Vangelo secondo Giovanni
Vangelo secondo Giovanni, testo e commento
       
(12,20-41)

L'ora della vittoria
20 Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli domandarono: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. 22 Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23 Gesù rispose loro: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24 In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25 Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26 Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27 Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28 Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”
29 La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. 30 Disse Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31 Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32 E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. 33 Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
34 Allora la folla gli rispose: “Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come puoi dire che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?”. 35 Allora Gesù disse loro: “Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. 36 Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce”. Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.
37 Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, 38 perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia (53,1):

Signore, chi ha creduto alla nostra parola?
E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?


39 Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse (6,9s):

40 Ha reso ciechi i loro occhi
e duro il loro cuore,
perché non vedano con gli occhi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano, e io li guarisca!


41 Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui.
 
Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21 Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, e gli domandarono: ‹Signore, vogliamo vedere Gesù›”. I Greci sono probabilmente dei timorati di Dio, che avevano aderito alla fede nel Dio unico, ma non alle pratiche della Legge. Essi potevano entrare nell'atrio dei Gentili, ma non oltre. Hellenes, cioè non giudei di lingua greca che erano detti hellenistai. Gli Hellenes vogliono vedere Gesù, mentre i capi dei Giudei lo vogliono eliminare. Filippo e Andrea sono i soli due nomi ellenici degli apostoli.
È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato”. Gli apostoli sono entusiasti per la notorietà e il successo di Gesù; per loro questa è gloria. Filippo poi si è sentito appellare addirittura “signore”.
Gesù però pone la sua glorificazione in altri termini, distantissimi da quelli umani. La glorificazione si attuerà in una battaglia combattuta fino alla morte, e verrà sigillata dalla risurrezione gloriosa.
In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. L’immagine del chicco di grano è efficace. Sarà per la sua morte e risurrezione che le moltitudini diventeranno sue (Ps 2,8; Is 54,12).
Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”. E’ un apparente paradosso. Amare la propria vita vuol dire volere gestire la propria vita autonomamente, senza riferimento a Dio. Chi fa questo pensa che la sua vita appartenga solo a lui, dimenticando che è una creatura e come tale è relativa a Dio. Egli ha smarrito il vero significato della vita. Il detto: “fare la vita”, dice un farla diventare secondo i fini della mondanità. Odiare la propria vita pensata e attuata secondo la mondanità è invece salvarla. Nella lettera agli Ebrei si legge (12,2): “Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio”. Nel libro dell’Apocalisse si ha(12,11): “Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire”.
La salvezza si ha quando non si cede alle illusioni della mondanità.
Se uno serve me, il Padre lo onorerà”. Servire il Signore, seguendolo lungo il cammino da lui tracciato, porta non al disonore di un fallimento, ma all’onore dato dal Padre al vincitore (Cf. Ap 2,7.26; 3,5.12.21).
Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!”. Di fronte alla morte la natura umana di Gesù prova ripugnanza, ma Gesù non indietreggia, così come non indietreggerà quando lo spettro della morte e del dolore tenteranno di schiacciarlo nell’orto degli Ulivi.
Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: ‹L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!›”. Gesù con la sua morte darà gloria al Padre. Il suo desiderio di dare gloria al Padre è tanto grande da abbracciare la croce che lo aspetta: “Padre, glorifica il tuo nome”. ”L’ho glorificato…”. L'ha glorificato inviando il Figlio, con ciò infatti ha manifestato oltre ogni immaginazione umana il suo amore (3,16.17) e l’ha glorificato con i miracoli compiuti dal Figlio in unione con lui. E ancora lo glorificherà lasciando che la morte prevalga sul Figlio affinché il Figlio prevalga sulla morte, a compimento della missione a lui affidata, e infine lo glorificherà nella giustizia della gloriosa risurrezione del Figlio.
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: ‹Un angelo gli ha parlato›. Disse Gesù: ‹Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me›”.
