    
Testo e commento
Capitolo
1 2 3 4
5 6 7 8 10
Ingresso
e conquista della terra promessa
Giosuè
a capo di Israele
1 1-5 “Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a
Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè: <Mosè mio servo è morto; orsù,
attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso il paese che io do
loro, agli Israeliti. Ogni luogo che calcherà la pianta dei vostri piedi, ve
l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè. Dal deserto e dal Libano fino al fiume
grande, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Hittiti, fino al Mar
Mediterraneo, dove tramonta il sole: tali saranno i vostri confini. Nessuno potrà
resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè,
così sarò con te; non ti lascerò né ti abbandonerò>”.
10-18 “Allora Giosuè comandò
agli scribi del popolo: <Passate in mezzo all’accampamento e comandate al
popolo: fatevi provviste di viveri, perché fra tre giorni voi passerete questo
giordano, per andare ad occupare il paese che il Signore vostro Dio vi dà in
possesso>.Poi Giosuè disse ai Rubeniti, ai Gaditi e alla metà della tribù di
Manasse: <Ricordatevi di ciò che vi ha ordinato Mosè, servo del Signore: Il
Signore Dio vostro vi concede riposo e vi dà questo paese; le vostre mogli, i
vostri bambini e il vostro bestiame rimarranno nella terra che vi ha assegnata
Mosè oltre il Giordano; voi tutti invece, prodi guerrieri, passerete ben armati
davanti ai vostri fratelli e li aiuterete, finché il Signore conceda riposo ai
vostri fratelli, come a voi, e anch’essi siano entrati in possesso del paese
che il Signore Dio vostro assegna loro. Allora ritornerete e possederete la terra
della vostra eredità, che Mosè, servo del Signore, diede a voi oltre il
Giordano, ad oriente>. Essi risposero a Giosuè: <Faremo quanto ci hai
ordinato e noi andremo dovunque ci manderai. Come abbiamo obbedito in tutto a
Mosè, così obbediremo a te; ma il Signore tuo Dio sia con te come è stato con
Mosè. Chiunque disprezzerà i tuoi ordini e non obbedirà alle tue parole in
quanto ci comanderai, sarà messo a morte. Solo, sii forte e coraggioso>”.
La conquista della terra
promessa doveva avvenire con il concorso di tutte le tribù d’Israele, in
spirito di aiuto fraterno, ma la cosa ben presto andò diversamente, ogni tribù
operò singolarmente.
La perlustrazione del territorio e della
città di Gerico
2
1-2 “In
seguito Giosuè, figlio di Nun, di nascosto inviò da Sittim due spie,
ingiungendo: “Andate, osservate il territorio e Gerico”. Essi andarono ed
entrarono in casa di una donna, una prostituta chiamata Raab, dove passarono la
notte.
Ma fu riferito al re di
Gerico: <Ecco alcuni degli israeliti sono venuti qui questa notte per
esplorare il paese>".
Sittim è una località
presso il Mar d’Arabia (Mar Morto) a nord est.
Le due spie venero
inviate nel massimo segreto anche in riguardo agli Israeliti, era sempre
possibile una fuga di notizie. I due traversarono il Giordano lungo un guado.
Il Giordano non era in piena. Le due spie poterono entrare tranquillamente in
Gerico, segno che le porte non avevano posti di blocco. Ad un certo punto i due
trovarono opportuno distogliere l’attenzione presentandosi come gente che
cercava una qualche prostituta. I due rifugiatisi nella casa, con grande
sorpresa della donna, aspettavano il momento favorevole per uscire. Ma qualcuno
riferì al re di Gerico della loro presenza.
3-7 “Allora
in re di Gerico mandò a dire a Raab: <Fa uscire gli uomini che sono venuti
da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti per esplorare tutto il
paese>. Allora la donna prese i due uomini e, dopo averli nascosti, rispose:
“Sì, sono venuti da me quegli uomini, ma non sapevo di dove fossero. Ma quando
stava per chiudersi la porta della città al cader della notte, essi uscirono e
non so dove siano andati. Inseguiteli subito e li raggiungerete>.
Essa invece li aveva fatti
salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che vi aveva
accatastato. Gli uomini li inseguirono sulla strada del Giordano verso i guadi
e si chiuse la porta, dopo che furono usciti gli inseguitori”.
Raab, la prostituta, non
viene per nulla pensata complice delle due spie. Il cambiamento che ha nel
cuore, ispirato dal timore nel Dio d’Israele, non poteva minimamente essere
sospettato.
