenta km; per percorrerli gli Israeliti avranno impiegato circa sei ore. Giosuè marciò anche di notte per piombare sull’accampamento avversario di sorpresa. Attaccò l’esercito Amorreo nel sonno sulle tre del mattino. Gli armati colti di sorpresa non riuscirono ad organizzare una difesa e quindici diedero alla fuga per riparare nelle loro città. I guerrieri di Israele - dei veri atleti della guerra - li inseguirono. Ma durante la discesa di Bet-Coron (la strada ordinaria delle invasioni in terra Amorrea) gli Amorrei, più freschi di forze, avevano l’opportunità di distanziarsi dagli inseguitori. A questo punto accadde qualcosa di eccezionale: una tempesta con nuvolaglia nera e chicchi di grandine enormi (si sono visti anche chicchi di 10 cm di diametro, ma qua dovettero essere molto superiori di diametro) si abbatté sui fuggiaschi. Come Israele si affidava per la vittoria a Dio, gli Amorrei si affidavano ai loro dei, in particolare a Baal, il dio della pioggia, della tempesta; e dunque ecco che Baal non dà vittoria e neppure è il signore della tempesta, è semplicemente un non esistente. I guerrieri di Israele non si avventurano dentro il cuore della tempesta che stava decimando gli Amorrei e costringendoli a cercare riparo nelle grotte della montagna. Fu un momento difficile perché si temette che gli Amorrei potessero raggiungere le loro città prima che fosse notte. Avendo camminato di notte, poi avendo la nuvolaglia nera oscurato l’alba, e per il tempo, che non passava mai, nell’interruzione dell’inseguimento, non valutarono l’esatta ora (non avevano l’orologio al polso). Parve loro che fosse passato molto tempo e che fosse pomeriggio. Da qui un’invocazione di Giosuè di poter continuare l’inseguimento e la sorpresa, una volta repentinamente dissipata la nuvolaglia, di vedere il sole in alto, a mezzogiorno. C’era dunque la possibilità di continuare la battaglia, tanto più che gli Amorrei avevano arrestato la fuga. Tutto ciò portò alla poetica trasfigurazione celebrante la figura di Giosuè che il testo riporta. L’autore è ben consapevole dell’enfasi celebrativa dei versetti e si appoggia per questo con quanto diceva il Libro del Giusto (raccolta poetica - citata pure in 2 Sam 1,18 - andata perduta). Il testo tratto dal Libro del Giusto usa poi termini facilmente raccordabili con il facile sorgere dell’impressione - in quelle circostanze - che il sole non fosse sceso verso il tramonto, ma che avesse, appunto, ritardato il suo tramontare. Aialon è il nome di una città e di una valle degli Amorrei.