Testo e commento

 

Capitolo     5

 

Mardocheo ed Ester sono i due personaggi base del libro; essi sono due Israeliti nati durante l’esilio babilonese e provenienti da un processo di integrazione come dimostrano i loro due nomi: Mardocheo deriva da Marduk, divinità del pantheon babilonese, ed Ester da Ishstar, divinità femminile dello stesso pantheon; ma potrebbe essere anche dal persiano "stareh", che vuol dire stella". Comunque entrambi si presentano sottratti all’integrazione: sono giudei osservanti.

Mardocheo risulta figlio di Iair, figlio di Simei, un deportato a Babilonia al tempo di Nabucodonosor (2,5-6).

Ester risulta imparentata con Mardocheo, come figlia di un suo zio (2,7).

Riguardo alla veridicità storica, comunemente si nota come la moglie-regina di Assuero (Assuero è Serse I; il nome Assuero deriva da una serie di passaggi linguistici. Data della salita al trono: 485; anno di morte, per assassinio da parte di due suoi ufficiali: 464 a.C.) non fosse la regina Vasti, ma Amestris. Questa notizia data da Erodoto (Storie 9,108-13) è inquadrata dentro un aneddoto circa una lotta tra Amestris e Artainta, moglie di Masiste, un fratello di Serse. Serse, dopo la sconfitta di Salamina (480), subita dagli Ateniesi, si innamorò di Artainta, e Amestris la perseguitò fino a farne scempio. Che Amestris restasse regina in auge, dopo quest'episodio, non c’è da pensarlo. 

L’episodio della regina Vasti, probabilmente una figura parallela alla regina ufficiale Amestris - i persiani non avevano che una regina per volta -, carica del torto di avere fatto scempio di Artainta, è collocato dal testo biblico al terzo anno del regno di Serse (482), ma va collocato, assumendo la notizia di Erodoto, più tardi, nel 479. La data del quinto anno del regno colloca gli eventi del libro di Ester dopo la guerra contro gli Ateniesi, e questo dato si armonizza con il fatto che non c’è traccia nel libro di Ester dell’impresa contro Atene. Ester subentrò a Vasti il settimo anno del regno di Serse - ci dice il testo - e quindi nel 478. La figura di Vasti non potè che comparire per pochissimo tempo.

Si solleva la difficoltà che né la regina Ester né la regina Vasti sono nomi ricordati dalla storia, ma questo sarebbe un argomento convincente solo se si avessero notizie dettagliate e complete sulla vita di Serse, il che non è affatto, specialmente dopo la sconfitta coi Greci.

Alcuni fanno difficoltà ad ammettere che Serse abbia permesso l’uccisione di 75.000 suoi sudditi (15.000 nella versione greca) da parte dei Giudei, e invocano la “mitezza degli Acheménidi”, del resto presentata anche dal libro (3,13s); ma la mitezza allora era più che altro un’offerta formale, un’offerta tattica, e i 75.000 o 15.000, erano nemici dei Giudei pronti ad annientarli - un pogrom - sulla base del decreto fatto redigere a Serse, ed erano indubbiamente la base politica di Amàn.

Tutti, però, affermano che il quadro generale del libro fornisce dati in armonia con le usanze persiane, e che ci sia precisione nella descrizione della città di Susa, residenza invernale del re di Persia. E anche il carattere di Assuero è presentato così come si ricava da Erodoto (484-430 a.C).

Il libro di Ester si presenta dunque con un esteso contenuto storico, il che non vuol dire che non ci siano dei riempimenti  dell’autore.

Il libro è datato attorno al 350 a.C.

Secondo 2 Mac 15,36, i Giudei in Palestina, nel 160 a.C., celebravano la festa di Mardocheo, detta più tardi festa di Purim (9,20s).

 

(4) (17a-17i) “Poi (Mardocheo) pregò il Signore, ricordando tutte le sue gesta, e disse:

<Signore, Signore re, sovrano dell’universo, tutte le cose sono sottoposte al tuo potere e nessuno può opporsi a te nella tua volontà di salvare Israele.