8-15 “Quelli
non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza e
disse loro: <So che il Signore vi ha assegnato il paese, che il terrore da
voi gettato si è abbattuto su di noi e che tutti gli abitanti della regione
sono sopraffatti dallo spavento davanti a voi, perché abbiamo sentito come il
Signore ha prosciugato le acque del Mar Rosso davanti a voi, alla vostra uscita
dall’Egitto e come avete trattato i due re morrei, che erano oltre il Giordano,
Sicon ed Og, da voi votati allo sterminio. Lo si è saputo e il nostro cuore è
venuto meno e nessuno ardisce fiatare dinanzi a voi, perché il Signore vostro Dio
è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che,
come io ho usato benevolenza, anche voi userete benevolenza alla casa di mio
padre; datemi dunque un segno certo che lascerete vivi mio padre, mia madre, i
miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le
nostre vite dalla morte>. Gli uomini dissero: <A morte le nostre vite al
posto vostro, purché non riveliate questo nostro affare; quando poi il Signore
ci darà il paese, ti tratteremo con benevolenza e lealtà>.
Allora essa li fece
scendere con una corda dalla finestra, perché la sua casa era addossata al muro
di cinta; infatti sulle mura aveva l’abitazione".
Gerico era la prima città da espugnare dopo il passaggio
del Giordano. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce una città
antichissima, con varie stratificazioni; basti pensare che si stima che le mura
di Gerico nell’età del bronzo vennero distrutte da terremoti o dall’erosione un
17 volte. La città attorno al 1550 a.C conobbe poi la disfatta degli Hyksos,
che avevano dato alla città, nel 1600, una nuova cerchia di mura. Dopo
cinquanta anni, nel 1400, la città tornò ad essere ricostruita ed abitata. Nel
1325 venne di nuovo distrutta e abbandonata. Poi gli scavi fanno silenzio; però
dire che al tempo dell’invasione della terra promessa - 1200 a.C - la città non
era abitata, e che quindi la conquista non ci fu, è un’uscita che si scontra
frontalmente contro l’indubitabile lavorio del caldo e del freddo, del vento e
del dilavamento dell’acqua, che si esercitarono per ben tre secoli e mezzo,
prima che Gerico conoscesse una riedificazione (1Re 16,34). Le mura che Giosuè
incontrò dovevano essere il risultato di riadattamenti di quelle precedenti
distrutte, magari con variazioni di tracciato. Mura rabberciate e invase da
case come ci segnala quella di Raab, sicuramente edificata sfruttando un tratto
delle antiche mura.
16-24
“Disse
loro: <Andate verso la montagna, perché non si imbattano in voi i vostri
inseguitori e là rimarrete nascosti tre giorni fino al loro ritorno; poi
andrete per la vostra strada>. Le risposero allora gli uomini: <Saremo
sciolti da questo giuramento, che ci hai fatto fare, a queste condizioni:
quando noi entreremo nel paese, legherai questa cordicella di filo scarlatto
alla finestra, per la quale ci hai fatto scendere e radunerai presso di te in
casa tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre.
Chiunque allora uscirà dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sulla sua
testa e noi non ne avremo colpa; chiunque invece sarà con te in casa, il suo
sangue ricada sulla nostra testa, se gli si metterà addosso una mano. Ma se tu
rivelerai questo nostro affare, noi saremo liberi da ciò che ci hai fatto giurare>.
Essa allora rispose: <Sia così secondo le vostre parole>. Poi li congedò
e quelli se ne andarono. Essa legò la cordicella scarlatta alla finestra.
Se ne andarono dunque e
giunsero alla montagna dove rimasero tre giorni, finché non furono tornati gli
inseguitori. Gli inseguitori li avevano cercati in ogni direzione senza
trovarli. I due uomini allora tornarono sui loro passi, scesero dalla montagna,
passarono il Giordano e vennero da Giosuè, figlio di Nun, e gli raccontarono
quanto era loro accaduto. Dissero a Giosuè: <Dio ha messo nelle nostre mani
tutto il paese e tutti gli abitanti del paese sono già disfatti dinanzi a
noi>".
Legata alla finestra, la
funicella scarlatta rimandava al sangue dell’agnello pasquale con il quale
vennero segnate le porte di Israele. Quando passerà l’azione sterminatrice
degli armati d’Israele quella casa ne sarà preservata. La fonte principale
sulla situazione degli abitanti di Gerico è proprio Raab.
