Vangelo secondo Giovanni
Vangelo secondo Giovanni, testo e commento
       
(19,8-16)

Gesù davanti a Pilato
8 All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9 Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: “Di dove sei tu?”. Ma Gesù non gli diede risposta. 10 Gli disse allora Pilato: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”. 11 Gli rispose Gesù: “Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande”.
12 Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: “Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare”. 13 Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litostroto, in ebraico Gabbatà. 14 Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: “Ecco il vostro re!”. 15 Ma quelli gridarono: “Via! Via! Crocifiggilo!”. Disse loro Pilato: “Metterò in croce il vostro re?”. Risposero i capi dei sacerdoti: “Non abbiamo altro re che Cesare”. 16 Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
 
All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura”. Pilato era già in stato di paura perché vedeva che gli eventi gli stavano sfuggendo di mano; lo diventa ancora di più trattandosi di una realtà che includeva il divino. Nel suo stato d’animo di scettico tendeva all’ateismo, l’essere era lui. Tuttavia rimaneva in qualche misura ancorato agli dei, per cui per un attimo pensò che poteva trovarsi di fronte ad un semidio, e con ciò ce n’era abbastanza per innescare nella sua mente l’oscura paura dell’ira di una qualche divinità, anche perché la moglie aveva fatto un sogno tormentoso al proposito di Gesù (Mt27,19).
Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: ‹Di dove sei tu?›”. Sapeva che era un Galileo, ma domanda da dove viene, ricordandosi che Gesù gli aveva detto: “per questo sono venuto nel mondo”. Gesù non gli risponde. Inutile rispondere a delle domande che non cercavano la verità. Pilato era uscito dopo aver posto con sufficienza la domanda aggressiva: “Che cos’è la verità?
Gli disse allora Pilato: ‹Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?›. Gli rispose Gesù: ‹Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande›”. Il potere dall’alto gli viene da Dio (Rm 13,1): al di sopra di lui c’è Dio; e Pilato usa male questo suo potere. Gesù rispetta questo potere che risale al Padre, ma è venuto a liberalo dal suo cattivo uso.
Il Sinedrio che l’ha consegnato a lui è più colpevole di lui perché la sua autorità era totalmente in funzione dell’accoglienza di lui.
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà”. Pilato è preso dalla paura; teme un castigo dal cielo, dal Dio di Gesù. Il superbo scettico di prima è ora soltanto un uomo preso dalla paura.
Ma i Giudei gridarono: ‹Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare›”. Qui i Giudei annodano l’accusa civile di farsi re a quella religiosa di farsi Figlio di Dio. Se Gesù si è fatto re e si è fatto Figlio di Dio la sua posizione urta direttamente contro Cesare che per i romani era imperatore e dio. Pilato non poteva sottrarre Gesù dalla competenza religiosa giudaica per avocarla a Roma, perché Gesù figurava un diretto concorrente di Cesare. “Amico di Cesare” era il titolo dei perfetti esecutori dei voleri di Cesare, e loro lo avocano per sé.
Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: ‹Ecco il vostro re!›”. Pilato allora cerca di mettere Gesù sotto la competenza dei Giudei, rilanciando: “Ecco il vostro re!”.
Ma quelli gridarono: ‹Via! Via! Crocifiggilo!›. Disse loro Pilato: ‹Metterò in croce il vostro re?›. Risposero i capi dei sacerdoti: ‹Non abbiamo altro re che Cesare›”. Il Litostroto (lastricato) è l’atrio antistante il Pretorio. Tutto si chiude con una ributtante menzogna: “Non abbiamo altro re che Cesare”. Chiaro che i Giudei non riconoscevano in Cesare né un dio né il loro re, e mentono, ma la menzogna smaccata vuole il cuore per essere detta e perciò i Giudei finiscono nell’assurdo. E’ solo il compiacimento di stare giocando Pilato, e perciò Roma, che impedisce l’atto di adesione intima a Cesare. A Satana però aderiscono come dei lucidi deliranti.
Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso”. Pilato è preso dalla paura che i Giudei lo potessero accusare davanti a Cesare e consegna Gesù alla volontà dei Giudei (Lc 23,25).