Padre Paolo Berti: "Note al libro dell'Apocalisse"

Nihil obstat                                        
quominus imprimatur
Fr. Venanzio Reali
Ministro Provinciale O. F. M. Capp.
Imprimatur
+Luigi Amaducci
Vescovo di Cesena e Sarsina
13 dicembre 1986
 


Testo e commento   

Capitolo 
1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   11   12   13   14   15   16   17   18   19   20   21   22

Il Termine "apocalisse" (apokàlypsis) significa rendere manifesto qualcosa di segreto, e quindi "rivelazione".
Comunemente, al termine "apocalisse" viene associata subito l'idea della fine del mondo; ma chi legge il libro dell'Apocalisse vede che l'argomento trattato non è solo la fine del mondo, ma il cammino della Chiesa in mezzo alle difficoltà che le si presentano nella sua missione di portare le genti a Cristo. E' in questa opera della Chiesa che si collocano le reazioni violente e colpevoli del mondo.
L'autore del libro è, secondo l'antica tradizione patristica, l'apostolo Giovanni. Attualmente, a questo dato rimane fedele la maggioranza degli studiosi, in quanto gli argomenti avanzati in contrario non hanno la forza di modificare la tradizione.
Giovanni ebbe le visioni nell'isola di Patmos, dove era stato deportato durante la persecuzione di Domiziano nell'anno 95, e scrisse il testo dopo la liberazione dall'isola nella quale sicuramente aveva già fissato degli appunti. L'isola di Patmos è un'isola delle Sporadi, oggi chiamata Patino.
Lo scopo del libro è quello di dare forza alle Chiese dell’Asia a contatto, come tutte le altre Chiese, con difficoltà continue. L'Apocalisse mette in evidenza che il sacrificio, la rinunzia, il martirio, sembrano, sì, sconfitte, ma in realtà sono vittoria, evento, che estende il regno di Cristo.
Dal punto di vista della comunicazione, l'Apocalisse fa ampio uso di simboli e spesso presenta i caratteri di un'azione liturgica. Giovanni scrive quanto ha visto e udito, e questo dà l'impronta a tutto il suo scritto.
Dal punto di vista compositivo l'Apocalisse si presenta come un testo unitario.

Prologo (Ap 1,1-3)
(1) 1 Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, 2 il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. 3 Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino.

S. Giovanni nel tracciare il prologo si riferisce a ciò che ha visto in visione. Nei capitoli 4-5 racconta di aver visto che "Colui che stava seduto sul trono" diede il libro dei sette sigilli all'Agnello, il quale così lo "ricevette" dal Padre; non in quanto egli non ne conoscesse già il contenuto, ma in quanto la rivelazione è una grazia che l'Agnello ha dal Padre per i suoi servi. Giovanni sperimentò la presenza di una guida angelica (17,1; 21,9; 22,6). L'angelo accompagnatore è essenzialmente un mediatore nella comprensione delle visioni.
La figura dell'angelo manifestatore non è nuova, già la si vede nel libro del profeta Zaccaria (2,1ss). L'angelo guida lo si ha pure nel libro del profeta Daniele (7,15) e in Ezechiele (40-48).
Giovanni dichiara che, scrivendo l'Apocalisse, attesta (1,2; 1,9) "la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo", cioè la sua immolazione sulla croce: testimonianza resa agli uomini dell'infinito amore di Dio.
Le parole della profezia non basta ascoltarle (leggerle), bisogna attenersi ad esse, custodendole: “custodiscono le cose che vi sono scritte”.
Il "tempo infatti è vicino", anche se ciò che è annunziato potrà accadere secoli e secoli dopo (Cf. 2Pt 3,8).


Lettere alle sette Chiese        
Saluto alle sette Chiese (1,4-8)
4 Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che è, che era e che viene, e dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, 5 e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra.
A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue,
6 che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
  7 Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà;
anche quelli che lo trafissero
e per lui tutte le tribù della terra
si batteranno per lui il petto.
Sì, Amen!
 

8
dice il Signore Dio: Io sono l'Alfa e l'Omèga, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!

Le sette città (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiàtira, Sardi, Filadelfia, Laodicea) erano collegate da ottime strade. Le sette Chiese dovevano conoscere Giovanni e avere rapporti con lui.
Ogni lettera ha come destinatario principale una singola Chiesa, ma è pure rivolta a tutte le altre (2,7): “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".
"I sette spiriti" che stanno davanti al trono (Cf. 4,5) sono presentati come esseri personali: sono i sette arcangeli (Cf. Tb 12,15). Che siano angeli lo si vede pure in 8,2.
"Colui che è, che era e che viene" è una formula ricchissima.
"Colui che è", contiene l'affermazione non solo dell'essere sussistente di Dio, ma del suo essere sovrano di tutta la realtà. Tale sovranità è propria pure del Verbo, in quanto Unigenito del Padre. Il Verbo incarnato, per la sua immolazione, possiede pure una sovranità di conquista.
"Colui che era", il Verbo era prima che ogni cosa fosse.
"Colui che viene", perché Verbo Incarnato viene a sostenere vittoriosamente la Chiesa nella lotta contro il male, e verrà nell'ultimo giorno per la vittoria finale sui suoi nemici.
Gesù Cristo è presentato con diversi titoli, tutti relativi alla sua opera salvifica e alla sua regalità.
Egli è il "Testimone fedele" in quanto ha testimoniato la verità nella carità fino alla morte di croce; è il "Primogenito dei morti", in quanto è il primo risorto; è il "Sovrano dei re della terra" in quanto si è seduto alla destra del Padre (3,31) e possiede perciò ogni potere in cielo e in terra. Egli è "Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue e che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre" (Cf. 19,6), e ciò con il dono dello Spirito Santo.
Giovanni (v.7) utilizzando le espressioni profetiche di Daniele (7,13) e di Zaccaria (12,10) dichiara che la regalità di Cristo si affermerà su tutta la terra.
"Quelli che lo trafissero" sono i peccatori incalliti che hanno ostacolato la diffusione del Vangelo. Le nazioni, di fronte alla venuta vittoriosa del Cristo nell'ultimo giorno, si batteranno il petto in segno di colpa. Molti alla fine del mondo avranno un moto di pentimento.
"Io sono l'Alfa e l'Omèga", poiché tutte le cose sono state create per mezzo di lui (Cf. Gv 1,3) e sono state ricapitolate in lui (Ef 1,10), e troveranno in lui il loro sigillo finale (Cf. Col 1,16).

Visione preparatoria (1,9-20) 9
9 Io Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù.10 fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: 11 ‹Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese: a Efeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa›. 12 Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d'oro 13 e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. 14 I capelli del suo capo erano candidi, simili a lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma di fuoco. 15 I piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente, purificato nel crogiolo. La sua voce era simile al fragore di grandi acque. 16 Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza.
17 Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: “Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo 18 e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. 19 Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito. 20 Il senso nascosto delle sette stelle, che hai visto nella mia destra, e dei sette candelabri d'oro è questo: le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese, e i sette candelabri sono le sette Chiese.

Giovanni è "fratello" poiché in Cristo i cristiani formano una fraternità.
Giovanni è "compagno nella tribolazione" perché ha condiviso e condivide le difficoltà opposte dal mondo a chi vive e annuncia il Vangelo. Egli è "nel regno", e lo può dire proprio perché vive le esigenze del regno; egli è "nella perseveranza in Gesù", in quanto è nell'unione con lui che si ha la perseveranza nel Vangelo.
"Il giorno del Signore" è la domenica; è il giorno del suo trionfo sulla morte, è il giorno della celebrazione della sua regalità; è il giorno che vince il "giorno della terra", cioè il giorno che gli uomini lontani da Dio desiderano, come affermazione del mondo su Dio.
La voce che Giovanni ode, "come di tromba" (Cf. Is 58,1), è quella di Cristo, essa è vibrante e potente "simile al fragore di grandi acque" (1,15).
L'aspetto era di "uno simile a un Figlio di uomo"; Giovanni con queste parole fa intendere che Cristo oltre ad essere realtà umana è realtà divina. L'espressione riporta al libro di Daniele (7,13). L'abito lungo significa il suo essere pontefice eterno (Cf. Ez 28,4; 29,5; Zc 3,4). Gli occhi fiammeggianti la sua capacità di scrutare i cuori (Cf. Dn 2,22). I piedi di bronzo indicano la sua stabilità (Cf. Dn 2,31-45). La spada che gli esce dalla bocca è la sua parola di condanna dei suoi nemici, di coloro che vogliono farsi tali e che si chiudono ad ogni ispirazione dello Spirito Santo, giungendo ad una radicale contrapposizione a Dio.
Gli "angeli delle sette Chiese" (1,20) sono i successori degli apostoli. Già il profeta Aggeo (1,13) e il profeta Malachia (2,7; 3,4) chiamano i sacerdoti angeli o messaggeri. I custodi delle sinagoghe ebraiche erano detti angeli. Le "sette stelle" indicano i sette vescovi; nel libro della Genesi (22,17) e in quello di Daniele (8,10) le stelle sono prese a simbolo degli appartenenti a Dio.

La lettera alla Chiesa di Efeso (2,1-7)
(2) 1 All'angelo della Chiesa che è a Efeso scrivi: Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro: 2 Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. 3 Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. 4 Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. 5 Ricorda dunque da dove sei caduto, convertiti e compi le opere di prima. Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto. 6 Tuttavia hai questo di buono: tu detesti le opere dei nicolaiti, che anch'io detesto. 7 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò da mangiare dall'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio.

Tra le sette Chiese sorelle, Efeso era la Chiesa sede del metropolita. Parlando al Vescovo, Cristo parla alle varie Chiese (2,7).
La Chiesa è perseverante, operosa, pronta a rifiutare i falsi apostoli e ha molto sopportato per il nome di Gesù. Tuttavia si è infiltrato in essa un intiepidimento, che è facile individuare in una vena di vanagloria, dovuta al suo posto di preminenza. Se tale vanagloria non verrà rimossa, sarà causa di un declassamento del Vescovo: "toglierò il tuo candelabro dal suo posto".
I Nicolaiti erano un gruppo eretico che insegnava che i peccati di fornicazione non contaminavano lo spirito. Essi negavano pure la divinità di Cristo e avevano altri errori di marca gnostica.
"Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese", è formula presente in tutte le sette lettere.
Cristo si dice "lo Spirito" perché è in lui, per lui, Pontefice eterno, che le Chiese possiedono lo Spirito Santo (Cf. Gv 7,39; 1Cor 15,45; 2Cor 3,17).
L' albero della vita, che sta nel paradiso di Dio" indica l'eterna, fulgida immortalità dei corpi che sarà donata per sempre con la gloriosa risurrezione.
"Nel paradiso di Dio" è il cielo. Il termine è in contrapposto al paradiso idolatrico che gli uomini vorrebbero costruire sulla terra (Cf. Gn 2,24) .

La lettera alla Chiesa di Smirne (2,8-11)
8 All'angelo della Chiesa che è a Smirne scrivi: Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita: 9 Conosco la tua tribolazione, la tua povertà - eppure sei ricco - e la bestemmia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma sono sinagoga di Satana. 10 Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.

Smirne era dotata di un porto attivissimo. I giudei erano numerosi e agivano contro i cristiani.
La comunità cristiana di Smirne non riceve alcun rimprovero. Essa è povera di mezzi e sottoposta a tribolazioni, tuttavia è ricca perché possiede con abbondanza i doni del Signore.
Cristo è "il Primo", poiché è il nuovo Adamo, il nuovo capostipite dell'umanità da lui rigenerata. Egli è "l'Ultimo",in quanto chiuderà e sigillerà la storia del mondo con il trionfo della sua venuta. Nel versetto (1,8) si presenta Cristo quale principio e fine di tutte le cose, qua si ha la focalizzazione su Cristo capostipite dell'umanità rigenerata e giudice del mondo.
"La seconda morte" è la dannazione eterna (20,14;21,8).

La lettera alla Chiesa di Pergamo (2,12-17)
12 All'angelo della Chiesa che è a Pèrgamo scrivi: Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli. 13 So che abiti dove Satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di Satana.14 Ma ho da rimproverarti alcune cose: presso di te hai seguaci della dottrina di Balaam, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla prostituzione. 15 Così pure, tu hai di quelli che seguono la dottrina dei nicolaìti. 16 Convertiti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. 17 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi lo riceve.