La gloria che il Figlio dà al Padre mediante l’obbedienza è tanto grande da far tacere, da schiacciare l’accusatore, cioè Satana. Nel libro di Giobbe Satana dice a Dio che non può trarre gloria da Giobbe perché tanto beneficato. Ne segue che Dio accetta la sfida dell’accusatore, ma Giobbe regge pur in situazione terribile. Così Satana è fatto tacere. Ora Satana sarebbe pronto a tacciare di viltà Gesù se fuggisse di fronte alla morte, ma Gesù dice di sì al volere del Padre che viene così glorificato nello sgretolamento dell’accusatore, il falso principe di questo mondo (12,31).
Allora la folla gli rispose: ‹Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come puoi dire che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?›”. Le scritture relative al messianismo regale parlavano che il discendente di Davide avrebbe avuto un regno intramontabile (2 Sam 7,16; Is 9,6; Ps 20/21,8; Ps 44/45,7; Ps 109/110,4; Dn 7,13), i Giudei facevano l’errore di pensare che un regno che si affermava con le armi mai sarebbe potuto durare in eterno, perché prima o poi i popoli si ribellano al dominatore che li ha assoggettati con la violenza. I testi di Daniele erano eloquenti a questo proposito presentando il disfacimento del regno di Nabuconosor (Dn 2,27s), di quello Alessandro Magno (1Mc 1,5s), ma ciò è una costante di sempre. Il Messia veniva presentato come vincente sui popoli con le armi, ma non consideravano che questo era solo una figura dell’epilogo finale contro il mondo corrotto di colui che è stato mite e giusto (Ps 20/21; Ps 44/45,5-6; Is 11,4; Ap 19,11). Accanto al Re giudice ci sarebbe stato anche il suo popolo, ma in prospettiva escatologica (Ps 149). Ciò era evidente perché il Messia era chiamato Principe della pace e Pace lui stesso, e quindi avrebbe conquistato il mondo con l’amore (Is 9,5-6;11,6-9; 42,1s; 53,1s; 60,17 Mi 4,3-4; 5,1-5; Zc 9,9s).
Essere innalzato da terra per i Giudei significava essere glorificato, acclamato come re, e questo non lo accettano per Gesù, e ritengono che il Messia non avrebbe avuto bisogno di essere innalzato quale re perché lo era per investitura divina, in questo c’è verità, ma allora bisognava proseguire dichiarando il Messia di natura divina, così come Gesù diceva di sé. Ma Gesù viene rifiutato per questo, e per loro la dimostrazione è che su di lui incombe la condanna a morte. Ma innalzato da terra era precisamente la condanna a morte per crocifissione. Loro non intesero perché la lapidazione era essere piuttosto sepolto dalle pietre. I Giudei del tempio hanno voluto estinguere le loro possibilità di riconoscere in Gesù il Figlio dell’uomo, che come loro stessi dicevano “rimane in eterno” (Dn 7,14).
Chi è questo figlio dell'uomo?”; per essi Gesù è un non esistente, circa il titolo di Figlio dell’uomo. La folla dice che quanto afferma Gesù non rientra nei termini del figlio dell'uomo. Il Messia da doro pensato, da quanto è dato intendere, avrebbe esteso il regno di Israele su tutta la terra e avrebbe regnato senza fine perché avrebbe avuto un prolungamento indefinito della vita terrena, fino alla risurrezione finale di tutti gli uomini. Qua ci sono le tracce del millenarismo giudaico. Infatti, secondo un tradizione rabbinica, la storia doveva essere divisa in sette tempi di mille anni ciascuno. L’ultimo millennio, corrispondete al sabato, sarebbe quello messianico, segnato dalla vittoria di Israele guidato dal Messia su tutti i popoli, godimento pacifico dei beni terreni. Questa dottrina venne applicata, peggiorandola, perché innestata sulla risurrezione di Cristo, nel II secolo d.C da Cerinto, a partire dal passo dell’Apocalisse (20,3), dove i mille anni sono solo una pura cifra simbolica riguardante l’ingresso delle genti a far parte della Chiesa. I mille anni potrebbero essere molto meno o molto di più: nessuno lo sa (Mt 24,3; Mc 13,3; Lc 21,7; At 1,7). E quel tempo non sarà tempo di assenza delle croci, ma anzi di amore alle croci, perché solo così si ha la pace e il bene comune. Non mancheranno purtroppo neppure i peccati (Mt 18,7; Lc 17,1) e questi crescendo in modo smisurato porteranno al basta finale di Dio, con la fine del mondo (Is 13,9; 34,1; 66,22; Sof 1,2s; Gl 2,2; 3,4, Mt 24,14.29; Mc 13,24-27; Lc 21,15-27; Rm 8,20s; 1Cor 15,22; 2Ts 2,3s; 2Pt 3,12; Ap 20,9s).
Allora Gesù disse loro: ‹Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce›”. Gesù ancora annuncia la sua morte. I discepoli devono camminare nella fede per non essere sorpresi dalle tenebre (Gv 8,11; Lc 22,53). Essi sono invitati a credere in lui, Luce del mondo (9,5), per essere “figli della luce”, per farla splendere nelle tenebre.
Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia (53,1): Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?”. L'incredulità e l'ostilità dei Giudei era stata annunciata, e si è avverata. Il significato è che il disegno di Dio non si fermerà nonostante l'indurimento di una parte di Israele.
Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse (6,9s): Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca! Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui”. Gesù per difendere il gregge affidatogli dal Padre aveva continuato ad agire di fronte ai suoi avversari, affinché il gregge non fosse sbranato dai lupi. Ma Gesù non percuoteva i suoi accaniti negatori con sdegno e disprezzo, cercava invece di fare appello alla loro coscienza. Non fu Gesù che indurì i loro cuori, ma loro stessi si indurirono per ostacolare in tutto e per tutto Gesù, temendo che compromettesse i loro affari e le loro ipocrisie davanti al popolo, nonché della loro bandiera di promotori della libertà contro Roma, mentre con ipocrisia facevano omaggi (19,12) a Cesare