Il passaggio del Giordano
3
1-6
“Giosuè
si mise all’opera di buon mattino; partirono da Sittim e giunsero al Giordano,
lui e tutti gli Israeliti. Lì si accamparono prima di attraversare. Trascorsi
tre giorni, gli scribi passarono in mezzo all’accampamento e diedero al popolo
questo ordine: <Quando vedrete l’arca dell’alleanza del Signore Dio vostro e
i sacerdoti leviti che la portano, voi vi muoverete dal vostro posto e la
seguirete; ma tra voi ed essa vi sarà la distanza di circa duemila cubiti: non
avvicinatevi. Così potrete conoscere la strada dove andare, perché prima d’oggi
non siete passati per questa strada>. Poi Giosuè disse al popolo:
<Santificatevi, poiché domani il Signore compirà meraviglie in mezzo a
voi>. Giosuè disse ai sacerdoti: <Portate l’arca dell’alleanza e passate
davanti al popolo>. Essi portarono l’arca dell’alleanza e camminarono
davanti al popolo".
Tra il ritorno delle due
spie e la partenza da Sittim non dovette passare molto tempo; quello necessario
per portarsi all’accampamento poco distante dal Giordano,
punto base per l’attraversamento. Il popolo complessivamente non doveva
superare le15.000 unità in tutto. Il testo (4,13) presenta 40.000 armati, ma è
un’evidente esagerazione celebrativa postuma. In Esodo 23,30 si legge: “A
poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da
occupare il paese”.
7-17 “Disse
allora il Signore a Giosuè: <Oggi stesso comincerò a glorificarti agli occhi
di tutto Israele, perché sappiano che come sono stato con Mosè, così sarò con
te. Tu ordinerai ai sacerdoti che portano l’arca dell’alleanza: Quando sarete
giunti alla riva delle acque del Giordano, voi vi fermerete>. Disse allora
Giosuè agli Israeliti: <Avvicinatevi e ascoltate gli ordini del Signore Dio
vostro”. Continuò Giosuè: <Da ciò saprete che il Dio vivente è in mezzo a voi
e che, certo, scaccerà dinanzi a voi il Cananeo, l’Hittita, l’Eveo, il
Perizzita, il Gergeseo, l’Amorreo e il Gebuseo. Ecco l’arca dell’alleanza del
Signore di tutta la terra passa dinanzi a voi nel Giordano. Ora sceglietevi
dodici uomini dalle tribù di Israele, un uomo per ogni tribù. Quando le piante
dei piedi dei sacerdoti che portano l’arca di Dio, Signore di tutta la terra,
si poseranno sulle acque del Giordano, le acque del Giordano si divideranno; le
acque che scendono dalla parte superiore si fermeranno come un solo argine>.
Quando il popolo si mosse
dalle sue tende per attraversare il Giordano, i sacerdoti che portavano l’arca
dell’alleanza camminavano davanti al popolo. Appena i portatori dell’arca
furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si
immersero al limite delle acque - il Giordano infatti durante tutti i giorni
della mietitura è gonfio fin sopra tutte le sponde – si fermarono le acque che
fluivano dall’alto e stettero come un solo argine a grande distanza, in Adama,
la città presso Tartan, mentre quelle che scorrevano verso il mare dell’Araba,
il Mar Morto, se ne staccarono completamente e il popolo passò davanti a
Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca dell’alleanza del Signore si fermarono
immobili all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele passava
all’asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il
Giordano".
4
18
“Non
appena i sacerdoti, che portavano l’arca dell’alleanza del Signore, furono saliti
da Giordano, mentre le piante dei piedi dei sacerdoti raggiungevano l’asciutto,
le acque del Giordano tornarono al loro posto e rifluirono come prima su tutta
l’ampiezza delle loro sponde”.
5
1
“Quando tutti i re degli Amorrei, che sono oltre il Giordano ad
occidente, e tutti i re Cananei, che erano presso il mare, seppero che il
Signore aveva prosciugato le acque del Giordano davanti agli Israeliti, finché
furono passati, si sentirono venir meno il cuore e non ebbero più fiato davanti
agli Israeliti”.
Trovarono il fiume in
piena per lo scioglimento delle nevi dell’Hermon, in marzo-aprile.