Pergamo abbondava di templi pagani e rendeva intenso culto all'imperatore-dio. Questo culto fa di Pergamo un trono di Satana.
L'imperatore-dio risultava la massima opposizione, la massima antitesi alla Signoria di Cristo.
Fondamentalmente salda, la Chiesa di Pergamo ha però presso di sé, cioè tollera,"seguaci della dottrina di Balaam". Nel libro dei Numeri (23,1; 31,16) si trova che Balaam suggerì a Balak di attirare gli israeliti nell'idolatria con l'aiuto delle figlie di Moab. Questi seguaci della dottrina di Balaam miravano ad un sincretismo con i culti pagani di Pergamo. La Chiesa di Pergamo tollera pure alcuni aderenti ai Nicolaiti, rifiutati invece con vigore ad Efeso.
Se l'angelo della Chiesa di Pergamo non provvederà a rimuovere le devianze Cristo promette: "verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca".
"Il vincitore" è colui che supera le difficoltà. Egli, essendo saldo in Cristo, riceverà da lui abbondanza di luce, di conoscenza di lui:"la manna nascosta". La pietruzza bianca ricorda la pietra bianca che si dava al vincitore nei combattimenti pubblici. "Il nome nuovo" è l'identità interiore dell'uomo spirituale; è il nome nuovo che si ha nell'unione con Cristo, vero nome nuovo della storia (Cf. Fil 2,9). Il "nome nuovo" segna l'unione trasformante in Cristo (Gv 2,20; Gal 2,20).

La lettera alla Chiesa di Tiàtira (2,18-29)
18 All'angelo della Chiesa che è a Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. 19 Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. 20 Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Gezabele, la donna che si dichiara profetessa e insegna e seduce i miei servi, insegnando a darsi alla prostituzione e a mangiare carni immolate agli idoli. 21 Io le ho dato tempo per convertirsi, ma lei non vuole convertirsi dalla sua prostituzione. 22 Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si convertiranno dalle opere che ha loro insegnato. 23 Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere. 24 A quegli altri poi di Tiàtira che non seguono questa dottrina e che non hanno conosciuto le profondità di Satana - come le chiamano -, a voi io dico: non vi imporrò un altro peso, 25 ma quello che possedete tenetelo saldo fino a quando verrò. 26 Al vincitore che custodisce sino alla fine le mie opere,
 
darò autorità sopra le nazioni;
27 le governerà con scettro di ferro,
come vasi di argilla si frantumeranno,

     

28
con la stessa autorità che ho ricevuto dal Padre mio; e a lui darò la stella del mattino. 29 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.


Cristo è Colui che scruta i cuori e che è il Signore della storia, potendo porre sotto i suoi piedi i suoi nemici (Cf. Ps 2,8; Ger 48,38).
Gezabele era una pseudoprofetessa della setta dei Nicolaiti. Il nome Gezabele indica un parallelo con la regina fenicia che si era proposta di paganizzare Israele (Cf. 1Re 16,3; 2Re 9,22).
"L'adulterio con lei", è l'abbandono della verità, per seguire le sue false profezie. "I suoi figli" sono i cristiani divenuti suoi seguaci. Cristo li colpirà a morte, nel senso che lascerà che estreme sventure si abbattano su di loro.
"Quello che possedete", è la verità della dottrina comunicata dagli apostoli.
"Darò l'autorità sopra le nazioni", è il sedere accanto a Cristo nel giorno del giudizio (Cf. Mt 19,28).
"Le governerà con scettro di ferro, come vasi d'argilla si frantumeranno", indica l'efficacia dell'autorità data al vincitore.
"La stella del mattino", che Cristo darà al vincitore, raffigura la luce della gloria che gli verrà data in cielo. Per mezzo del "lumen gloriae" il vincitore vedrà Dio così come egli è (22,4). Astronomicamente, la stella del mattino è il pianeta Venere; esso appare luminoso al primo albeggiare.
Cristo in 22,16 si definisce "stella del mattino" in senso causale.

La lettera alla Chiesa di Sardi (3,1-6)
(3) 1 All'angelo della Chiesa che è a Sardi scrivi:
Così parla Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle: Conosco le tue opere; ti si crede vivo, e sei morto. 2 Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire, perché non ho trovato perfette le tue opere davanti al mio Dio. 3 Ricorda dunque come hai ricevuto e ascoltato la Parola, custodiscila e convertiti perché, se non sarai vigilante, verrò come un ladro, senza che tu sappia a che ora io verrò da te. 4 Tuttavia a Sardi vi sono alcuni che non hanno macchiato le loro vesti; essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. 5 Il vincitore sarà vestito di bianche vesti; non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. 6 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.

"I sette spiriti di Dio" sono i sette arcangeli che stanno davanti al trono (4,5).
Cristo manda gli angeli e invia nella successione apostolica i Vescovi, per cui possiede pure le sette stelle delle sette Chiese d'Asia (1,20; 3,1).
La Chiesa di Sardi è interiormente spenta: "Ti si crede vivo, e sei morto".
"Non hanno macchiato le loro vesti", è espressione che indica che non si sono contaminati col peccato; non hanno macchiato la loro veste battesimale.
"Il libro della vita" è quello in cui sono scritti i nomi di coloro che sono in grazia di Dio: è un'immagine.
Accanto al "libro della vita" nel giorno del giudizio ce ne saranno altri (20,12): "i libri delle azioni", dove sono segnate le azioni di ciascuno.

La lettera alla Chiesa di Filadelfia (3,7-13)
7 All'angelo della Chiesa che è a Filadelfia scrivi:
Così parla il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre. 8 Conosco le tue opere. Ecco, ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9 Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei, ma mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato. 10 Poiché hai custodito il mio invito alla perseveranza, anch'io ti custodirò nell'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 11 Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona. 12 Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio, insieme al mio nome nuovo. 13 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.


Nel libro del profeta Isaia si trova scritto (22,22): "Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà". Queste parole si riferiscono a Cristo: Senza di lui le Chiese non possono portare a salvezza gli uomini. Ogni uomo che si apre a Dio è innanzitutto opera di Cristo e poi dell'apostolo che è in Cristo. Così è Cristo che apre le "porte" dell'azione apostolica (Cf. At 14,27). L'azione apostolica se lui ha aperto è feconda; ed egli apre agli apostoli che sono veramente in lui. Nessuno può arrestare la fecondità apostolica là dove egli ha aperto; e nessuno può essere fecondo se egli ha chiuso, ed ha chiuso perché non vede corrispondenza in coloro che pur vogliono essere fecondi.
"Per quanto tu abbia poca forza"; la Chiesa di Filadelfia non era forte per numero, ma era forte per la sua fedeltà. Per questo Cristo le aprì una porta e fece venire a lei "alcuni della sinagoga di Satana".
"L'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero" è la persecuzione di Traiano. "Gli abitanti della terra" sono i pagani. Essi sono messi alla prova poiché vedendo la Chiesa perseguitata sono nella tentazione di rifiutare la proposta cristiana.
La Chiesa di Filadelfia resisterà nella persecuzione e la "porta" che Cristo le ha aperto non si chiuderà. L'unica forza che può compromettere tutto è un'infedeltà della Chiesa stessa di Filadelfia, per cui le viene detto:"Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona".
"Il vincitore" è colui che vincendo l'ora della tentazione accoglie Cristo. Egli viene posto quale colonna nel tempio di Dio, cioè la Chiesa; il ruolo portante è dovuto alla sua partecipazione alla Passione di Cristo.
"Non ne uscirà mai più", perché unito a Cristo vincerà gli attacchi del male; sono le parole della fedeltà di Cristo a colui che veramente lo segue; solo un suo disgraziatissimo no lo separerà da Cristo (Rm 8,35: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo?").
Egli avrà inciso sulla fronte "il nome del mio Dio" e "della nuova Gerusalemme che scende dal cielo" (21,2ss). Sarà cittadino della nuova Gerusalemme, che è la societas christiana; non sarà dunque senza città come avviene per i perseguitati. Tale nuova Gerusalemme scende dal cielo perché è dono Dio. La nuova Gerusalemme, predetta dai profeti per i tempi messianici, si costituisce con le varie nazioni che si aprono a Cristo per l'opera della Chiesa. La piena estensione sulla terra della nuova Gerusalemme segnerà il tempo pieno del regno della terra di Cristo (11,15).
"Insieme al mio nome nuovo"; nuovo perché morto e risorto: la grandezza, la potenza di Cristo lo costituiscono nome nuovo. (Fil 2,9): "Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome".

La lettera alla Chiesa di Laodicea (3,14-22)
14 All'angelo della Chiesa che è a Laodicèa scrivi:
Così parla l'Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio: 15 Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! 16 Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. 17 Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. 18 Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista. 19 Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convertiti. 20 Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. 21 Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. 22 Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”.

Cristo è "l'Amen", poiché è stato sì di fronte alla volontà del Padre; è "il Testimone degno di fede e veritiero", perché ha testimoniato l'amore di Dio sino alla morte; è "il Principio della creazione di Dio", perché tutte le cose sono state create per mezzo di lui (Cf. Gv 1,3; Col 1,16), e sono state ricreate per mezzo di lui.
L'angelo della Chiesa di Laodicea è tentato di servire a due padroni; infatti egli è ricco. Servendo a due padroni, non è né freddo e né caldo. Né freddo né caldo nutre la presunzione di potersi salvare in ogni modo. Questa presunzione gli viene contraddetta, perché in realtà è nella condizione di essere "vomitato". Egli si proclama sufficiente a se stesso:"sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla"; ma proprio per questo suo credersi autosufficiente è privo di tutto.
L'oro purificato che Cristo gli consiglia di comperare da lui è una fede pura, ferma, perseverante. Le vesti bianche sono la giustizia, la santità. Il collirio è l'azione dello Spirito Santo, che è Luce di verità.
Cristo bussa alla porta del cuore. Colui che gli apre diventa dimora di Dio, Uno e Trino. Egli "cenerà con lui e lui con me", indica l'intimità che verrà stabilita.

Le cose che devono accadere
La maestà di Dio (4,1-11) (4)
(4) 1 Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: “Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito”. 2 Subito fui preso dallo Spirito. Ed ecco, c'era un trono nel cielo, e sul trono Uno stava seduto. 3 Colui che stava seduto era simile nell'aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile nell'aspetto a smeraldo avvolgeva il trono. 4 Attorno al trono c'erano ventiquattro seggi e sui seggi stavano seduti ventiquattro anziani avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo. 5 Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; ardevano davanti al trono sette fiaccole accese, che sono i sette spiriti di Dio. 6 Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e attorno al trono vi erano quattro esseri viventi, pieni d'occhi davanti e dietro. 7 Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l'aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un'aquila che vola. 8 I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere:

Santo, santo, santo
il Signore Dio, l'Onnipotente,
Colui che era, che è e che viene!

9 E ogni volta che questi esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a Colui che è seduto sul trono e che vive nei secoli dei secoli, 10 i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Colui che siede sul trono e adorano Colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo:
 
11
"Tu sei degno, o Signore e Dio nostro,
di ricevere la gloria, l'onore e la potenza,
perché tu hai creato tutte le cose,
e per la tua volontà esistevano e furono create".
 

La voce che Giovanni sente è quella di 1,10; essa gli suscita il desiderio di salire là da dove proviene, per avere conoscenza delle cose che devono accadere. In estasi, in visione, Giovanni si trova davanti alla maestà di Dio Padre. Mentre in 1,13 vide "uno simile a un Figlio d'uomo", qui non viene detto.
Nell'immagine tutto è improntato al simbolismo della luce; tutto è rivolto ad esprimere la trascendenza di Dio.
Il diaspro e la cornalina sono pietre colorate translucide.
Il trono è avvolto dallo splendore radiante di un arcobaleno simile nel colore a smeraldo (Cf. Ez 1,28). Attorno al trono 24 vegliardi. Essi rappresentano, in una visione universale, i salvati dai vari popoli della terra. Sono 24 in relazione alle 12 tribù di Israele; la moltiplicazione per due indica le collettività.
I lampi,i tuoni,indicano l'onnipotenza di Dio, la sua maestà:sono elementi ricorrenti delle teofanie (Cf. Es 19,16; Ez 1,4). Le voci che escono dal trono sono quelle dei "quattro esseri viventi". Il trono comprende un baldacchino. I quattro esseri viventi sono gli assistenti al trono: due sono in mezzo al trono, cioè di lato al seggio, e due intorno al trono, cioè fuori dal baldacchino; sono posti come i vertici di un trapezio. I quattro esseri viventi, dalle varie sembianze, sono gli angeli preposti ad assistere i governi delle nazioni: quattro come i punti cardinali. Le loro sembianze simboleggiano gli elementi costitutivi di un governo: l'uomo (l'intelligenza), il leone (la forza), il vitello (la tenacia), l'aquila (la tempestività). Nei palazzi regali di Babilonia, alle porte, si trovavano delle sculture che avevano il corpo di leone, gli zoccoli di vitello,la testa di uomo e le ali di aquila: simboli costitutivi del potere. Gli occhi di cui sono costellati i quattro esseri viventi indicano la loro vigilanza sulle nazioni.
Le "sette fiaccole accese" simboleggiano i sette arcangeli (Tb 12,15) infiammati d'amore (Cf. Is 6,2).

