NELLA LUCE DI MARIA

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  Padre Paolo Berti O.F.M. Capp.  

NIHIL OBSTAT
p. Alessandro Piscaglia
Ministro Provinciale
O.F.M. Capp.
Bologna, 9 Febbraio 1978  

IMPRIMI POTEST
+Ersilio Tonini
Arcivescovo
Ravenna, 23 Febbraio 1978
     
     
   
     
INDICE
1 Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino…  
2 L’angelo Gabriele fu mandato da Dio…  
3 L’anima mia magnifica il Signore…  
4 Non temere di prendere con te Maria…  
5 Diede alla luce il suo Figlio primogenito…  
6 E anche a te una spada trafiggerà l’anima…  
7 Prendi con te il bambino e sua Madre e fuggi in Egitto…  
8 Devo occuparmi delle cose del Padre mio…  
9 Fate quello che vi dirà…  
10 Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio…  
11 Donna ecco il tuo Figlio…  
12 Perseveranti nell’orazione con le donne e con Maria…  
13 Io gioisco pienamente nel Signore…  
14 Una donna vestita di sole…  
15 Questo è il mio corpo…  
16 Modello delle virtù…  
17 Lo Spirito Santo scenderà su di te…"  
18 Introduce Cristo nel mondo…  
  Preghiere e devozioni mariane  
  Il messaggio della Madonna di Fatima  

1 (Gn 2, 16-17): “Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: ‹Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti›”.  

 

Tutte le cose che noi non accettiamo se non a fatica non esistevano all’inizio; esse si sono introdotte nella nostra esistenza quando Adamo ed Eva si lasciarono trascinare dalla pretesa di essere come Dio: non amate dall’uomo, si rivelano tuttavia benèfici correttivi delle infezioni del peccato. L’intenzione edonistica di una generazione sganciata dai diritti di Dio è frenata dai dolori della maternità; la tronfia dominazione dell’uomo sulle cose create è abbassata dalla fatica e dalla preoccupazione; la pretesa di una immortalità senza Dio è fiaccata dalla morte. Le dimensioni del castigo circoscrivono dunque le tare infettive che quel primo peccato  ha promosso e che calamitano, permanentemente, l’intelligenza e la volontà verso una assolutizzazione degli impulsi sensitivi, con la conseguenza che l’intenzione procreante dell’uomo non riceve più con limpidezza l’intenzione creante di Dio.

 

La Chiesa ci dice infatti che il peccato originale si trasmette per generazione, in quanto l’atto procreante, che non è affatto peccaminoso, e rimane un gran dono, non è più integrato al primitivo livello.

 

Adamo ed Eva sono così i progenitori di una figliolanza illegittima sul piano soprannaturale, che solo in Cristo accede alla paternità  Dio. (Gv 1,12): “A quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”.

 

(Bolla “Ineffabilis Deus”): “Dio ineffabile, la cui condotta è tutta bontà e fedeltà, la cui volontà è onnipotente e la cui sapienza si estende con potenza da un’estremità all’altra del mondo e tutto governa con bontà, avendo previsto da tutto l’eternità la luttuosissima rovina dell’intero genere umano, che sarebbe derivata dal peccato di Adamo, decretò, con disegno nascosto ai secoli, di compiere l’opera primitiva della sua bontà, mediante l’Incarnazione del Verbo, perché l’uomo spinto, contro il proposito della divina misericordia, al peccato dall’astuzia e dalla malizia del demonio, non doveva più perire; anzi la caduta nella natura del primo Adamo doveva essere riparata con miglior fortuna nel secondo. Dio quindi, fin da principio e prima di tutti i secoli, scelse e preordinò al suo Figliolo una Madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe nato”.


2 (Lc 1, 26-27): “Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria”.  

