Salmo 60 (61)  Preghiera di un esule

 

Al maestro del coro. Per strumenti a corda.

Di Davide
 

Ascolta, o Dio, il mio grido,

sii attento alla mia preghiera.

 

Sull'orlo dell'abisso io t'invoco,

mentre sento che il cuore mi manca:

guidami tu sulla rupe per me troppo alta.

 

Per me sei diventato un rifugio,

una torre fortificata davanti al nemico.

 

Vorrei abitare nella tua tenda per sempre,

vorrei rifugiarmi all'ombra delle tue ali.

 

Tu, o Dio, hai accolto i miei voti,

mi hai dato l'eredità di chi teme il tuo nome.

 

Ai giorni del re aggiungi altri giorni,

per molte generazioni siano i suoi anni!

 

Regni per sempre sotto gli occhi di Dio;

comanda che amore e fedeltà lo custodiscano.

 

Così canterò inni al tuo nome per sempre,

adempiendo i miei voti giorno per giorno.

Commento

 

Il salmista viene spesso presentato come un esule, un deportato in Mesopotamia, ma il salmo si applica  meglio ad un levita durante le invasioni assiro-babilonesi. Egli, si sente ai “sull'orlo dell'abisso”, cioè degli inferi, poiché si trova di fronte alla morte. Il suo cuore viene meno di fronte alle catastrofi che si stratificano una sull’altra, e domanda a Dio di essere guidato su di una rupe inaccessibile, difeso e soprattutto lontano dalla vista degli orrori della guerra. Egli è rincuorato da Dio che gli ha dato “l’eredità di chi teme il suo nome”, cioè una fede viva e una pace profonda e operosa. E’ così pieno di fiducia che promette di restare nel futuro sempre all’ombra del tempio. Le promesse fatte a Davide e alla sua discendenza sembrano stroncarsi di fronte alle conquiste di eserciti potenti, ma il levita prega per il re, che vede nella luce del futuro Messia, non dubitando delle promesse fatte da Dio a Davide e alla sua discendenza.

Noi siamo coloro che in Cristo cantano inni di gioia al Padre, che ha inviato il suo Figlio a liberarci dalla schiavitù del peccato e della morte.