L'Agnello riceve la rivelazione (5,1-14)
(5) 1 E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. 2 Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?". 3 Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. 4 Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo.
5 Uno degli anziani mi disse: "Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli". 6 Poi vidi, in mezzo al trono, circondato dai quattro esseri viventi e dagli anziani un Agnello, in piedi, come immolato; aveva sette corna e sette occhi, i quali sono i sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. 7 Giunse e prese il libro dalla destra di Colui che sedeva sul trono. 8 E quando l'ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, avendo ciascuno una cetra e coppe d'oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi, 9 e cantavano un canto nuovo:
 
"Tu sei degno di prendere il libro
e di aprirne i sigilli,
perché sei stato immolato
e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue
uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione
10 e hai fatto di loro, per il nostro Dio
un regno di sacerdoti,
e regneranno sopra la terra".
 

11 E vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia 12 e dicevano a gran voce:
 
"L'Agnello che fu immolato
è degno di ricevere potenza e ricchezza,
sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione".
 

13 Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano:
 
"A Colui che siede sul trono e all'Agnello
lode, onore, gloria e potenza,
nei secoli dei secoli".
 

14 E i quattro esseri viventi dicevano: "Amen". E i vegliardi si prostrarono in adorazione.


Il libro con sette sigilli contiene la rivelazione del futuro, con i decreti divini che lo segneranno. Un angelo a gran voce fa un proclama che non trova risposta, mettendo ciò in evidenza che solo l'Agnello può aprire il libro a forma di rotolo e aprirne i sigilli. Il messaggio della visione viene presentato nei termini comunicativi di un'azione liturgica. I 24 vegliardi, insieme ai 4 esseri viventi, si prostrano in adorazione di fronte all'Agnello. Sono nella gioia, nell'armonia del suono delle arpe, nell'implorazione per coloro che sono sulla terra, dei quali presentano le preghiere; ciò nel senso che le avvalorano presso Dio.
L'Agnello è presentato con sette corna e sette occhi. Le sette corna sono il segno della sua potenza che sovrasta ogni potenza della terra (17,12); i sette occhi sono il segno che nulla gli sfugge del cuore degli uomini e della storia. L'Agnello immolato è il Re conquistatore di tutta la terra perché è stato immolato: a lui il Padre ha dato ogni potere in cielo e in terra (Mt 27,18). “I sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra” sono i sette arcangeli (4,5) messi in connessione con “i sette occhi” perché essi vedono per partecipazione quanto vede l'Agnello, loro Re. Essi sono inviati su tutta la terra come esecutori dei comandi divini.

L'Agnello apre i sette sigilli: i primi quattro sigilli (6,1-8)

(6) 1 E vidi, quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, e udii il primo dei quattro esseri viventi che diceva con voce di tuono: "Vieni". 2 E vidi: ecco, un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; gli fu data una corona ed egli uscì vittorioso per vincere ancora.
3
Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che diceva: "Vieni". 4 Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra e di far sì che si sgozzassero a vicenda, e gli fu consegnata una grande spada.
5
Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che diceva: "Vieni". E vidi: ecco, un cavallo nero. Colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. 6 E udii come una voce in mezzo ai quattro esseri viventi, che diceva: "Una misura di grano per un danaro, e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano toccati".
7
Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: "Vieni". 8 E vidi: ecco, un cavallo verde. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli inferi lo seguivano. Fu dato loro potere sopra un quarto della terra, per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra.


I primi quattro sigilli vedono l'intervento dei quattro esseri viventi, i quali, capi vigili delle nazioni, danno via libera contro di esse a quattro cavalieri, personificazioni allegoriche di quattro flagelli: la guerra di frontiera, la guerra civile, la carestia, la pestilenza. I quattro cavalieri evocano i quattro carri tirati da cavalli descritti nel libro del profeta Zaccaria (6,1), significanti flagelli.
Il colore bianco del primo cavallo simboleggia la vittoria. L'arco richiama i Parti, che l'avevano come arma caratteristica della cavalleria. I Parti minacciarono più volte il mondo romano; essi ebbero una grande vittoria nel 62. I Parti simboleggiano tutti i popoli che attorniano l'impero romano. Il cavallo rosso indica sangue, sangue versato in lotte interne. La spada consegnata al cavaliere è il segno della vittoria di Dio (Cf.. Ez 21,8; 29,8; Is 27,1; 34,5), che avverrà nel reciproco uccidersi (Cf. Giud 7,22; I Sam 14,20). Il cavallo nero indica la carestia. La bilancia che ha in mano indica che tutto è posto sotto razionamento. La voce che esce di mezzo ai quattro esseri viventi è di Dio; è rivolta ai fedeli perché si preparino alla carestia (Cf. At 11,28). Il prezzo del grano è esorbitante: dodici volte quello che si aveva allora in Sicilia. Il cavalo verdastro porta il colore del cadavere in putrefazione: è la peste. La Morte e gli inferi sono personificati. La Morte miete vittime, gli inferi (20,14) le inghiotte. Gli inferi indicano la profondità della terra che afferra i cadaveri. (L'inferno come luogo di dannazione è detto nell'Apocalisse (20,10) "stagno di fuoco e zolfo", (20,1) "abisso").
Il potere dei quattro cavalieri si estende sulla quarta parte della terra. La quarta parte indica che vi è una gradualità nel dramma di morte che colpisce la terra.

Il quinto sigillo (6,9-11)
9 Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano resa. 10 E gridarono a gran voce:
 
"Fino a quando, Sovrano,
tu che sei santo e veritiero,
non farai giustizia
e non vendicherai il nostro sangue
contro gli abitanti della terra?".
 

11 Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro.


L'altare è qui, come in 14,18 e 16,7, quello degli olocausti; l'altare per antonomasia. In 8,3 e 9,13 sarà l'altare dei profumi. "Coloro che furono immolati" domandano non una vendetta di odio, ma di giustizia, di gloria per Dio; nel Vecchio Testamento si afferma che Dio vendicherà il sangue dei suoi servi (Cf. Dt 32,43; 2Re 9,7; Gl 4,21; Ps 79,10). La giustizia che i martiri chiedono non è repressione ingiusta, ma giusta, perché il loro sangue è stato versato e i nemici di Dio che li hanno messi a morte si sono ancor più induriti nel versarlo. Nella punizione c'è tuttavia un ultimo tentativo salvifico. Bisogna precisare che la vendetta consiste nella vittoria sul nemico, e la vittoria di Dio sta nel fatto che i martiri erediteranno la terra (Cf Lc 5,5). Gli empi che volevano estinguerli vedranno che i testimoni eroici di Cristo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello (12,11), mentre sono essi gli sconfitti.
Ai martiri viene detto di pazientare ancora un poco, perché Dio ha un suo luminosissimo disegno. La veste candida che essi ricevono è il segno della loro vittoria (3,5).

Il sesto sigillo (6,12-17)
12 E vidi, quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, 13 le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. 14 Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. 15 Allora i re della terra e i grandi, i comandanti, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; 16 e dicevano ai monti e alle rupi: “Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall'ira dell'Agnello, 17 perché è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?”.

Il sesto sigillo presenta in termini figurati il dramma della fine del mondo (Cf. Mt 24,29). Nel settimo sigillo si avrà pure la visione della fine del mondo, ma brevissimamente, nella figura di un fuoco che discende dal cielo; è il basta finale di Dio (Cf. Dt 32,22; Ger 15,14; 17,4; 21,12; Ez 21,36; 22,31; Sof 1,8; 3,8).
Il sole che diviene nero come un sacco di crine (il sacco di crine era veste di lutto) e la luna che diviene simile al sangue indicano che l'uomo sarà nella morte e nel lutto. Le stelle che cadono indicano sconvolgimenti siderei. Il cielo che si arrotola indica la fine dell'ordine attuale dell'universo (Cf. Is 40,22; 42,5; Ger 10,12; 51,15; Zc 12,1); un parallelo con Is 34,4: "Tutto l'esercito celeste si dissolve, i cieli si arrotolano come un libro, tutto il loro esercito cade come cade il pampino della vite, la foglia avvizzita dal fico".

Il sigillo del Dio vivente (7,1-8)
(7) 1 Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse vento sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2
E vidi salire dall'oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3 "Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio". 4 E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d'Israele:
 
5
dalla tribù di Giuda dodicimila segnati con il sigillo;
dalla tribù di Ruben dodicimila;
dalla tribù di Gad dodicimila;
6 dalla tribù di Aser dodicimila;
dalla tribù di Nèftali dodicimila;
dalla tribù di Manàsse dodicimila;

7
dalla tribù di Simeone dodicimila;
dalla tribù di Levi dodicimila;
dalla tribù di Issacar dodicimila;
8 dalla tribù di Zàbulon dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe dodicimila;
dalla tribù di Beniamino dodicimila segnati con il sigillo.
 

I quattro venti distruttori (Cf. Ger 49,36; Dn 7,2; Zc 6,5) che, secondo la concezione giudaica, erano presenti agli angoli della terra sono sul punto di essere lasciati liberi da quattro angeli che li trattengono.
Nel pensiero giudaico l'ordine cosmico rimaneva a vantaggio dell'uomo per l'intervento degli angeli: se gli angeli avessero cessato il loro compito ogni cosa avrebbe preso un equilibrio diverso e non provvidenziale per l'uomo. Un angelo che sale dall'oriente, cioè dal luogo della passione di Cristo, impedisce che i quattro angeli liberino i quattro venti. La ragione è che Dio vuole organizzare in un intenso amore alla croce le file dei suoi servi. Il segno del Dio vivente è il segno del Tau (Cf. Ez 9,4), cioè della croce, abbracciata con intenso amore. Il segno si incide per la volontà dei servi di Dio, illuminati dalla Parola di Dio, dallo Spirito Santo e anche dagli angeli.
I servi di Dio sono presenti in tutte le genti, viste secondo il quadro delle dodici tribù di Israele (Cf. Mt 19,28).
Coloro che ricevono il sigillo sono centoquarantaquattromila, numero che indica una moltitudine ordinata. Il numero è del tutto simbolico, derivato dal quadrato di 12, moltiplicato per mille (moltitudine).

Dall’elenco delle tribù manca quella di Dan, figlio di Giacobbe con la schiava Bila (Gen 35,25). La tribù viene sostituita da quella di Manasse, figlio di Giuseppe con l’egiziana Asenat (Gen 41,50). Efraim è il secondogenito figlio di Giuseppe con Asenat, ma la tribù di Efraim non è nominata venendo sostituita con quella di Giuseppe. Evidentemente Dan e Efraim avevano demeritato di essere nominate. Dan per la sua tendenza agli idoli (Gdc 18,1s.30s; 1Re 19,29; 2Re 10,29); Efraim per essere stata la tribù cardine del regno del Nord, poiché Geroboamo era un Efraimita (1Re 11,26), e la tribù, a partire da Geroboamo (1Re 12,28), non osservò la Legge del Signore (Ps 78,10; Os 7,11-13s), nonostante i richiami di Dio (Ger 31,20). Dan e Efraim erano tribù confinanti (Ger 4,15).
A Betel, facente parte del territorio di Efraim venne eretto da Geroboamo un vitello d’oro. A Dan, città appartenente alla tribù di Dan, Geroboamo eresse un secondo vitello d’oro.

Il primo elenco delle tribù, quello originale (Gen,23,26) riporta: Ruben [il primogenito di Giacobbe, ma per incesto con Bila (Gen 35,22), concubina di Giacobbe, perderà la preminenza di primogenito (49,3-4)], Simeone, Levi, Giuda, Dan, Neftali, Gad, Aser, Issacar, Zabulon, Giuseppe, Beniamino.
Nell’elenco del deserto (Num 10,11-28) al posto di Levi subentra Efraim e al posto di Giuseppe subentra Manasse. Così non è nominato Levi, perché non avrà un suo territorio (Dt 10,9), ma il compito di attendere al culto, e da questo avrà il suo sostentamento. Non si nomina Giuseppe, ma i suoi due figli avuti da Asenat e accolti come figli da Giacobbe (Gen 48,5).
Nell’elenco di Ezechiele (48,1-29 e 48, 30-35) si ha quello dell’origine. Di nuovo Levi al posto di Efraim e di nuovo Giuseppe al posto di Manasse.
Le novità dell’elenco di Giovanni sono due. Manca per la prima volta Dan, che appare in associazione alla mancanza di Efraim. La tribù di Giuda, sempre quarta negli elenchi precedenti, diventa la prima, poiché da essa procede Davide, e dalla stirpe di Davide, il Cristo, secondo la carne. Non si può fare nessun appunto sulla giustizia dell’elenco di Giovanni.