 

L‘evangelista Luca ci presenta Maria nel quadro umile e raccolto di Nazaret, un agglomerato di casupole del tutto lontano dalle discussioni farisaiche e sadducee dei riservati circoli religiosi di Gerusalemme: un paesetto dimenticato, sul quale gravava per di più questo motteggio: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,47).

Gabriele l’angelo degli annunzi messianici, che secoli prima aveva indicato a Daniele il tempo della nascita del Messia (Dn 9,20-27) e che, poco prima, aveva dato un lieto annunzio a Zaccaria, trova a Nazaret quella ‘donna’ che da secoli era stata annunziata, anzi fin dalla cacciata dal Paradiso Terrestre. Quella “donna” ha nome Maria per gli uomini, ma per l’Onnipotente si chiama “piena di grazia”, “immacolata”.

(Bolla “Ineffabilis Deus”): “Con questo singolare e solenne saluto, non mai prima di allora udito, viene designato essere stata la Madre di Dio sede di tutte le grazie divine, adorna di tutti i doni dello Spirito Santo, anzi di essi tesoro quasi infinito e abisso inesauribile”.

 

Maria è fidanzata ad “un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe”.

 

In Israele, il celibato non era visto come un mezzo specifico per servire il regno di Dio,anche se nella setta giudaica degli esseni vi erano esempi di vita non coniugale. In particolare, poi, sulla donna che non contraeva nozze, gravava una opinione pesante e offensiva. L’esser nubile era per la donna motivo di pianto (Cf. Gdc 11,34-40). Maria non ha voluto andar oltre questa riprovazione, tuttavia l’espressione “non conosco uomo”, che è del tipo di “non bevo”, “non fumo”…, segnala che Maria si è presentata alla dimensione sponsale con una precisa volontà di verginità. In questo non sosteneva un discorso egoistico, giungendo, per un conflitto di intenzioni, ad una gelida chiusura con lo sposo, poiché anche Giuseppe era uomo impegnato nella verginità, come si può giustamente sostenere.

 

Dunque non era una scelta riprovata socialmente, non un egoistico gelo verso il consorte, ma solo l’accettazione della dura opinione che gravava come una colpa sulla donna priva di figli (Cf. 1Sam 1,6; Lc 1,25).

 

La forza vivace con cui chiede all’angelo lo scioglimento di un disagio: “Come è possibile? Non conosco uomo” indica che Maria è radicata nella verginità non con un semplice proposito, che non avrebbe avuto alcuna ragione di porre chiarimenti, ma con un voto.

 

Ella è così la prima vergine consacrata al Dio unico e trascendente.

 

L’Eva antica si era aggirata nel Paradiso Terrestre facile ad ascoltare; la nuova Eva si presenta sulla scena di un mondo peccatore vigilante e separata da ogni alito di fornicazione.

 

La “pienezza dei tempi” (Gal 4,45) si realizza per la sua presenza.

 

La scelta del luogo, della stirpe, delle condizioni culturali nelle quali è nato il Verbo è legata a lei. E’ stato certamente Israele a dare i natali a lei, ma Israele è stato costituito per arrivare a lei.

 

Le linee somatiche dell’uomo, che, uscite stupende dalle mani del Creatore, si erano avvilite lungo millenni di peccati e di culture aberrate, ora, in Maria, si presentano nel loro originario pensiero divino in attesa di dare fattezze a Colui che la Scrittura chiama: “Il più bello tra i figli dell’uomo” (Ps 44,3).

 

Tutto confluisce in lei, attendendo il suo obbediente e adorante sì.

 

Quella nube che, al momento dell’esodo, aveva segnato la presenza di Dio in mezzo al suo popolo (Es 16,10; 19,9), che era scesa nella tenda mosaica (Es 40,34-36) ripresentandosi poi al momento della inaugurazione del tempio eretto da Salomone (I Re 8,10-11), sta per scendere su Maria, vivo tempio di Dio.

 

Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38; Gv 1,14) “Il Verbo si fece carne e pose la sua tenda fra noi”.