Indubbiamente sembrò che Giosuè non avesse calcolato bene i tempi. In tempo di
magra il corso d’acqua si riduceva a una larghezza di una decina di
metri presso Gerico, e come dice il testo non mancavano punti di guado. Il
Giordano, avendo uno sbalzo di 182 m dal Mare di Galilea al Mar Morto, su di un
tratto di 100 km in linea d’aria (1,80m. per km), rimane sempre con una
certa corrente, anche nei punti più pianeggianti. In primavera, il fiume,
ingrossato dalle piogge invernali e dallo scioglimento delle nevi, straripa
inondando la vasta pianura alluvionale. Il fiume allora è veramente impetuoso e
impossibile da guadarsi. La forza dell’acqua è tanto forte che quando il fiume
rientra le anse che lo caratterizzano hanno mutato sovente la loro posizione. Giosuè ricevette da Dio
l’ordine di passare e predispose quella che potremmo definire la liturgia del
passaggio. La distanza che il popolo doveva avere dall’arca era di 2000 cubiti, cioè 900 metri. I sacerdoti con l’arca sulle spalle si
inoltrarono per alcuni passi nelle acque di straripamento. Poi le acque a monte
cessarono di sopraggiungere. Cosa era accaduto? Il Salmo 113 (114) dice. “Il Giordano si volse
indietro (…) e tu, Giordano, perché torni indietro?”. Sono espressioni
poetiche che presentano il Giordano che ritira a monte il suo flusso d’acqua.
Il nostro testo parla che si formò a monte una massa d’acqua ferma, e ne dà un
punto di riferimento in Adama, città vicina a Zartan. L’identificazione di
Adama con ed-Damijeh - si trova a 25 km a nord dal punto del passaggio di
Israele - è comunemente accettata in sede di ipotesi, ma della città di Zartan non se ne ha
indizio archeologico. Adama non doveva imporsi come località molto nota se la
sua individuazione è presentata in relazione a Zartan. L’interruzione del
fluire dell’acqua ebbe come causa una frana a seguito di un terremoto a livello
di ed-Damijeh? E’ ovviamente possibile, ed è il suggerimento di diversi, che ricordano
che a livello di ed-Damijeh si ebbero nel corso della storia alcune frane con
interruzione del corso d’acqua (non in piena) di diverse ore. La ragione
dell’interruzione per una frana va pensata, in questo caso, in un terremoto
specifico causato da Dio poco prima del passaggio di Israele; la narrazione
biblica, infatti, mostra come il popolo si mosse nell’ambito di una liturgia
del passaggio dove i tempi erano senza margini. La notizia, giunta successivamente e a frana
scomparsa, venne accolta.
Detto ciò
rimane sempre la possibilità di dare pieno spessore alle parole del salmo 113 (114)
v.5: “E
tu Giordano, perché torni indietro”.
Infatti si può pensare ad un miracolo grandioso con l'acqua del Giordano,
che, tornando indietro per un tratto poté formare una muraglia molto
alta, per un invaso che giunse fino in Adama, località, ripeto,
sconosciuta; tutto ciò per il tempo
necessario al passaggio. Dopo di che l’acqua, ancora per miracolo, refluì
lentamente fino al ristabilimento del flusso precedente. Questa lettura del
prodigio ha il vantaggio di dare ad Israele la percezione immediata del miracolo
e di portare i tempi dello svuotamento del Giordano allo stretto tempo
necessario per il passaggio. Comunque va
ricordato che la Bibbia presenta l’immediata separazione
dell’acqua del Giordano sotto il colpo del mantello di Elia (2Re 2,8).
La
conquista di Gerico
6
1-5
“Ora Gerico era saldamente
sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava. Disse il
Signore a Giosuè: <Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi prodi
guerrieri, tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il
circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. Sette sacerdoti
porteranno sette trombe di corno d’ariete davanti all’arca; il settimo giorno
poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le
trombe. Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono
della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora
le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a
sé>".
La
città di Gerico aveva, secondo l’impianto delle mura costruite dagli Hyksos in
mattoni di argilla cotta al sole, una pianta rettangolare a lati ovoidali
stimabile in 300 m. di lunghezza e 200 m. di larghezza. Poteva contenere un1500
abitanti. La città, per la sua posizione strategica, era un ostacolo non
raggirabile per poter dilagare con sicurezza nella terra promessa. La presa di
Gerico è narrata da una fonte sacerdotale la quale ebbe cura di riferire
la liturgia di conquista. E’ Dio che ordina a Giosuè la liturgia di
conquista. Nessuna difficoltà in questo poiché la guerra di Israele era in nome
di Dio, e del resto allora presso tutti i popoli le guerre erano o diventavano
di religione. I sette giri attorno a Gerico hanno, oltre il significato di una
liturgia di conquista e quello di una guerra dei nervi, quello di un invito
alla resa di fronte a Dio, e quindi l’abbandono degli idoli; c’è sempre nella
conquista della terra promessa questa economia di attesa della conversione (Sap
12,8-11; Cf. Es 23,28). Il particolare dei calabroni (pungenti), mandati
contro Gerico nell’ambito dell’economia dell’attesa del pentimento, viene
presentato al cap. 24, v.11. Ma la città apparve a Giosuè chiusa in difensiva.