La moltitudine dei beati (7,9-17)
9 Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10 E gridavano a gran voce:
"La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello"
11
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo:
12 "Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen".
13
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: "Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?". 14 Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello. 15 Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.
 
16
Non avranno più fame né avranno più sete,
né li colpirà il sole né arsura alcuna,

17 perché l'Agnello, che sta in mezzo al trono
sarà il loro pastore
e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
E Dio tergerà ogni lacrima dai loro occh
i".
 

La moltitudine immensa che Giovanni vede è costituita dai salvati; sono quelli che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello. A questa moltitudine appartengono anche i giusti di altre religioni, salvi sempre per il sangue di Cristo. La loro preghiera di intercessione per gli uomini sulla terra è espressa nelle parole: "gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio". Servire Dio, è servire il suo disegno di salvezza per gli uomini. Il tempio è una figura rivolta ad esprimere l'esistenza del culto celeste.
Uno degli anziani fa una domanda a Giovanni, stupito della visione di quella moltitudine. Giovanni non tenta di rispondere, ma si pone subito sotto l'istruzione dell'anziano, che risulta ricchissima.
"Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda su di loro" (Cf. Is 4,6). Essi, risorti nell'ultimo giorno, non avranno più fame, né sete, né saranno colpiti dal sole, né da arsura di sorta. L'Agnello "che sta in mezzo al trono", e che perciò è Re, con amore infinito li guiderà alle "fonti delle acque della vita" (Cf. Ps 35,9), cioè alla beatitudine eterna nella gioia della risurrezione.

Il settimo sigillo (8,1-2)
(8) 1 Quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora.
2 E vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e a loro furono date sette trombe.

L'apertura del settimo sigillo è accompagnata da un silenzio di circa mezz'ora. Tale silenzio è il segno dell'assoluta riverenza dei beati e degli angeli per la decisione contenuta nel settimo sigillo.
Quando gli uomini crederanno di costruire il "giorno della terra", costruito sulla negazione di Dio, Dio attuerà il suo giorno. I sette angeli sono quelli rappresentati - come già visto - nelle sette fiaccole accese davanti al trono (4,5).

Un fuoco purificatore sulla terra (8,3-5)
3 Poi venne un altro angelo e si fermò all'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi, perché li offrisse, insieme con le preghiere di tutti i santi, sull'altare d'oro, posto davanti al trono. 4 E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio, insieme alle preghiere dei santi. 5 Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riempì del fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, rumori, fulmini e scosse di terremoto.

I santi domandano la conversione dei malvagi. Le loro preghiere si scontrano con la durezza del mondo e drammaticamente aumentano la responsabilità degli uomini (Cf. Rm 12,20). Il fatto che i carboni siano presi dall'altare dice - come in Ez 10,2 - che il fuoco, cioè i castighi, avranno un contenuto purificatore per la terra (Cf. Dt 32,43).
I profumi che vengono dati all'angelo indicano il culto celeste. Gli scoppi di tuono, i rumori degli scontri, i fulmini, le scosse di terremoto, sono segni simbolici che indicano la potenza della decisione di Dio e la sconfitta dei suoi nemici. E' la sintesi delle calamità del settimo sigillo.

Le prime quattro trombe (8,6-13)
6 I sette angeli, che avevano le sette trombe, si accinsero a suonarle.
7
Il primo suonò la tromba: grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra andò bruciato, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde andò bruciata.
8
Il secondo angelo suonò la tromba: qualcosa come una grande montagna, tutta infuocata, fu scagliato nel mare. Un terzo del mare divenne sangue, 9 un terzo delle creature che vivono nel mare morì e un terzo delle navi andò distrutto.
10
Il terzo angelo suonò la tromba: cadde dal cielo una grande stella, ardente come una fiaccola, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. 11 La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono a causa di quelle acque, che erano divenute amare.
12
Il quarto angelo suonò la tromba: un terzo del sole, un terzo della luna e un terzo degli astri fu colpito e così si oscurò un terzo degli astri; il giorno perse un terzo della sua luce e la notte ugualmente.
13
E vidi e udii un'aquila, che volava nell'alto del cielo e che gridava a gran voce: "Guai, guai, guai agli abitanti della terra, al suono degli ultimi squilli di tromba che i tre angeli stanno per suonare!".


Le trombe sono il segno della gloria e della potenza degli interventi sconvolgenti di Dio (Cf. Ps 47,6; Zc 9,14; Ger 4,5; 4,19; 6,1; Os 5,8). I castighi sono annunciati con un linguaggio figurativo senza apparente aggancio con la realtà. Tutto si svolge come un'azione liturgica. Si ha un interessante parallelo con l'azione liturgica della distruzione di Gerico (Gs 6,1s).
Al suono della prima tromba si ha una tempesta di grandine e di fuoco mescolati a sangue. Si può pensare ad un grandinare di ordigni che portano distruzione (fuoco) e morte (sangue). Il furore di tale grandine è tanto grande che un terzo della terra viene arso, un terzo degli alberi viene bruciato, così come ogni erba.
Al suono della seconda tromba si ha una massa infuocata scagliata nel mare. Un terzo del mare diviene sangue. La massa infuocata indica l'odio distruttore tra le nazioni. Il pesce che muore indica la portata lugubre, che intacca la natura, delle inimicizie tra gli uomini.
Al suono della terza tromba una grande stella, chiamata Assenzio, rende inquinato un terzo dei fiumi e le sorgenti. Assenzio è il nome di una pianta dal sapore amarissimo (Cf. Ger 9,14; 23.15). L'odio a Dio, innalzato a stella polare, ricade sugli uomini avvelenandone la vita.
Al suono della quarta tromba si ha la diminuzione di un terzo della luce, sia nel giorno che nella notte. Tale terzo di luce in meno è relativo ai valori morali che si dissolvono.
L'aquila è un angelo dalle sembianze generali uguali a quelle del quarto essere vivente. In diversi manoscritti è stata ratificata dall'amanuense questa identificazione, non parlando di aquila, ma di angelo.

La quinta tromba (9,1-12)
(9) 1 Il quinto angelo suonò la tromba: vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell'Abisso; 2 egli aprì il pozzo dell'Abisso e dal pozzo salì un fumo come il fumo di una grande fornace, e oscurò il sole e l'atmosfera. 3 Dal fumo uscirono cavallette, che si sparsero sulla terra, e fu dato loro un potere pari a quello degli scorpioni della terra. 4 E fu detto loro di non danneggiare l'erba della terra, né gli arbusti né gli alberi, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. 5 E fu concesso loro non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi, e il loro tormento è come il tormento provocato dallo scorpione quando punge un uomo. 6 In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte fuggirà da loro.
7
Queste cavallette avevano l'aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d'oro e il loro aspetto era come quello degli uomini. 8 Avevano capelli come capelli di donne, e i loro denti erano come quelli dei leoni. 9 Avevano il torace simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all'assalto. 10 Avevano code come gli scorpioni e aculei. Nelle loro code c'era il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi. 11 Il loro re era l'angelo dell'Abisso, che in ebraico si chiama Abaddon, in greco Sterminatore. 12 Il primo "guai" è passato. Dopo queste cose, ecco, vengono ancora due "guai".


Al suono della quinta tromba si ha un astro caduto dal cielo sulla terra; questo astro è l'anticristo. Non è assolutamente Satana, perché Satana non può aprire "il pozzo" per liberarsi; occorre il peccato di qualcuno, di molti e molti per farlo uscire, cioè per dargli spazio sulla terra, i poteri dei rei della terra. Uscirà per l'azione dell'anticristo, che trascinerà nei peccati più bui molti e molti. L'astro caduto ci porta a pensare alla caduta di una persona in alto.
Dall'Abisso esce il re dell'Abisso: Satana e una moltitudine di demoni raffigurati con forme ripugnanti e feroci.
L'azione dei demoni porta gli uomini alla disperazione fino ad invocare la morte.
I demoni hanno il potere di colpire con il loro veleno per cinque mesi; tale tempo metaforico è datato sul tempo di vita di una cavalletta. Le corone che sembrano d'oro, e non lo sono, indicano la vacuità del potere dei demoni.

La sesta tromba (9,13-21)
13 Il sesto angelo suonò la tromba: udii una voce dai lati dell'altare d'oro che si trova dinanzi a Dio. 14 Diceva al sesto angelo, che aveva la tromba: "Libera i quattro angeli incatenati sul grande fiume Eufrate". 15 Furono liberati i quattro angeli, pronti per l'ora, il giorno, il mese e l'anno, al fine di sterminare un terzo dell'umanità. 16 Il numero delle truppe di cavalleria era duecento milioni; ne intesi il numero. 17 E così vidi nella visione i cavalli e i loro cavalieri: questi avevano corazze di fuoco, di giacinto, di zolfo; le teste dei cavalli erano come teste di leoni e dalla loro bocca uscivano fuoco, fumo e zolfo. 18 Da questo triplice flagello, dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che uscivano dalla loro bocca, fu ucciso un terzo dell'umanità. 19 La potenza dei cavalli infatti sta nella loro bocca e nelle loro code, perché le loro code sono simili a serpenti, hanno teste e con esse fanno del male.
20
Il resto dell'umanità, che non fu uccisa a causa di questi flagelli, non si convertì dalle opere delle sue mani; non cessò di prestare culto ai demòni e agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; 21 e non si convertì dagli omicidi, né dalle stregonerie, né dalla prostituzione, né alle ruberie.


Con il suono della sesta tromba viene data libertà a quattro esseri angelici incatenati sull'Eufrate: sono quattro demoni che hanno preparato una terribile macchina da guerra da lanciare nel mondo. Ma, nonostante che gli uomini siano colpiti dai tre flagelli (fuoco, fumo, zolfo), non cessa il male sulla terra. Si prepara così la tremenda catastrofe segnata dalle sette coppe colme dell'ira di Dio.

I sette tuoni (10,1-7) 
(10) 1 E vidi un altro angelo, possente, discendere dal cielo, avvolto in una nube; l'arcobaleno era sul suo capo e il suo volto era come il sole e le sue gambe come colonne di fuoco. 2 Nella mano teneva un piccolo libro aperto. Avendo posto il piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, 3 gridò a gran voce come leone che ruggisce. E quando ebbe gridato, i sette tuoni fecero udire la loro voce. 4 Dopo che i sette tuoni ebbero fatto udire la loro voce, io ero pronto a scrivere, quando udii una voce dal cielo che diceva: "Metti sotto sigillo quello che hanno detto i sette tuoni e non scriverlo".
5
Allora l'angelo, che avevo visto con un piede sul mare e un piede sulla terra, alzò la destra verso il cielo 6 e giurò per Colui che vive nei secoli dei secoli, che ha creato cielo, terra, mare, e quanto è in essi: "Non vi sarà più tempo! 7 Nei giorni in cui il settimo angelo farà udire la sua voce e suonerà la tromba, allora si compirà il mistero di Dio, come egli aveva annunziato ai suoi servi, i profeti".


I sette tuoni coincidono con i sette angeli del trono. Il termine “tuoni” deriva dal fatto che essi esprimono le sentenze di Dio.
Le parole dei sette tuoni si riferiscono ad eventi catastrofici futuri, che vanno collegati ai sette flagelli della settima tromba. A Giovanni viene rivelato dai sette tuoni il significato sottostante alle figurazioni dei sette flagelli. Una voce dal cielo gli dice di non scrivere quanto hanno detto i sette tuoni; gli uomini non saprebbero portarne il peso.
L'angelo possente che discende dal cielo e che pone il piede destro sul mare e il sinistro sul continente compie un gesto di dichiarazione di sovranità: ogni cosa è sotto l'impero di Dio.
Il piccolo libro aperto richiama quello di Ezechiele (2,8; 3,3). L'angelo alza la mano verso il cielo in atto di giuramento. Egli dice che non vi sarà più indugio nella sconfitta dei nemici di Dio (Cf. Dt 32,40).