Tu hai fatto il cielo e la terra e tutte le meraviglie che si trovano sotto il firmamento. Tu sei il Signore di tutte le cose e nessuno può resistere a te, Signore.

Tu conosci tutto; tu sai, Signore, che non per orgoglio, non per superbia né per vanagloria ho fatto il gesto di non prostrarmi davanti al superbo Amàn, perché avrei anche baciato la pianta dei suoi piedi per la salvezza d’Israele.

Ma ho fatto ciò per non porre la gloria di un uomo al di sopra della gloria di Dio; non mi prostrerò mai davanti a nessuno se non davanti a te, che sei il mio Signore, e non farò così per superbia.

Ora, Signore Dio, Re, Dio di Abramo, risparmia il tuo popolo! Perché mirano a distruggerci e bramano di far perire quella che è la tua eredità dai tempi antichi.

Non trascurare la porzione che per te stesso hai liberato dal paese d’Egitto. Ascolta la mia preghiera e sii propizio alla tua eredità; cambia il nostro lutto in gioia, perché vivi possiamo cantare inni al tuo nome, Signore, e non lasciare scomparire la bocca di quelli che ti lodano>.  

 

Mardocheo nella sua preghiera ricorda la liberazione dal paese dell’Egitto. Egli invoca il Dio di Abramo, il Dio delle promesse, che è il creatore del cielo e della terra, e il sovrano di tutto.

Mardocheo, presenta un dramma di coscienza. Egli, leale con il re Assuero, come dimostra la sua denuncia di una rivolta di palazzo contro il re, non si prostrava dinanzi al superbo Amàn.

Mardocheo considerò che se si fosse prostrato davanti ad Amàn avrebbe scongiurato una persecuzione contro di lui e poi verso il suo popolo, ma vide che questo non avrebbe portato ad altro che uno svuotamento della sua identità personale e della sua rappresentanza del popolo, poiché coraggiosamente aveva detto che era un Giudeo.

L’azione di Amàn non si fermò contro di lui, ma si determinò per la soppressione di tutti i Giudei; qui il profondo del dramma di Mardocheo: egli con la sua fedeltà a Dio aveva innestato una persecuzione per tutto il popolo.

Nella preghiera Mardocheo sente il bisogno di porre davanti a Dio il suo tormento di coscienza: “Tu sai, Signore, che non per orgoglio, non per superbia né per vanagloria ho fatto il gesto di non prostrami…”.

Egli, quanto a se stesso, era pronto a baciare i piedi di Amàn per stornare dal suo popolo la persecuzione, ma avrebbe fatto un gesto di sottomissione alla gloria di un uomo che gli chiedeva di rinunciare a servire la gloria di Dio.

Nelle situazioni difficili la guida non può essere la prudenza umana, ma quella prudenza che non vuole sia compromesso l’autentico servizio alla gloria a Dio, che, come tale, non può mai essere disgiunto dalla coraggiosa testimonianza.  

 