E’ una lotta tra Dio e gli idoli di Gerico, ai quali si facevano anche
sacrifici umani. La lettura tradizionale del testo pensò sempre ad un crollo
miracoloso delle mura di Gerico, e poiché il caso è unico nell’opera della
conquista si pensò che Gerico fosse una città imprendibile. Oggi si sa che non
era affatto imprendibile e così si pensa che la “lettera” del crollo
miracoloso delle mura sia in realtà una metafora (Cf.1Sam 25,16) del crollo
repentino della compattezza degli armati di Gerico, di fronte all’attacco alle mura
dei prodi di Israele. La “lettera” del crollo delle mura rientra così
nei toni liturgici del documento sacerdotale, incline ad attutire il realismo
bellico. Il racconto di Raab, di altra fonte, non dà spazio per pensare al
crollo delle mura; infatti la casa costruita sfruttando le mura di Gerico non
crollò.
6-25 “Giosuè, figlio di Nun, convocò i sacerdoti e
disse loro: <Portate l’arca dell’alleanza; sette sacerdoti portino sette
trombe di corno d’ariete davanti all’arca del Signore>. Disse al popolo:
<Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi
davanti all’arca del Signore>. Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette
sacerdoti, che portavano le sette trombe d’ariete davanti al Signore, si
mossero e suonarono le trombe, mentre l’arca dell’alleanza del Signore li
seguiva; l’avanguardia precedeva i sacerdoti che suonavano le trombe e la
retroguardia seguiva l’arca; si procedeva a suon di tromba. Al popolo Giosuè
aveva ordinato: <Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una
parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra,
allora griderete>. L’arca del Signore girò intorno alla città facendo il
circuito una volta, poi tornarono nell’accampamento e passarono la notte
nell’accampamento. Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono
l’arca del Signore; i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete
davanti all’arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l’avanguardia li
precedeva e la retroguardia seguiva l’arca del Signore; si marciava a suon di
tromba. Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono
poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. Al settimo giorno essi si
alzarono al sorgere dell’aurora e girarono intorno alla città in questo modo
per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno
alla città. Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè
disse al popolo: <Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in
vostro potere la città. La città con quanto vi è in essa sarà votata allo
sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con
lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati. Solo
guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché, mentre eseguite la
distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e
rendiate così votato allo sterminio l’accampamento di Israele e gli portiate
disgrazia. Tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa
sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore>. Allora il
popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì
il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della
città crollarono, il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto
davanti a sé, e occuparono la città. Votarono poi allo sterminio, passando a
fil di spada, ogni essere che era nella città, dall’uomo alla donna, dal
giovane al vecchio, e perfino il bue, l’ariete e l’asino.Ai due uomini che
avevano esplorato il paese, Giosuè disse: <Entrate nella casa della
prostituta, conducete fuori lei e quanto le appartiene, come le avete
giurato>. Entrarono i giovani esploratori e condussero fuori Raab, suo
padre, sua madre, i suoi fratelli e tutto quanto le apparteneva; fecero uscire
tutta la sua famiglia e li stabilirono fuori dell’accampamento di Israele.
Incendiarono poi la città e quanto vi era, soltanto l’argento, l’oro e gli
oggetti di rame e di ferro deposero nel tesoro del Signore. Giosuè però lasciò
in vita Raab, la prostituta, la casa di suo padre e quanto le apparteneva, ed
essa abita in mezzo ad Israele fino ad oggi, perché aveva nascosto gli
esploratori che Giosuè aveva inviato a Gerico”.
L’avanguardia
è costituita dai prodi di Israele. La retroguardia è formata dagli armati
comuni: il popolo. Dopo il suono delle trombe e il grido di guerra le mura
vengono attaccate dall’avanguardia; poi parte la retroguardia (il popolo), che
entra dalle porte aperte dall’avanguardia, per l’occupazione della città e
l’azione sterminatrice. L’annotazione che il casato di Raab era ancora presente
in mezzo ad Israele è un attestato di verificabilità dell’evento di Gerico. La città
conquistata diventa proprietà del Signore. L’oro, l’argento, il ferro, devono
essere messi nel tesoro del Signore. Ogni abitante deve essere ucciso, così
pure gli animali. Ma si avrà pure che Dio concede il bottino, animali compresi,
al popolo (8,2); il bottino andava purificato (Cf. Nm 31,22). Rigorosa sarà
sempre l’uccisione di ogni abitante; ciò non corrisponde ad un concetto di
pulizia etnica, ma al timore di venirne contaminati, e ad un compito di
giustizia sterminatrice dei colpevoli d’idolatria, che non si arrendono di
fronte al Signore che si manifesta nella potenza del suo popolo. Potevano
essere risparmiate le fanciulle che non avevano conosciuto uomo (Cf. Nm 31,18).