Il libro ingoiato (10,8-11)
8 Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: "Và, prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta in piedi sul mare e sulla terra". 9 Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: "Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». 10 Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza. 11 Allora mi fu detto: "Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re".

Il libro è dolce perché annunzia il trionfo della Chiesa, ma è anche amaro perché ne annunzia pure le sofferenze.

I due testimoni (11,1-13)
(11) 1 Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: "Alzati e misura il tempio di Dio e l'altare e il numero di quelli che in esso stanno adorando. 2 Ma l'atrio, che è fuori dal tempio, lascialo da parte e non lo misurare, perché è stato dato in balìa dei pagani, i quali calpesteranno la città santa per quarantadue mesi. 3 Ma farò in modo che i miei due testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni". 4 Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno davanti al Signore della terra. 5 Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla loro bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di fare loro del male. 6 Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche potere di cambiar l'acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli, tutte le volte che lo vorranno. 7 E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall'abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. 8 I loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il loro Signore fu crocifisso. 9 Uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedono i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permettono che i loro cadaveri vengano deposti in un sepolcro.
10 Gli abitanti della terra fanno festa su di loro, si rallegrano e si scambiano doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra.
11 Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita che veniva da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. 12 Allora udirono un grido possente dal cielo che diceva loro: "Salite quassù" e salirono al cielo in una nube, mentre i loro nemici li guardavano. 13 In quello stesso momento ci fu un grande terremoto, che fece crollare un decimo della città: perirono in quel terremoto settemila persone; i superstiti, presi da terrore, davano gloria al Dio del cielo.
14 Il secondo “guai” è passato; ed ecco viene subito il terzo "guai".


Il tempio non è quello di Erode - quello del tempo di Gesù -, poiché distrutto nel 70 insieme a Gerusalemme. Il tempio di Erode aveva quattro cortili, mentre qui si ha un solo cortile, che resta fuori della misurazione. Il tempio visto da Giovanni è un tempio simbolico; un simbolo della Chiesa. La Chiesa è presentata nel suo nucleo di popolo che ha per centro l'altare.
La città santa è la nuova Gerusalemme (3,12), cioè la civitas cristiana, sarà calpestata per tre anni e mezzo (42 mesi), tempo simbolico di una persecuzione. Sette è simbolicamente il numero della totalità, per cui la metà dice che la persecuzione non raggiungerà la pienezza e quindi la vittoria (Cf. Dn 7,25).
L'immagine che si presenta a Giovanni è quella di una Chiesa in sola difensiva, ma, ecco, che "i due testimoni" predicheranno per tutto il tempo della persecuzione. (Fino al versetto 3 chi parla è Cristo; dal versetto 4 fino al 10 è l'angelo accompagnatore).
Circa i due testimoni può aiutare il testo di Zaccaria (cap. 4), dove i "due olivi" sono Giosuè e Zorobabele. Entrambi si adoperarono per il risveglio religioso di Israele. Si valuta spesso un confronto con Mosè e Elia (Cf. Mt 17,1s) sulla scorta dei tratti delle loro azioni (Mosè come persona è però fuori campo perché morto). La maggior parte dei padri (Tertulliano, san Gerolamo, ecc.) e degli interpreti pensa a Enoch e Elia, entrambi rapiti, provvisoriamente, in cielo, e quindi suscettibili di una missione - quella di arginare l’azione dell’Anticristo - che include il martirio (Ml 3,23; Gn 5,24; Sir 44,16; Mt 17,11; Eb 11,5). Comunque, sopra ogni considerazione, i due testimoni sono certamente figura di tutti coloro che si adoperano e si adopereranno per portare il mondo a Cristo, "Il dominatore di tutta la terra".
I due testimoni sono vestiti di sacco perché penitenti. Sono due olivi perché con l'olio della loro carità consacrano e riconsacrano continuamente il mondo a Dio. Sono due candelabri perché illuminano il mondo con la luce della verità.
Se gli uomini volessero far loro del male avrebbero la peggio, infatti Dio porrà come un fuoco sulla loro bocca (Cf. Ger 4,14; Os 6,5). Tale fuoco è un'ardente testimonianza contro ogni intimidazione. I martiri avevano parole di ardente testimonianza che causavano conversioni e quindi indebolimento dei nemici di Cristo. I due testimoni non invocano calamità sulla terra, ma tutte le volte che si troveranno di fronte a potenti della terra nemici di Dio la loro testimonianza ardente non sarà senza effetto: o produrrà la conversione o produrrà l'indurimento cieco. Sarà l'indurimento cieco, come già avvenne per il faraone, a determinare i castighi. Ciò accadrà tutte le volte che lo vorranno, cioè tutte le volte che saranno pronti a dare la vita per testimoniare Gesù Cristo.
La bestia che sale dall'Abisso è quella sulla quale siederà, assurdamente trionfante, la meretrice, cioè la grande città: Babilonia.
I due testimoni saranno uccisi e i loro cadaveri rimarranno esposti nella piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sodoma ed Egitto. Sodoma per l'enormità dei suoi peccati; Egitto perché oppressiva del popolo di Dio. La grande città è Babilonia la grande (17,5), è la città globale, risultante dall’unione nel male delle città della Terra. 
Un "soffio di vita procedente da Dio" fa rialzare i due testimoni uccisi. Tale soffio di vita è soffio di vita eterna (Spirito Santo), che eleva le loro anime a vedere Dio così come egli è. Il loro salire al cielo è il segno della loro vittoria. Essi vivono la "prima risurrezione", come si dirà in 20,5; in attesa della risurrezione gloriosa del corpo al ritorno di Cristo.
Gli uomini che li hanno uccisi non sfuggono alla punizione divina: il grande terremoto è il segno di uno sconvolgimento delle strutture della città piena di peccato.
Gli uomini colpiti hanno un moto di orientamento a Dio quale Ente supremo, ma non si aprono a Cristo, Signore della Terra.
In 16,19 per la grande città giungerà la rovina totale.

La settima tromba (11,14-19)
15 Il settimo angelo suonò la tromba e nel cielo echeggiarono voci potenti che dicevano:
 
"Il regno del mondo
appartiene al Signore nostro e al suo Cristo:
egli regnerà nei secoli dei secoli".
 

"16 Allora i ventiquattro anziani, seduti sui loro seggi al cospetto di Dio, si prostrarono faccia a terra e adorarono Dio dicendo:
 
17
“Noi ti rendiamo grazie,
Signore Dio onnipotente,
che sei e che eri,

18
perché hai preso in mano la tua grande potenza
e hai instaurato il tuo regno.
Le genti fremettero,
ma è giunta la tua ira,
il tempo di giudicare i morti,
di dare la ricompensa
ai tuoi servi, i profeti, e ai santi,
e a quanti temono il tuo nome,
piccoli e grandi,
e di annientare coloro
che distruggono la terra”
 

19
Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l'arca della sua alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.


Al suono della settima tromba echeggiano nel cielo voci che proclamano che “il regno del mondo” appartiene al Signore e al suo Cristo e che egli regnerà nei secoli dei secoli.
I 24 anziani si prostrano in adorazione davanti al trono di Dio e rendono grazie a Dio che ha instaurato il suo regno con la presenza della Chiesa.
Le genti chiuse a Dio, fremono (Cf. Ps 2) e cercano di fermare l'opera di Cristo.
"Il tempo di giudicare i morti", cioè il tempo del rendiconto dei morti nell'anima mediante la loro sconfitta sulla terra.
"Di dare la ricompensa ai tuoi servi, ai profeti e ai santi e a quanti temono il tuo nome"; la ricompensa sta nel vedere il trionfo di Cristo sulla terra.
Dopo che i 24 anziani hanno proclamato l'ora dell'ira il tempio di Dio nel cielo, cioè il luogo del trono, si apre e appare dinanzi agli anziani l'Arca dell'alleanza.
Nella liturgia celeste vista da Giovanni viene presentato il modello celeste della tenda del convegno, l’altare dei profumi, l’Arca. Tutto ciò è assunto simbolicamente nel significato dell’eterna liturgia del cielo.
Il modello dell’Arca era stato presentato in visione a Mosè (Es 25,9). Ora è significante la nuova ed eterna alleanza attuata da Cristo.
I tuoni, le folgori, il terremoto, la grandine presentano in sintesi, come già in (8,5) per le sei trombe, le calamità che accadranno dopo la settima tromba.

La donna vestita di sole (12,1-6)
(12) 1 Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. 2 Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. 3 Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4 la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. 5 Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. 6 La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.

La donna è la Chiesa. L'attribuzione a Maria è solo un'applicazione in quanto Maria è tipo della Chiesa.
La Chiesa è rivestita di sole perché è luce del mondo; poggia sulla luna perché è sempre salda nel mutare dei tempi. La corona di dodici stelle dice che possiede un potere spirituale che si estende a tutte le genti; le dodici stelle rimandano alle dodici tribù indicanti tutte le genti.
Essa è incinta e sta per dare alla luce, nel dolore delle tribolazioni datele dal mondo, un figlio maschio (Cf. Is 66,78). Tale figlio è il segno di nascenti vocazioni sacerdotali che la Chiesa genera per mezzo della consacrazione sacerdotale dopo averle formate nel suo seno, nella sua dottrina di vita e nelle sue virtù. Il figlio maschio è presentato vincitore, "destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro" (2,7). Viene detto in tal modo che la Chiesa è indefettibile. Satana, il faraone infernale, vorrebbe estinguere le vocazioni sacerdotali ma non lo potrà. Il drago trascina a terra con la sua coda un terzo delle stelle del cielo. Le stelle rimandano al sacerdozio (Cf. 1,20). Si tratta dell'appiattimento di molti sacerdoti. Il numero di un terzo dice però che l'azione di Satana risulta limitata.
Il drago ha sette teste, che possono corrispondere ai sette vizi capitali, mediante i quali il drago corrompe la terra. Le sette corna indicano il suo potere sulla terra, potere che gli uomini gli hanno voluto consegnare. Il colore rosso indica il suo fare omicida. Egli è alto nel cielo perché sta tentando una "scalata" ad esso, per presentarsi uguale a Dio, vincitore di Dio.
La donna dopo aver dato alla luce il figlio maschio fugge nel deserto. Il richiamo all'uscita dall'Egitto, alla lotta contro il faraone, alla sua azione per uccidere i figli maschi di Israele e l'andare nel deserto come luogo di purificazione e di libertà dall'Egitto, è evidente.

Il drago precipitato a terra (12,7-12)
7 Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, 8 ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. 9 E il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. 10 Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
 
"Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo,
poiché è stato precipitato
l'accusatore dei nostri fratelli,
colui che li accusava davanti al nostro Dio
giorno e notte.
11 Ma essi lo hanno vinto
grazie al sangue dell'Agnello
e alla parola della loro testimonianza,
e non hanno amato la loro vita
fino a morire.
12 Esultate, dunque, o cieli,
e voi che abitate in essi.
Ma guai a voi, terra e mare,
perché il diavolo è disceso sopra di voi
pieno di grande furore,
sapendo che gli resta poco tempo".
 

I padri della chiesa hanno utilizzato questa visione per parlare di quello che accadde all'inizio, quando Satana si ribellò a Dio e Michele con i suoi angeli lo precipitò nell'Abisso insieme agli angeli ribelli. La battaglia tuttavia non si esaurì allora, infatti Satana è "accusatore dei nostri fratelli", e tale accusa non la poteva fare all'inizio per la sola ragione che l'uomo non esisteva ancora. Così, il picco della battaglia si ha nel tempo del settimo sigillo (Cf. Dn 12,1).
Satana agisce con un'accusa incessante davanti a Dio per avere poi il permesso di mettere i credenti a dure prove (Cf. Gb 1,6s; Zc 3,1s; Lc 22,31), ma essi risultano più che vincitori in virtù del sangue di Cristo e in virtù del fatto che essi non sono vili di fronte alle prove, anche di fronte alla morte. “Non hanno amato la loro vita fino a morire”, il cristiano ama la vita perché è dono di Dio, ma è pronto a darla quando si tratta di testimoniare la Vita di fronte alla morte. In questo sta l’olocausto, poiché se offrissero qualcosa che disprezzano allora solo si sbarazzerebbero di quel qualcosa e non ci sarebbe offerta gradita a Dio (Cf. Eb 10,6; Ps 39/40,7). Le parole di Gesù (Gv 12,25): “Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”, non sono in contraddizione con questo perché Gesù parla di attaccamento alla propria vita, in una sottrazione alla sua intrinseca verità, che è quella di procedere da Dio come dono, e di tendere a Dio. La vita è dono, e come tale va amata, ma se il dono viene rubato dalla mano di Dio, allora l’amore alla vita diventa amore disordinato e il dono viene profanato, perché speso secondo il mondo. Il dono della vita, non essendo così conservato, non avrà il dono della “vita eterna”, che è eterna comunione di vita con Dio. “Chi odia”, “odiare” è un semitismo che significa “amare di meno; non attaccamento” (Cf. Dt 21,15).

