Vangelo secondo Giovanni
Vangelo secondo Giovanni, testo e commento
       
(21,15-23)

Gesù c
onferma il primato di Pietro
15 Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. 16 Gli disse di nuovo, per la seconda volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”. Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pascola le mie pecore”. 17 Gli disse per la terza volta: “Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: “Mi vuoi bene?”, e gli disse: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. Gli rispose Gesù: “Pasci le mie pecore. 18 In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. 19 Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: “Seguimi”.
20 Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: “Signore, chi è che ti tradisce?”. 21 Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: “Signore, che cosa sarà di lui?”. 22 Gesù gli rispose: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi”. 23 Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: “Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?”.
 
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: ‹Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?›. Gli rispose: ‹Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene›. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”. Gesù chiama Pietro col suo nome qualificato dal nome di suo padre. In (Mt 16,13) il nome del padre di Pietro è chiamato Giona (ebraico: Colomba). Qua, come in 1,42 si ha Giovanni. Nella vulgata si ha in Gv 1,42: Giona. La vulgata ha però in Gv 21,15: Giovanni. Giona deriva dall’ebraico Yonah; Giovanni deriva dall’ebraico Yehohanan. Non si può parlare di nesso filologico dei due nomi, ma potrebbe essere che Giona sia stato inteso dal compilatore del cap. 21 come una abbreviazione di Giovanni, poi per uniformità i traduttori estesero il nome Giovanni a Gv 21,15, considerando appunto Giona una sincope di Giovanni. La vulgata avrebbe conservato l’originale situazione. Stando ciò il nome originale del padre di Simone - Pietro - è Giona.
Gesù dà a Pietro l’opportunità di riparare la sua triplice negazione.
Mi ami più di costoro?”. Gesù si riferisce alle dichiarazioni emotive, fatte sulla base di una considerazione di sé eccessiva (Mt 26,33; Mc 14,29; Gv 13,37), e vuole che Pietro rimuova quella baldanza dettata dal primato che Gesù gli aveva accordato, per cui voleva essere il primo, dimenticando che chi vuol essere il primo deve essere l’ultimo e il servo di tutti (Mt 18,1; Mc 9,35; Lc 9,48). Pietro ammaestrato dal suo triplice rinnegamento non dice “più di costoro”. Gesù dice “mi ami”, e Pietro risponde più sommessamente: “ti voglio bene”: è umiltà, e perciò amore profondo. Pietro fa umilmente appello alla introspezione divina di Gesù “tu lo sai”. Non vuole più sbagliare Pietro: ama tantissimo il Signore, ma la misura del suo amore la lascia a lui che conosce i cuori fin nel profondo (Cf. Ps 38/139,1).
Gesù ad ogni risposta di Pietro gli rinnova la sua missione di reggere e governare il gregge di Gesù: “Pasci i miei agnelli”. E’ il primato di Pietro che si estende a tutta la Chiesa.
Gli disse di nuovo, per la seconda volta: ‹Simone, figlio di Giovanni, mi ami?›. Gli rispose: ‹Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene›. Gli disse: ‹Pascola le mie pecore›”.
Ancora Pietro al “mi ami” risponde “ti voglio bene”, così come tu sai. Alla risposta di Pietro Gesù gli rinnova il suo primato di servizio: “Pascola le mie pecore”.
Gli disse per la terza volta: ‹Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?›. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: ‹Mi vuoi bene?›, e gli disse: ‹Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene›. Gli rispose Gesù: ‹Pasci le mie pecore›”. Gesù ora usa la parola di Simone figlio di Giovanni: “Mi vuoi bene?”. Pietro è interrogato con lo stessa sua espressione, perciò interpellato in maggiore profondità, e teme che Gesù veda in lui qualcosa che non va ancora. La sua risposta è piena di umiltà e di amore: “Signore, tu conosci tutto, tu sai che ti voglio bene”. Gesù gli rinnova per la terza volta il suo primato.
‹In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi›. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: ‹Seguimi›”. Gesù aggiunge parole sul futuro di Pietro. Gesù non gli nasconde che gli sarà chiesto di dare la vita per lui e per il gregge. La darà non con una spada in mano come un tempo pensava, ma da uomo prigioniero condotto a morte. Tutto si compirà nella vittoria se lo seguirà lungo quella via che lui ha tracciato con il suo sangue: “Seguimi”.
Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: ‹Signore, chi è che ti tradisce?›. Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: ‹Signore, che cosa sarà di lui?›”. Pietro rivela delle note paternalistiche, possessive e anche di curiosità, nel volere sapere cosa accadrà a Giovanni.
Gesù gli rispose: ‹Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi›”. La risposta di Gesù è stroncante, e sottrae Pietro a una gestione sbagliata della sua autorità. La capacità di governo e di autentiche relazioni fraterne si stabiliscono solo se seguirà Gesù: “Tu seguimi”.
Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: ‹Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?›”. I fratelli sapevano bene che chi aveva scritto il Vangelo era Giovanni. Sulla base delle parole di Gesù Pietro si era costruita la leggenda che non sarebbe morto, cioè sarebbe salito al cielo glorioso al ritorno del Signore. La cosa comportava un’attesa del giorno del Signore imminente. Ora l’autore del cap. 21 elimina questa leggenda che l’avanzata età di Giovanni sembrava avvalorare. Nello stesso tempo l’identità di “quel discepolo” esce del tutto allo scoperto.

Dichiarazione di autenticità
24 Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. 25 Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

La conclusione che fa parte del cap.21 è una dichiarazione di autenticità del quarto Vangelo, mentre (20,30) è una conclusione di dichiarazione della finalità del Vangelo. L’apostolo che Gesù amava ha testimoniato la verità di quanto ha detto e scritto. “Noi” - non è un noi maiestatico, ma l’indicazione dei discepoli di Giovanni - sappiamo che la sua testimonianza è verace. L’autore conclude con una iperbole che giustifica l’aggiunta del cap. 21: “Il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”.