Tale regola sterminatrice è relativa solo alla conquista della terra promessa.
Casi di città che si convertono e quindi sfuggono alla distruzione il testo non
ne presenta. Ma casi di gruppi di convertiti che si consegnano ad Israele non
dovettero mancare, visto che l’economia della guerra santa era rivolta anche a
suscitare questo; necessaria era la circoncisione dei maschi (Cf. Gn 17,12;
34,14ss; Es 12,44). Nel libro dei Giudici (1,24-25) si parla di un caso di
collaborazione simile a quelle di Raab.
La
sconfitta di Ai
7
2-13 “Giosuè inviò uomini di Gerico ad Ai, che è presso
Bet-Aven,
ad oriente di Betel. Disse loro: <Andate a esplorare la regione>. Gli
uomini andarono a esplorare Ai. Poi ritornarono da Giosuè e gli dissero:
<Non vada tutto il popolo; vadano all’assalto due o tremila uomini per
espugnare Ai; non impegnateci tutto il popolo, perché sono pochi>. Vi
andarono allora del popolo circa tremila uomini, ma si diedero alla fuga
dinanzi agli uomini di Ai. Gli uomini di Ai ne uccisero circa trentasei, li
inseguirono davanti alla porta fino a Sebarim e li colpirono nella discesa.
Allora al popolo venne meno il cuore e si sciolse come acqua. Giosuè si
stracciò le vesti, si prostrò con la faccia a terra davanti all’arca del
Signore fino alla sera e con lui gli anziani di Israele e sparsero polvere sul
loro capo. Giosuè esclamò: <Signore Dio, perché hai fatto passare il Giordano
a questo popolo, per metterci poi nelle mani dell’Amorreo e distruggerci? Se
avessimo deciso di stabilirci oltre il Giordano! Perdonami, Signore: che posso
dire dopo che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici? Lo sapranno i
Cananei e tutti gli abitanti della regione, ci accerchieranno e cancelleranno
il nostro nome dal paese. E che farai tu per il tuo grande nome?>. Rispose
il Signore a Giosuè: <Alzati, perché stai prostrato sulla faccia? Israele ha
peccato. Essi hanno trasgredito l’alleanza che avevo loro prescritto e hanno
preso ciò che era votato allo sterminio: hanno rubato, hanno dissimulato e
messo nei loro sacchi! Gli Israeliti non potranno resistere ai loro nemici,
volteranno le spalle ai loro nemici, perché sono incorsi nello sterminio. Non
sarò più con voi, se non eliminerete da voi chi è incorso nello sterminio.
Orsù, santifica il popolo>”.
Gli scavi hanno fatto
vedere che Ai al tempo di Giosuè era poca cosa; gli armati non potevano essere
molti. Gli armati di Israele per la spedizione non dovevano essere che alcune
centinaia; al solito le cifre sono gonfiate. Una sortita repentina degli armati
di Ai, per evitare di essere messi sotto assedio, mise lo scompiglio tra gli
armati di Israele, che si persero d’animo. Mancò loro il tono, l’audacia, un disegno per contrattaccare
e così ripiegarono inseguiti in discesa, in una condizione di debolezza perché
l’inseguitore può colpire alle spalle e l’inseguito deve voltarsi e deve
combattere con uno che è in alto rispetto a lui. La ragione della fuga fu che
Dio aveva ritirato il suo aiuto a causa di un’infedeltà durante il saccheggio
di Gerico. Per gli armati di Ai fu il trionfo dei loro dei. L’arca fu
sicuramente portata in campo, da qui lo sgomento del popolo il cui cuore “Venne
meno e si sciolse come acqua”. Ma
la causa fu che era stato trasgredito il comando del Signore. Chi fece questo
venne individuato mediante un sorteggio sacro a partire dalle tribù, scendendo
poi ai gruppi famigliari, quindi alle “case”, e infine agli individui. Il
sorteggiato ammise la sua colpa (7,20ss). Poi lui e tutta la sua famiglia venne
messa a morte. Come si vede la colpa di un singolo (i famigliari vennero
ritenuti corresponsabili) bastò per ritirare il favore di Dio a tutto il
popolo, che subì sul campo delle gravi perdite. E’ un’economia
veterotestamentaria che mira a mantenere la compattezza morale nel popolo.