Il fiume delle persecuzioni (12,13-18)
13 Quando il drago si vide precipitato sulla terra, si mise a perseguitare la donna che aveva partorito il figlio maschio. 14 Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, perché volasse nel deserto verso il proprio rifugio, dove viene nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo, lontano dal serpente. 15 Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. 16 Ma la terra venne in soccorso alla donna: aprì la sua bocca e inghiottì il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. 17 Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. 18 E si appostò sulla spiaggia del mare.

La donna riceve ali per volare nel rifugio preparatole da Dio nel deserto. Le ali riportano al testo di Es 19,4.
Il tempo di permanenza nel deserto è di un tempo, di due tempi e la metà di un tempo, che è - come visto - il tempo simbolico di una persecuzione.
Il drago vomita contro la Chiesa le persecuzioni per sfaldarne l'unità e fermarla nel suo ingresso nella "terra promessa", nella sua missione di attuare la civiltà dell'amore. L'immagine della terra che inghiottisce il fiume riporta all'episodio dove terminò l'azione disgregatrice di Datan (Cf. Nm 16,31; 26,9; Dt 11,6).
Satana, visto che non può disgregare la Chiesa nella sua unità gerarchica, scatena il suo attacco contro "il resto della sua discendenza", cioè i fedeli. Si apposta quindi sulla spiaggia del mare, che simboleggia le moltitudini fluttuanti.

La bestia salita dal mare (13,1-10)
(13) 1 E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. 2 La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e il suo grande potere. 3 Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita.
Allora la terra intera, presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia 4 e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia, e adorarono la bestia dicendo: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?".
5 Alla bestia fu data una bocca per proferire parole d'orgoglio e bestemmie, con il potere di agire per quarantadue mesi. 6 Essa aprì la bocca per proferire bestemmie contro Dio, per bestemmiare il suo nome e la sua dimora, contro tutti quelli che abitano in cielo. 7 Le fu concesso di far guerra contro i santi e di vincerli; le fu dato potere sopra ogni tribù, popolo, lingua e nazione. 8 La adoreranno tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita dell'Agnello, immolato fin dalla fondazione del mondo.
 
9
Chi ha orecchi, ascolti:
10 Colui che deve andare in prigionia,
vada in prigionia;
colui che deve essere ucciso
di spada di spada sia ucciso.
In questo sta la perseveranza e la fede dei santi.
 

La bestia che emerge dal mare riceve ogni potere dal drago. Essa ha i connotati generali del drago, e sarà ancora presentata in 17,3-11. Nella bestia si deve identificare un demonio colpito nella battaglia con Michele.
La bestia ottiene l'ammirazione della terra. La sua azione spinge gli uomini alla sete del potere, dell'avere e del senso, in una ingordigia incessante.
La sua seduzione è vittoriosa e riceve l'omaggio delle genti, che diranno: "Chi è simile alla bestia e chi può combattere contro di essa?". la bestia struttura così un potere terreno pieno di arroganza blasfema. Alla bestia "fu data una bocca". L'identificazione di questa "bocca" passa attraverso il libro del profeta Daniele (7,8): "Stavo osservando queste corna, quand'ecco spuntare in mezzo a quelle un altro corno più piccolo, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte: vidi che quel corno aveva occhi simili a quelli di un uomo e una bocca che parlava con alterigia". La "bocca" data alla bestia raffigura un uomo, e ciò ha conferma nel fatto che la bestia ha "un nome d'uomo" (13,18); inoltre in 17,20 viene detto che una delle teste è un re, che durerà poco: il re di un'ora. Così la "bocca" data alla bestia indica il falso profeta, l'anticristo. Egli sarà immedesimato nella bestia fino a formare con lei un binomio. L'anticristo proferirà parole di orgoglio e bestemmie. Avrà il potere di agire per 42 mesi, cioè tre anni e mezzo, secondo il consueto computo simbolico. Egli combatterà i santi usando dei poteri della bestia e giungerà ad essere adorato, dopo che le genti avranno adorato il drago e la bestia. Chi adorerà il trio infernale sono gli abitanti della terra "il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato". Per comprendere l'immagine del “libro della vita” bisogna sapere che esiste una predestinazione alla grazia: a questa sono tutti chiamati (Cf. Ef 1,14), ed esiste una predestinazione alla gloria che appartiene a tutti quelli che sono in stato di grazia, che perseverano in Cristo (Cf. Rm 8,17). Dio conosce "ab aeterno" quelli che accoglieranno la grazia e quelli che vi persevereranno fino alla fine. Dio conosce quello che l'uomo liberamente farà.
L'Agnello è detto immolato fin dalla fondazione del mondo perché la salvezza di Cristo ha agito sugli uomini fin dalla fondazione del mondo, in vista del compimento concreto dell'immolazione. Ma Cristo è anche “ab aeterno” l'Agnello immolato, perché da tutta l'eternità il Padre ha deciso il suo sacrificio salvatore. "In questo sta la perseveranza e la fede dei santi": il riconoscimento della volontà di Dio è la forza del martire, la sua perseveranza nella preghiera.

La bestia salita dalla terra (13,11-18)
11 E vidi salire dalla terra un'altra bestia che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, ma parlava come un drago. 12 Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. 13 Opera grandi prodigi, fino a far scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. 14 Per mezzo di questi prodigi, che le fu concesso di compiere in presenza della bestia, seduce gli abitanti della terra, dicendo loro di erigere una statua alla bestia, che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. 15 Le fu anche concesso di animare la statua della bestia, in modo che quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non avessero adorato la statua della bestia. 16 Essa fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra e sulla fronte, 17 e che nessuno possa comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. 18 Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: è infatti un numero di uomo, e il suo numero è seicentosessantasei.

Un'altra bestia sale dalla terra, questa volta. La terra significa simbolicamente la civiltà, il progresso, il dominio dell'uomo sulle cose. Questa bestia è un altro demonio; il suo agire non è violento come quello della prima bestia salita dal mare, ma suadente, apparentemente innocuo. In realtà è un'azione micidiale, infatti "parlava come un drago". Questa bestia spinge gli uomini ad adorare la prima bestia. Il suo operare è quello di far credere agli uomini che in nulla hanno bisogno di Dio, perché essi sono dio. Così dà loro la possibilità di fare prodigi menzogneri, simulanti miracoli. L'azione della bestia spinge gli uomini allo scientismo, fa loro credere di essere onnipotenti e di poter essere onniscienti. Essi perciò possono costruire un paradiso terrestre, dove non ci sia il minimo segno di Dio. L'anticristo si rivestirà di tutti i prodigi della bestia dalle corna di agnello, che troverà in lui il massimo aderente tanto che oltre che re, come viene designato in 17,10, verrà chiamato “falso profeta” (19,20). Per questi poteri, che la bestia dalle corna di agnello, gli darà sarà sempre immedesimato nella prima bestia con il sogno di essere il re della terra, ma lo sarà solo per un'ora (17,12).
La statua, che la seconda bestia fa erigere alla prima, non è un idolo di pietra, ma un idolo-struttura, un idolo-progetto: quello di un paradiso fondato sulla negazione della Verità. La statua si anima perché il progetto prende avvio e detta legge, con il risultato che chiunque si oppone a quel progetto è considerato un nemico da eliminare. I cristiani di conseguenza vengono emarginati, osteggiati, odiati. Potrà comperare e vendere solo chi ha il marchio del nome o del numero della bestia (Diocleziano fece un editto del genere dove si proibiva ai cristiani di vendere o di comperare, se prima non avessero sacrificato agli dei).
Sul numero della bestia si è discusso moltissimo. Senz'altro va escluso il valore numerico delle lettere ebraiche, perché le sette chiese d'Asia erano di lingua greca; inoltre va esclusa l'idea di cercare un nome e un cognome, perché ciò sarebbe estraneo al diffuso simbolismo dell'Apocalisse. Tra le varie soluzioni c'è questa: utilizzare il termine apostata. Questo termine definisce bene l'identità dell'anticristo. Egli sarà l'apostasia perché apostaterà da ogni verità.

L'Agnello ritto sul monte Sion (14,1-5)
(14) 1 E vidi: ecco l'Agnello in piedi sul monte Sion e insieme a lui centoquarantaquattromila persone, che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. 2 E udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di cetra che si accompagnano nel canto con le loro cetre. 3 Essi cantano come un canto nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e agli anziani. E nessuno poteva comprendere quel canto se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. 4 Sono coloro che non si sono contaminati con donne; sono vergini, infatti, e seguono l'Agnello dovunque vada. Questi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello. 5 Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia.

L'Agnello è sul monte Sion in affermazione di vittoria: le genti si possono agitare e congiurare contro di lui, ma lo faranno invano (Cf. Ps 2,2). Le genti si sono anche impadronite di Sion, distruggendo Gerusalemme e il tempio, ma il monte Sion rimane intatto nella luce della storia della salvezza, poiché luogo di Cristo. Luogo dove l’Agnello ha vinto le potenze delle tenebre e del mondo.
Con l'Agnello sono presenti centoquarantaquattromila persone che recano sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo: essi sono dei beati, la celeste corte d'onore dell'Agnello, che lo segue dovunque egli va. Il "seguire" ha il significato di essere partecipi in modo speciale delle azioni dell'Agnello. Essi non sono i “centoquarantaquattromila segnati” del capitolo 7, che sono presenti ancora sulla terra. Ancora - ovviamente - il numero è simbolico.
La "voce" che scende dal cielo è un canto nuovo; canto nuovo, di vittoria, poiché l'Agnello è in procinto di affermare la sua regalità su tutte le nazioni della terra. Nessuno può comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, e ciò perché essi si sono consacrati a Cristo con un amore indiviso: sono vergini. La spiegazione dell'espressione "contaminati con donne" passa attraverso la visione veterotestamentaria, secondo la quale il rapporto sessuale faceva contrarre un'impurità che rimaneva fino a sera (Lv 15,18). "Comprendere" il canto è relativo alla possibilità di ripeterlo con la stessa intensità interiore.

Gli angeli invitano gli uomini a sottrarsi all'azione del male (14,6-13) br 6 E vidi un altro angelo che, volando nell'alto del cielo, recava un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, tribù, lingua e popolo. 7 Egli diceva a gran voce:
 
"Temete Dio e dategli gloria,
perché è giunta l'ora del suo giudizio.
Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e le sorgenti delle acque".
 

8 E un altro angelo, il secondo, lo seguì dicendo: "E' caduta, è caduta Babilonia la grande, quella che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino della sua sfrenata prostituzione". 9 E un altro angelo, il terzo, li seguì dicendo a gran voce: "Chiunque adora la bestia e la sua statua, e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, 10 anch'egli berrà il vino dell'ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. 11 Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome". 12 Qui sta la perseveranza dei santi, che custodiscono i comandamenti di Dio e la fede in Gesù.
13
Poi udii una voce dal cielo che diceva: "Scrivi: d'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Sì - dice lo Spirito -, essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono".


I tre angeli che si susseguono portano tre messaggi. Il primo è rivolto contro l'azione del drago. Dice di temere Dio perché lui è il creatore del cielo e della terra. Il secondo è rivolto contro l'azione della bestia che è salita dal mare e che vuole costruire il potere di Babilonia, ma la fine di Babilonia è già segnata come afferma l'angelo: "e' caduta"; e anche la bestia è già sconfitta: "era e non è più" (17,8). Il terzo angelo ha un messaggio contro la bestia che è salita dalla terra e che spinge al culto della prima. Chi adora la bestia e la sua statua sarà sconfitto: "berrà il vino dell'ira di Dio, che è versato puro nella coppa della sua ira, e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello". Al "cospetto" non nel senso di una localizzazione, ma nel senso che saranno consapevoli del bene infinito che hanno perso per sempre.
"D'ora in poi, beati i morti che muoiono nel Signore. Si - dice lo Spirito – essi riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono"; le opere li seguono nel senso che esse sono la base della lode eterna ricevuta da Dio (Cf. 2Cor 5,10; Rm 2,6).