(5) (1-5) “Il terzo giorno, quando ebbe finito di pregare, ella si tolse le vesti da schiava e si coprì di tutto il fasto del suo grado. Divenuta così splendete di bellezza, dopo aver invocato il Dio che veglia su tutti e li salva, prese con sé due ancelle. Su di una si appoggiava con apparente mollezza, mentre l’altra la seguiva tenendo sollevato il mantello di lei. Appariva rosea nello splendore della sua bellezza e il suo viso era gioioso, come pervaso d’amore, ma il suo cuore era stretto dalla paura. Attraversate una dopo l’altra tutte le porte, si trovò alla presenza del re. Egli era seduto sul trono regale, vestito di tutti gli ornamenti maestosi delle sue comparse, tutto splendente di oro e di pietre preziose, e aveva un aspetto molto terribile. Alzò il viso splendete di maestà e guardò in un accesso di collera. La regina si sentì svenire, mutò il suo colore in pallore e poggiò la testa sull’ancella che l’accompagnava. Ma Dio volse a dolcezza lo spirito del re ed egli, fattosi ansioso, balzò dal trono, la prese fra le braccia, sostenendola finché non si fu ripresa, e andava confortandola con parole rasserenanti, dicendole: <Che c’è, Ester? Io sono tuo fratello; fatti coraggio, tu non devi morire. Il nostro ordine riguarda solo la gente comune. Avvicinati!>. Alzato lo scettro d’oro, lo posò sul collo di lei, la baciò e le disse: <Parlami!>. Gli disse: <Ti ho visto, signore, come un angelo di Dio e il mio cuore si è agitato davanti alla tua gloria. Perché tu sei meraviglioso, signore, e il tuo volto è pieno d’incanto>. Ma mentre parlava, cadde svenuta; il re s’impressionò e tutta la gente del suo seguito cercava di rianimarla. Allora il re le disse: <Che vuoi, Ester, qual è la tua richiesta? Fosse pure la metà del regno, l’avrai!>. Ester rispose: <Se così piace al re, venga oggi il re con Amàn al banchetto che gli ho preparato>. Il re disse: <Convocate subito Amàn, per far ciò che Ester ha detto>. Il re andò dunque con Amàn al banchetto che Ester aveva preparato”.

 

Ester non aveva detto per ordine di Mardocheo di essere una Giudea, ma se vuole salvarsi di fronte a Dio deve intervenire a favore dei Giudei presso il re. “Non pensare di salvare solo te stessa fra tutti i Giudei, per il fatto che ti trovi nella reggia. Perché se tu in questo momento taci, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei da un altro luogo; ma tu perirai insieme con la casa di tuo padre. Chi sa che tu non sia stata elevata a regina proprio in previsione d’una circostanza come questa”, furono le parole che Mardocheo le inviò.

L’ingresso alla sala del trono davanti al re ci presenta come al di là dei paramenti, dell’apparato di gloria, Assuero rimane sempre un uomo, sensibile all’amore e alla lode.

Ester si presenta al re con il volto di una sposa. Presenta questo come diritto ad andare alla presenza del re anche se non chiamata; per la qual cosa era prevista la morte. Assuero rimane rabbuiato, ed Ester si sente perduta e sviene. Dio, a questo punto, fa fare un grande passo al re infondendogli il concetto che la norma di non andare al suo cospetto senza essere chiamato poteva valere “solo per la gente comune”. Questa luce di Dio sposta Assuero verso la benevolenza per la regina, del cui svenimento diventa “ansioso”. Il re pensa che nel cuore di Ester c’è qualcosa di delizioso per lui, e lo vuole sapere: “Parlami!”. Ester non presenta affatto la richiesta, ma presenta la sua ammirazione per lui quale causa del suo svenimento; sa trovare le parole giuste, mentre nasconde la paura e “l’avversione per la gloria degli empi”.

Ancora la regina Ester cade in svenimento per la paura, che le invade cuore. Allora il re “s’impressionò” e diventò amoroso: alla fin fine, non aveva mai pensato di fare un effetto così su di una donna.

Quello che si recepisce dalla narrazione è un’eroicità completa di Ester. Il carico di responsabilità che Mardocheo le ha posto sulle spalle è del tutto superiore alle sue forze. La vera protagonista della situazione è lei. E’ lei che salva il generoso Mardocheo. E’ lei che libera il suo popolo dallo sterminio.

Indubbiamente l’esempio di Ester non ci pare limpido in tutto perché finge in parte, ma si noti che Ester si trova regina e moglie di Assuero per un procedimento di corte più grande di lei. Dentro questa trappola dorata nella quale si venne a trovare, e con l’immane responsabilità che Mardocheo le addossò senza scampo, Ester seppe operare con coraggio totale per la salvezza del suo popolo, ponedo radicalmente la sua fiducia in Dio.