Vangelo secondo Giovanni
Vangelo secondo Giovanni, testo e commento
       
(19,28-42)

Il colpo di lancia e la sepoltura
28 Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura (Ps 21/22,16; 41/42,3; 68/69,22; 62/63,2), disse: “Ho sete”. 29 Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30 Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: “È compiuto!”. E, chinato il capo, consegnò lo spirito.
31 Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33 Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35 Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36 Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura (Es 12,46; Ps 33/34,21): Non gli sarà spezzato alcun osso. 37 E un altro passo della Scrittura dice ancora (Zc 12,10): Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.
38 Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39 Vi andò anche Nicodemo - quello che in precedenza era andato da lui di notte - e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. 40 Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41 Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42 Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
 
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: ‹Ho sete›”. La sete era il sintomo della febbre, dell’infezione tetanica e della perdita di sangue. Gesù manifesta la sua sete per avverare la Scrittura. Il passo di riferimento è nei salmi (Ps 21/22,16; 41/42,3; 68/69,22; 62/63,2). Ciò ci dice che quel gemito non segna una diminuzione del riferimento di Gesù al Padre. Nel dolore, pur manifestato, non c’è cedimento. La Vittima, che non cerca di diminuire la sua immolazione.
Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca”. L’aceto, o meglio acqua con aceto se l’intendiamo come bevanda, e si avrebbe il significato di un atto di pietà, un gesto di attenzione verso Gesù. Luca (23,36) e anche Matteo (27,47) mettono il gesto in un quadro di scherno. Certo è che i soldati non intesero quello che intese l’evangelista.
L’aceto venne portato al labbro di Gesù con una spugna e una canna. Il testo greco parla di hyssopo (issopo); con correzione comunemente accettata si legge hysso (un manoscritto riporta così), cioè giavellotto. Hyssopo si riferisce ad un arboscello del tutto inadeguato per fissarvi una spugna e dare l’aceto al condannato. La traduzione canna pare più meditata.
Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: ‹È compiuto!›. E, chinato il capo, consegnò lo spirito”. Giovanni interpreta come un atto di pietà il gesto di porgere la spugna imbevuta di aceto dicendo che Gesù accolse quel gesto.
Gesù dichiara compiuta la missione datagli dal Padre. “Consegnò lo spirito”, cioè la sua anima si separò dal corpo, rimanendo sempre unita alla Persona divina. “Consegnò lo spirito”, rimanda alle parole pronunciate da Gesù riportate da Luca (23,46): “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Sono parole che rimandano direttamente al Ps 30/31,6. Questi riferimenti ai salmi, anche il Ps 21/22,2 (Mt 27,46; Mc 15,34), ci dicono che le parole di Gesù sono rivelazione per noi, ma innanzitutto preghiera al Padre.
Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via”.. “Parasceve” vuol dire preparazione (18,28). Il Deuteronomio (21,22-23) prescriveva che i corpi dei suppliziati appesi ad un albero per vilipendio venissero deposti prima della notte e sepolti. Questa disposizione urgeva massimamente essendo Parasceve che precedeva il sabato, giorno che cominciava al calar del sole del venerdì, e di sabato non si poteva fare lavoro. Per affrettare la morte per asfissia si faceva il crurifragio, cioè con mazze si spezzavano le gambe dei condannati che così non avevano più nessun sostegno. Il crurifragio doveva essere chiesto all’autorità romana.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua”. Un soldato colpì con la lancia il fianco di Gesù. Al momento del crurifragio c’era questo accertamento di morte, che evitò il crurifragio. Non affrettò la morte quel colpo di lancia: Gesù era già morto. Non c’è motivazione del colpo di lancia per evitare il crurifragio, se non un atto di rispetto verso Gesù. Si tenga presente che al momento della sua morte venne detto (Mt 27,54): “Davvero costui era Figlio di Dio”; (Mc 15,39): “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio”; (Lc 23,47): “Veramente quest’uomo era giusto”. Giovanni nota che dal fianco uscì sangue e acqua. La punta della lancia aveva la larghezza di una mano. Il colpo venne diretto al cuore. Lo dice il sangue che è quanto rimaneva nel cuore, lo dice l’acqua che è il liquido del pericardio. Acqua e sangue hanno il significato simbolico che è dal cuore di Cristo che procedono i sacramenti. Il grande squarcio della lancia è stato sempre visto come un invito ad accedere misticamente al Cuore di Gesù.
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”. Lo scrivente si dichiara presente sul Calvario, e perciò testimone oculare. Giovanni nota che questo segno era stato previsto e voluto dal Padre (Es 12,46; Ps 33/34,21; Zc 12,10).
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù”. Giuseppe di Arimatea, che ancora non aveva manifestato la sua fede, ora la manifesta nel chiedere a Pilato il corpo di Gesù, altrimenti sarebbe finito secondo l’usanza romana in una fossa comune, insieme ai due ladroni. I Giudei non permettevano che i parenti seppellissero i giustiziati nelle loro tombe di famiglia. I Romani invece lo concedevano, in caso di richiesta.
Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo - quello che in precedenza era andato da lui di notte - e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe”. Accanto a Giuseppe di Arimatea c’è Nicodemo. Trenta kg (cento libbre: 32,7 kg) di una mistura oleosa di mirra e aloe furono giudicate necessarie per avvolgere tutto il corpo.
Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura”. Il corpo venne ricoperto da quella mistura di aromi e fasciato con teli (sindone, bende (Cf, 11,44) e (20,7) sudario). Dovette essere una prima operazione in attesa di terminarla il giorno dopo il sabato (Lc 24,1).
Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù”. La tomba era di proprietà di Giuseppe di Arimatea (Mt 27,59). Era scavata nella roccia (Mt 27,59) ed era chiusa da una pietra circolare che veniva rotolata sull’apertura. Una ricostruzione ci dice che c’era un vestibolo a cui seguiva la camera sepolcrale vera e propria. Nel vestibolo venne fatta la copertura con aromi, lenzuolo (sindone), bende e sudario. La salma venne lasciata nel vestibolo in attesa di completare le operazioni il giorno dopo il sabato; lo dimostra il fatto che Giovanni, che andò alla tomba insieme a Pietro, pur non entrando vide le bende a terra (20,5).