La messe e la vendemmia delle genti (14,14-20)
14 E vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d'uomo: aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata. 15 Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: "Getta la tua falce e mieti; è giunta l'ora di mietere, perché la messe della terra è matura". 16 Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. 17 Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch'egli una falce affilata. 18 Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall'altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: "Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature". 19 L'angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. 20 Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì sangue fino al morso dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi.

Gli uomini che si ribellano a Dio credono di essersi sottratti alla potestà di Cristo, ma questa resta ed è pronta a chiamare al rendiconto le genti: in cielo tutti affermano che è giunto il tempo della "mietitura" e della "vendemmia" (Cf. Gl 4,13). Le falci gettate sulla terra determinano il falciarsi degli uomini: gli uomini diventano preda della loro iniquità.
Cristo è presentato su una nube bianca, quale sovrano giudice.
Il tempio dal quale escono i due angeli è quello che contiene la Tenda della testimonianza (15,5).
Il tino viene pigiato fuori della città che è detta Sodoma ed Egitto. La pigiatura raffigura la sentenza di eterna condanna, mentre la vendemmia è la morte. Il risultato della pigiatura è un orrendo dilagare di sangue. Il numero 1600 stadi è simbolico: 4x4 (numero cosmico) x 100 (grande quantità). Per gli empi non si ha la prima risurrezione (11,11; 20,5), ma la condanna.
Lo straripamento di sangue dal tino è misurato in riferimento al morso dei cavalli degli eserciti del cielo (19,14) che presenziano alla condanna.

Il cantico di Mosè e dell'Agnello (15,1-4)
(15) 1 E vidi nel cielo un altro segno, grande e meraviglioso: sette angeli che avevano sette flagelli; gli ultimi, poiché con essi è compiuta l'ira di Dio.
2 Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco; coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo. Hanno cetre divine e 3 cantano il canto di Mosè, il servo di Dio, e il canto dell'Agnello:
 
"Grandi e mirabili sono le tue opere,
o Signore Dio onnipotente;
giuste e vere le tue vie,
Re delle genti!
4 O Signore, chi non temerà
e non darà gloria al tuo nome?
Poiché tu solo sei santo,
e tutte le genti verranno
e si prostreranno davanti a te,
perché i tuoi giudizi furono manifestati
"
 

Coloro che sono di Cristo passeranno, eternamente salvi, attraverso il mare di cristallo misto a fuoco (immagine che richiama il passaggio del mar Rosso). Cristo ha aperto i cieli. I vincitori della bestia, della sua immagine e del numero del suo nome (l'apostata) sono ritti in trionfo sopra questo mare.
Il canto è di Mosè (Dt 32,1-43), ma è pure, nella sua piena verità, il cantico dell'Agnello liberatore dell'uomo dalla schiavitù del peccato.
I sette angeli sono quelli delle trombe.

I sette flagelli delle sette coppe (15,5-8)
5 E vidi aprirsi nel cielo il tempio che contiene la tenda della Testimonianza; 6 dal tempio uscirono i sette angeli che avevano i sette flagelli, vestiti di lino puro, splendente, e cinti al petto con fasce d'oro. 7 Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d'oro, colme dell'ira di Dio, che vive nei secoli dei secoli. 8 Il tempio si riempì del fumo, che proveniva dalla gloria di Dio e dalla sua potenza: nessuno poteva entrare nel tempio finché non fossero compiuti i sette flagelli dei sette angeli.

La tenda del convegno aveva come modello quella vista in cielo da Mosè (Es 25,40); ora il Tempio celeste la contiene nel significato di luogo di incontro con Dio, alle altezze di Cristo, ministro della vera tenda, più grande e più perfetta, non fatta da mani d’uomo (Eb 8,2; 9,24)

I sette flagelli dei sette angeli si riversano dalle sette coppe colme dell’ira di Dio sulla terra.
Il tempio si riempie di fumo, quale segno della gloria di Dio (Cf. 1Re 8,11; Is 6,4; Ez 10,4).
Nessuno nel cielo può entrare nel tempio; solo dopo il compiersi dei sette flagelli. I flagelli sono la reazione di Dio al peccato del mondo, che vorrebbe sottomettere a sé Dio. C’è un limite oltre il quale Dio non accetta il disprezzo del mondo (Gn 10,20-32).

La  prima, seconda, terza e quarta coppa (16,1-7)
(16) 1 E udii dal tempio una voce potente che diceva ai sette angeli: "Andate e versate sulla terra le sette coppe dell'ira di Dio".
2
Partì il primo angelo e versò la sua coppa sopra la terra; e si formò una piaga cattiva e maligna sugli uomini che recavano il marchio della bestia e si prostravano davanti alla sua statua.
3
Il secondo angelo versò la sua coppa nel mare; e si formò del sangue come quello di un morto e morì ogni essere vivente che si trovava nel mare.
4
Il terzo angelo versò la sua coppa nei fiumi e nelle sorgenti delle acque, e diventarono sangue. 5 Allora udii l'angelo delle acque che diceva:
 
"Sei giusto, tu che sei e che eri,
tu, il Santo,
poiché così hai giudicato.

6 Essi hanno versato il sangue di santi e di profeti,
tu hai dato loro sangue da bere:
ne sono degni!".
 

7 E dall'altare udii una voce che diceva:
 
"Sì, Signore, Dio onnipotente;
veri e giusti sono i tuoi giudizi!".
 

La voce che esce dal tempio va riferita a quella dell'essere vivente che aveva consegnato le sette coppe (15,7).
Le varie coppe sono in parallelo con i flagelli dati da Dio all'Egitto. La precisa spiegazione la seppe solo Giovanni (10,4)
La prima coppa produce una piaga dolorosa e maligna. Si ha un parallelo con il sesto castigo all'Egitto: le ulcere (Es 9,8s).
La seconda coppa è versata nel mare. Si ha un parallelo con il primo flagello sull'Egitto: l'acqua cambiata in sangue (Es 7,14s). Ma qui il sangue è quello dei conflitti nel mare.
La terza coppa produce nei fiumi altro sangue: sono i conflitti di terra.
L'angelo delle acque, quello che presiedeva secondo la credenza giudaica al governo delle acque perché servissero ordinatamente all'uomo, dichiara giusta l'ira di Dio.
L'angelo dei profumi (8,3) proclama anche lui giusta la sentenza di Dio.

La quinta, la sesta e la settima coppa (16,8-21)
8 Il quarto angelo versò la sua coppa sul sole e gli fu concesso di bruciare gli uomini con il fuoco. 9 E gli uomini bruciarono per il terribile calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha in suo potere tali flagelli, invece di pentirsi per rendergli gloria.
10
Il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia; e il suo regno fu avvolto dalle tenebre. Gli uomini si mordevano la lingua per il dolore e 11 bestemmiarono il Dio del cielo a causa dei dolori e delle loro piaghe, invece di pentirsi delle loro azioni.
12
Il sesto angelo versò la sua coppa sopra il gran fiume Eufrate e le sue acque furono prosciugate per preparare il passaggio ai re dell'oriente. 13 Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti impuri, simili a rane: 14 sono infatti spiriti di demoni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio, l'Onnipotente.
15
Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e custodisce le sue vesti per non andare nudo e lasciar vedere le sue vergogne.
16
E i tre spiriti radunarono i re nel luogo che in ebraico si chiama Armaghedòn.
17
Il settimo angelo versò la sua coppa nell'aria; e dal tempio, dalla parte del trono, uscì una voce potente che diceva: “E' cosa fatta!”. 18 Ne seguirono folgori, voci e tuoni e un grande terremoto, di cui non vi era mai stato l'uguale da quando gli uomini vivono sulla terra. 19 La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 20 Ogni isola scomparve e i monti si dileguarono. 21 Enormi chicchi di grandine, pesanti come talenti, caddero dal cielo sopra gli uomini, e gli uomini bestemmiarono Dio a causa del flagello della grandine, poiché era davvero un grande flagello.


La quarta coppa determina il dilagare del fuoco sulla terra.
La quinta coppa viene versata sul trono della bestia; il parallelo è con la nona piaga all'Egitto (Es 10,21).
Il sesto angelo versa la coppa sul fiume Eufrate che si prosciuga a preparazione dell'avvento dei re dell'oriente. Prima dall'Eufrate erano arrivate truppe feroci (9,1) ora arrivano i re.
Dalla bocca del drago, della bestia e dell'anticristo escono tre spiriti immondi simili a rane; si ha un parallelo con la seconda piaga all'Egitto: le rane (Es 8,26ss). Le rane sono "spiriti di demoni", cioè dottrine demoniache contenenti l'assoluta negazione di tutto ciò che ha riferimento a Dio. Tali dottrine di negazione assoluta si diffondono nelle masse, che se ne imbevono.
Armaghedon significa "La montagna di Meghiddo", città alle falde dei monti connessi con il monte Carmelo. Nella pianura di Meghiddo fu sconfitto l'esercito di Jabin, oppressore di Israele (Gd 4,7; 5,19); il luogo è simbolico.
La disfatta dei re è segnata dalla settima coppa. La coppa è versata nell'aria, e dall'alto precipita grandine di peso enorme; è un parallelo con la settima piaga all'Egitto.

La grande prostituta (17,1-7) 
(17) 1 E uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe, venne e parlò con me: "Vieni, ti mostrerò la condanna della grande prostituta, che siede presso le grandi acque. 2 Con lei si sono prostituiti i re della terra, e gli abitanti della terra si sono inebriati del vino della sua prostituzione". 3 L'angelo mi trasportò in spirito nel deserto. Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, che era coperta di nomi blasfemi, aveva sette teste e dieci corna. 4 La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle; teneva in mano una coppa d'oro, colma degli orrori e delle immondezze della sua prostituzione. 5 Sulla sua fronte stava scritto un nome misterioso: "Babilonia la grande, la madre delle prostitute e degli orrori della terra".
6 E vidi quella donna, ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Al vederla, fui preso da grande stupore. 7 Ma l'angelo mi disse: "Perché ti meravigli? Io ti spiegherò il mistero della donna e della bestia che la porta, con sette teste e dieci corna.

"La grande prostituta" è la "grande città", cioè Babilonia la grande. La seconda lettera di Pietro (8,13) chiama Roma Babilonia, ma è chiaro a chiunque che qui non è Roma, ma la città globale. L’antico sogno di una città contrapposta a Dio si attua (Cf. Gn 11,1s). La bestia sulla quale è seduta la donna è quella che è salita dal mare. Babilonia è la madre delle prostitute, cioè delle nazioni che si sono prostituite con il drago, la bestia e l'anticristo per avere grandezza e potenza.
La prostituta, ammantata come una regina, è tutta imbevuta di immondezze. La grande città è totalmente contrapposta alla nuova Gerusalemme, cioè la Chiesa, il cui re è Cristo.

Il simbolismo della bestia e della prostituta (17,8-18)
8 La bestia che hai visto era, ma non è più; salirà dall'abisso, ma per andare verso la rovina. E gli abitanti della terra il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era, e non è più; ma riapparirà. 9 Qui è necessaria una mente saggia. Le sette teste sono i sette monti sui quali è seduta la donna. E i re sono sette: 10 i primi cinque sono caduti; uno è ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e, quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco. 11 La bestia, che era e non è più, è l'ottavo re e anche uno dei sette, ma va verso la rovina. 12 Le dieci corna che hai visto sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale per un'ora soltanto, insieme con la bestia. 13 Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia. 14 Essi combatteranno contro l'Agnello, ma l'Agnello li vincerà, perché è il Signore dei signori e il Re dei re; quelli che stanno con lui sono i chiamati, gli eletti e i fedeli".
15
E l'angelo mi disse: "Le acque che hai viste, presso le quali siede la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, nazioni e lingue. 16 Le dieci corna che hai visto e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la bruceranno col fuoco. 17 Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si compiano le parole di Dio.18 La donna che hai vista simboleggia la città grande, che regna sui re della terra".