Ognuno risulta impegnato ad una retta condotta e vigilante dei costumi
dell’altro, poiché il peccato di uno torna a sventura di tutti, i quali tutti
possono dare la morte al colpevole. E’ una compattezza morale imperfetta perché
basata sul “timore servile”, cioè sulla paura della pena.
La presa di Ai
8
1-22
“Il Signore disse a
Giosuè: <Non temere e non abbatterti. Prendi con te tutti i guerrieri. Su,
và contro Ai. Vedi, io ti metto in mano il re di Ai, il suo popolo, la sua
città e il suo territorio. Farai ad Ai e al suo re come hai fatto a Gerico e al
suo re; tuttavia prenderete per voi il suo bottino e il suo bestiame. Tendi un
agguato contro Ai, dietro ad essa>. Giosuè dunque e tutti quelli del popolo
atti alla guerra si accinsero ad assalire Ai; Giosuè scelse trentamila uomini,
guerrieri valenti, li inviò di notte e comandò loro: <State attenti: voi
tenderete un agguato contro la città, dietro ad essa. Non allontanatevi troppo
dalla città e state tutti pronti. Io, con tutta la gente, mi avvicinerò alla
città. Ora, quando essi usciranno contro di noi come l’altra volta, noi
fuggiremo davanti a loro. Essi usciranno ad inseguirci finché noi li avremo tirati
lontani dalla città, perché diranno: Fuggono davanti a noi come l’altra volta!
Mentre noi fuggiremo davanti a loro, voi balzerete dall’agguato e occuperete la
città e il Signore vostro Dio la metterà in vostro potere. Come l’avrete in
potere, appiccherete il fuoco alla città: farete secondo il comando del
Signore. Fate attenzione! Questo è il mio comando>. Giosuè allora li inviò
ed essi andarono al luogo dell’agguato e si posero fra Betel e Ai, ad occidente
di Ai; Giosuè passò quella notte in mezzo al popolo. Si alzò di buon mattino,
passò in rassegna il popolo e andò con gli anziani di Israele alla testa del
popolo verso Ai. Tutti quelli del popolo atti alla guerra, che erano con lui,
salendo avanzarono e arrivarono di fronte alla città e si accamparono a nord di
Ai. Tra Giosuè e Ai c’era di mezzo la valle. Prese circa cinquemila uomini e li
pose in agguato tra Betel e Ai, ad occidente della città. Il popolo pose
l’accampamento a nord di Ai mentre l’agguato era ad occidente della città;
Giosuè andò quella notte in mezzo alla valle. Non appena il re di Ai si accorse
di ciò, gli uomini della città si alzarono in fretta e uscirono per il
combattimento incontro ad Israele, il re con tutto il popolo, verso il pendio
di fronte all’Araba. Egli non s’accorse che era teso un agguato contro di lui
dietro la città. Giosuè e tutto Israele si diedero per vinti dinanzi a loro e
fuggirono per la via del deserto. Tutta la gente che era dentro la città corse
ad inseguirli; inseguirono Giosuè e furono attirati lontano dalla città. Non ci
rimase ad Ai nessuno che non inseguisse Israele e così lasciarono aperta la
città per inseguire Israele. Disse allora il Signore a Giosuè: <Tendi verso
la città il giavellotto che tieni in mano, perché io te la metto nelle
mani>. Giosuè tese il giavellotto, che teneva in mano, verso la città. Come
ebbe stesa la mano, quelli che erano in agguato balzarono subito dal loro
nascondiglio, entrarono di corsa nella città, la occuparono e s’affrettarono ad
appiccarvi il fuoco. Gli uomini di Ai si voltarono indietro ed ecco videro che
il fumo della città si alzava verso il cielo. Allora non ci fu più possibilità
per loro di fuggire in alcuna direzione, mentre il popolo che fuggiva verso il
deserto si rivolgeva contro quelli che lo inseguivano. Infatti Giosuè e tutto
Israele s’erano accorti che il gruppo in agguato aveva occupata la città e che
il fumo della città si era levato; si voltarono dunque indietro e colpirono gli
uomini di Ai. Anche gli altri uscirono dalla città contro di loro, e così i
combattenti di Ai si trovarono in mezzo agli Israeliti, avendoli da una parte e
dall’altra. Li colpirono finché non rimase nessun superstite o fuggiasco”.
Come
si vede la strategia di Israele è composta di un agguato e di un inganno per
portare gli armati di Ai lontano dalla città, per poi incendiarla con comodo e
quindi con manovra successiva accerchiare gli armati. L’arca anche questa volta
non compare nella narrazione, ma sicuramente era presente.
La grande
vittoria di Gàbaon
10
6-14
“Allora
gli uomini di Gàbaon mandarono a dire a Giosuè, all’accampamento di Gàlgala:
<Non privare del tuo aiuto i tuoi servi. Vieni presto da noi; salvaci e
aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrei, che
abitano sulle montagne>. Giosuè partì da Gàlgala con tutta la gente di
guerra e tutti i prodi guerrieri. Allora il Signore disse a Giosuè: <Non
aver paura di loro, perché li metto in tuo potere; nessuno di loro resisterà
davanti a te>. Giosuè piombò su di loro d’improvviso: tutta la notte aveva marciato,
partendo da Gàlgala. Il Signore mise lo scompiglio in mezzo a loro dinanzi ad
Israele, che inflisse loro in Gàbaon una grande disfatta, li inseguì verso la
salita di Bet-Coron e li batté fino ad Azeka e fino a Makkeda. Mentre essi
fuggivano dinanzi ad Israele ed erano nella discesa di Bet-Coron, il Signore
lanciò dal cielo su di essi come grosse pietre fino ad Azeka e molti morirono.
Coloro che morirono per le pietre della grandine furono più di quanti ne
uccidessero gli Israeliti con la spada. Allora, quando il Signore mise gli
Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di
<Sole, fermati in Gàbaon e tu, luna, sulla valle di Aialon>. Si fermò il
sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel
libro del Giusto. <Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò
a calare quasi un giorno intero. Non ci fu giorno come quello, né prima né
dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d’un uomo, perché il Signore combatteva
per Israele>?”.
Da
Gàlgala a Gàbaon ci sono trenta km; per percorrerli gli Israeliti avranno
impiegato circa sei ore. Giosuè marciò anche di notte per piombare
sull’accampamento avversario di sorpresa. Attaccò l’esercito Amorreo nel sonno
sulle tre del mattino. Gli armati colti di sorpresa non riuscirono ad
organizzare una difesa e quindici diedero alla fuga per riparare nelle loro
città. I guerrieri di Israele - dei veri atleti della guerra - li inseguirono.
Ma durante la discesa di Bet-Coron (la strada ordinaria delle invasioni in
terra Amorrea) gli Amorrei, più freschi di forze, avevano l’opportunità di
distanziarsi dagli inseguitori. A questo punto accadde qualcosa di eccezionale:
una tempesta con nuvolaglia nera e chicchi di grandine enormi (si sono visti
anche chicchi di 10 cm di diametro, ma qua dovettero essere molto superiori di
diametro) si abbatté sui fuggiaschi. Come Israele si affidava per la vittoria a
Dio, gli Amorrei si affidavano ai loro dei, in particolare a Baal, il dio della
pioggia, della tempesta; e dunque ecco che Baal non dà vittoria e neppure è il
signore della tempesta, è semplicemente un non esistente. I guerrieri di
Israele non si avventurano dentro il cuore della tempesta che stava decimando
gli Amorrei e costringendoli a cercare riparo nelle grotte della montagna. Fu
un momento difficile perché si temette che gli Amorrei potessero raggiungere le
loro città prima che fosse notte. Avendo camminato di notte, poi avendo la
nuvolaglia nera oscurato l’alba, e per il tempo, che non passava mai,
nell’interruzione dell’inseguimento, non valutarono l’esatta ora (non
avevano l’orologio al polso). Parve loro che fosse passato molto tempo e
che fosse pomeriggio. Da qui un’invocazione di Giosuè di poter continuare
l’inseguimento e la sorpresa, una volta repentinamente dissipata la nuvolaglia,
di vedere il sole in alto, a mezzogiorno. C’era dunque la possibilità di
continuare la battaglia, tanto più che gli Amorrei avevano arrestato la fuga.
Tutto ciò portò alla poetica trasfigurazione celebrante la figura di Giosuè che
il testo riporta. L’autore è ben consapevole dell’enfasi celebrativa dei
versetti e si appoggia per questo con quanto diceva il Libro del Giusto (raccolta
poetica - citata pure in 2 Sam 1,18 - andata perduta). Il testo tratto dal
Libro del Giusto usa poi termini facilmente raccordabili con il facile sorgere
dell’impressione - in quelle circostanze - che il sole non fosse sceso verso il
tramonto, ma che avesse, appunto, ritardato il suo tramontare. Aialon è
il nome di una città e di una valle degli Amorrei.
|