La bestia "era" perché esisteva già in quanto è un demonio; ma "non è più" perché non ha nessun futuro di vittoria su Dio e sulla Chiesa.
Gli abitanti della terra rimarranno stupiti nel vedere come la bestia si affermerà e crederanno che essa sarà al loro servizio per il progetto di un paradiso del piacere e della spensieratezza; rimarranno però sgomenti nel vedere la ferocia della sua presenza.
La bestia ha sette teste, che rappresentano sette monti e sette re. I sette re indicano il potere egiziano, assiro, babilonese, persiano, greco, romano e a quello dell'anticristo (13,3). I primi cinque sono caduti, resta l'imperatore-dio romano, seguirà l'anticristo.
Nei sette monti - le teste - sono da intendersi i vizi capitali (i titoli blasfemi 13,1) eretti a guida di vittoria. La bestia è l'ottavo re perché ha ricevuto dal drago il suo trono (13,2). E' uno dei sette perché l'anticristo sarà in binomio strettissimo con la bestia.
Le dieci corna (le corna sono un simbolo di forza) raffigurano la moltitudine dei potenti della terra. I "dieci re" apparterranno ad un regno che esisterà per "un'ora soltanto": sarà quello della bestia. Essi saranno uniti da un solo intento: consegnare il loro potere, ricevuto dagli uomini, alla bestia. Essi combatteranno contro l'Agnello, ma egli li vincerà, perché è "il Signore dei signori e il Re dei re" e quelli con lui sono "i chiamati, gli eletti e i fedeli".
"I chiamati": nessun cristiano è andato da Cristo se non a seguito di una chiamata (Cf. Rm 1,6; 1Ts 5,24; ecc.). "Gli eletti", è il titolo di quelli che hanno risposto alla chiamata; "i fedeli", è il titolo di quelli che perseverano.
La prostituta, affidatasi alla bestia e alle guide legate alla bestia, ha la speranza di avere successo nella costruzione di un stabile giardino della spensieratezza e del piacere. Non sarà giardino, ma orrore, "Dio infatti ha messo loro in cuore (...), finché si compiano le parole di Dio". Il riferimento all'esodo è chiaro. I re induriranno il loro cuore, come il faraone, e così nel feroce attacco per soffocare la Chiesa ne risulterà che essi stessi sgretoleranno Babilonia. Da quella rovina emergerà il pentimento delle genti.

Un angelo annunzia la caduta di Babilonia (18,1-3) 
(18) 1 Dopo questo, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere, e la terra fu illuminata dal suo splendore.
2 Gridò a gran voce:
 
"E' caduta, è caduta Babilonia la grande,
ed è diventata covo di demoni,
rifugio di ogni spirito impuro,
rifugio di ogni uccello impuro
e rifugio di ogni bestia impura e orrenda.
3
Perché tutte le nazioni hanno bevuto
del vino della sua sfrenata prostituzione,
i re della terra si sono prostituiti con essa
e i mercanti della terra si sono arricchiti
del suo lusso sfrenato".
 

Nel buio, la terra viene illuminata dallo splendore di un angelo che grida - ampliando il grido di 14,8 - che Babilonia è caduta. E' caduta perché ha raggiunto la consumazione del suo meretricio con il male. Essa è diventata un "covo di demoni", tanto è dominata dal male. E' diventata "carcere di ogni spirito impuro", cioè luogo di assenza di libertà: i malvagi, “gli spiriti impuri”, non generano libertà, ma costrizione. E' diventata "carcere di ogni uccello impuro", cioè di uomini che si nutrono delle miserie altrui. E' diventata "carcere di ogni bestia impura e orrenda", cioè di uomini che sono sciacalli e iene.

Il popolo di Dio riceve il comando di uscire da Babilonia (18,4-8)
4 E udii un'altra voce dal cielo:
 
"Uscite, popolo mio, da essa
per non associarvi ai suoi peccati
e non ricevere parte dei suoi flagelli.

5 Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo
e Dio si è ricordato delle sue iniquità.

6 Ripagatela con la sua stessa moneta,
retribuitela con il doppio dei suoi misfatti.
Versatele doppia misura nella coppa con cui beveva.

7 Quanto ha speso per la sua gloria e il suo lusso,
tanto restituitele in tormento e afflizione.
Poiché diceva in cuor suo: ‹Seggo come regina,
vedova non sono
e lutto non vedrò›.
8 Per questo, in un solo giorno,
verranno i suoi flagelli:
morte, lutto e fame.
Sarà bruciata dal fuoco,
perché potente Signore è Dio
che l'ha condannata".
 

Società e mondo sono due entità concettualmente distinte. La società è la comunità degli uomini, il mondo - biblicamente - è la realtà di peccato che si stabilisce come struttura tra gli uomini. La saldatura tra società e mondo costituisce Babilonia. Già Pietro (1Pt 5,13) chiama Roma Babilonia, proprio per questa saldatura. In tale situazione il popolo di Dio è invitato ad uscire da Babilonia: la Chiesa andrà nel deserto (12,6s), ma nello stesso tempo non fugge, poiché essa è presente con "i due testimoni".
Babilonia vede così cadere ogni suo possibilità di seduzione. Il popolo di Dio uscirà da Babilonia, ma questa tenacemente lo perseguiterà, ne risulterà che Babilonia riceverà "il doppio dei suoi misfatti". Essa finirà in una vera carcerazione nel gorgo del male e della distruzione: "Verranno i suoi flagelli: morte, lutto e fame. Sarà bruciata dal fuoco, perché potente Signore è Dio che l'ha condannata".

I lamenti su Babilonia (18,9-20)
9 I re della terra, che con essa si sono prostituiti e han vissuto nel lusso, piangeranno e si lamenteranno a causa sua, quando vedranno il fumo del suo incendio, 10 tenendosi a distanza per paura dei suoi tormenti e diranno:
 
"Guai, guai, città immensa,
Babilonia, città possente;
in un'ora sola è giunta la tua condanna!".
 

11 Anche i mercanti della terra piangono e si lamentano su di essa, perché nessuno compera più le loro merci: 12 i loro carichi d'oro, d'argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d'avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo; 13 cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, carri, schiavi e vite umane.
 
14
"I frutti che ti piacevano tanto
si sono allontanati da te;
tutto quel lusso e quello splendore
per te sono perduti
e mai più potranno trovarli".
 

15
I mercanti, divenuti ricchi grazie a essa, si terranno a distanza per timore dei suoi tormenti; piangendo e lamentandosi, diranno:
 
16
"Guai, guai, immensa città,
tutta ammantata di lino puro,
di porpora e di scarlatto,
adorna d'oro,
di pietre preziose e di perle!
17 In un'ora sola
tanta ricchezza è andata perduta!".
 


Tutti i comandanti di navi, tutti gli equipaggi, i naviganti e quanti commerciano per mare si tenevano a distanza, 18 e gridavano, guardando il fumo del suo incendio: "Quale città fu mai simile all'immensa città?". 19 Si gettarono la polvere sul capo, e fra pianti e lamenti gridavano:
 
"Guai, guai, città immensa,
di cui si arricchirono
quanti avevano navi sul mare:
in un'ora sola fu ridotta a un deserto!

20 Esulta su di essa, o cielo,
e voi, santi, apostoli, profeti,
perché, condannandola,
Dio vi ha reso giustizia!".
 

I re della terra se ne staranno a distanza: e nella durezza del loro cuore le daranno ogni colpa, approvando la sua condanna.
I mercanti si lamentano su di lei perché non possono più fare guadagni, e la incolpano. Gli uomini del mare nel pentimento approvano la caduta di Babilonia: "Esulta su di essa, o cielo, e voi, santi, apostoli, profeti, perché ,condannandola Dio vi ha reso giustizia!".

Babilonia precipitata (18,21-24)
21 Un angelo possente prese allora una pietra, grande come una macina, e la gettò nel mare esclamando:
 
"Con questa violenza sarà distrutta
Babilonia, la grande città,
e nessuno più la troverà.
22 Il suono dei musicisti,
dei suonatori di cetre, di flauto e di tromba,
non si udrà più in te;
ogni artigiano di qualsiasi mestiere
non si troverà più in te;
il rumore della macina
non si udrà più in te;
23 la luce della lampada
non brillerà più in te;
la voce dello sposo e della sposa
non si udrà più in te.
Perché i tuoi mercanti erano i grandi della terra
e tutte le nazioni dalle tue droghe furono sedotte.
24 In essa fu trovato il sangue di profeti
e di santi e di quanti furono uccisi sulla terra".
 

Il gesto dell'angelo di lanciare una enorme pietra nel mare, ad esempio della forza con la quale sarà distrutta Babilonia, rimanda al gesto simbolico del profeta Geremia (Ger 51,64).

Canti di trionfo (19,1-10)
(19) 1 Dopo questo, udii come una voce potente di una folla immensa nel cielo che diceva:
 
"Alleluia!
Salvezza, gloria e potenza
sono del nostro Dio,

2 perché veri e giusti sono i suoi giudizi.
Egli ha condannato la grande prostituta
che corrompeva la terra con la sua prostituzione,
vendicando su di lei
il sangue dei suoi servi!".
 

3 E per la seconda volta dissero:
 
"Alleluia!
Il suo fumo sale nei secoli dei secoli!".
 

4 Allora i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono e adorarono Dio, seduto sul trono, dicendo:
 
"Amen, alleluia".
 

5 Dal trono venne una voce che diceva:
 
"Lodate il nostro Dio,
voi tutti, suoi servi,
voi che lo temete,
piccoli e grandi!".
 

6 Udii poi come una voce di una folla immensa, simile a fragore di grandi acque e a rombo di tuoni possenti, che gridavano:
  "Alleluia!
Ha preso possesso del suo regno il Signore,
il nostro Dio, l'Onnipotente.
7 Rallegriamoci ed esultiamo,
rendiamo a lui gloria,
perché sono giunte le nozze dell'Agnello;
la sua sposa è pronta:

8 le fu data una veste
di lino puro splendente".
La veste di lino sono le opere giuste dei santi.
 

9 Allora l'angelo mi disse: "Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!". Poi aggiunse: "Queste parole di Dio sono vere". 10 Allora mi prostrai ai suoi piedi per adorarlo, ma egli mi disse: “Guardati bene dal farlo! Io sono servo con te e i tuoi fratelli, che custodiscono la testimonianza di Gesù. E' Dio che devi adorare". Infatti la testimonianza di Gesù è lo Spirito di profezia.


Caduta Babilonia, Dio prende possesso del suo regno (le nazioni liberate dal male riconoscono e accolgono il Re dei re e il Signore dei signori, cioè Cristo).
La Chiesa per le opere dei giusti di quel tempo si presenterà al mondo splendida: “La veste di lino sono le opere giuste dei santi”. La Chiesa è già sposa dell'Agnello per lo sponsale della croce, ma ora si parla di nozze, di festa. Le nozze sono caratterizzate dalla partecipazione delle genti ai beni messianici (Cf. Is 25,6; 55,1): è il banchetto universale (19,9).
Giovanni adora l'angelo non perché lo abbia divinizzato. Qui "adorare" ha il significato di rendere omaggio a uno in qualità di "padrone". L'angelo dice a Giovanni che è un servo come lui, e che quindi solo Dio merita adorazione, nel senso più proprio del termine.
Lo "Spirito di profezia" lo possiedono coloro che custodiscono la testimonianza di Gesù, cioè che perseverano nella testimonianza. La profezia non è qui la previsione oracolare del futuro, ma il parlare in nome di Dio, il dire in Dio le cose di Dio con forza, con coraggio e franchezza.

La disfatta dei re della terra (19,11-21)
11 Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia.
12
I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui. 13 E' avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. 14 Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. 15 Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell'ira furiosa di Dio, l'Onnipotente. 16 Sul mantello e sul femore porta scritto un nome: Re dei re e Signore dei signori.
17
Vidi poi un angelo, in piedi di fronte al sole, nell'alto del cielo, e gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano: 18 "Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei comandanti, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi".
19
Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. 20 Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. 21 Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca al cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni.


I re della terra sotto la guida del drago, della bestia e dell'anticristo sono riuniti in Armaghedon (16,16).
La visione è in riferimento al passo della Sapienza (18,14s) dove si parla dello sterminio dell'Egitto.
La bestia e il falso profeta (anticristo), formanti un orrido binomio, sono buttati vivi nello stagno di fuoco. L'essere buttati vivi è un effetto scenico rivolto a sottolineare la forza della condanna.
I cadaveri non sepolti secondo la mentalità ebraica contaminavano la terra (Cf. Ez 39,1-14), per questo vengono chiamati gli uccelli a liberare la terra dai cadaveri.
Il nome che nessuno conosce all'infuori di lui è "Verbo di Dio". Il valore, la forza, il pieno significato non possono essere intesi da altri che dal Verbo stesso.
I diademi sono segno della sua regalità su tutta la terra: è il Messia non solo di Sion (Gerusalemme), ma di tutta la terra. La spada che gli esce dalla bocca è la sua parola (1,16; 2,16). Il mantello insanguinato indica la travolgente sua vittoria sui suoi nemici (Cf. Is 63,1).
Gli eserciti del cielo sono le schiere angeliche.

Le nazioni liberate dal drago (20,1-6)
(20)
1 E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 2 Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 3 lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo. 4 Poi vidi alcuni troni - a quelli che vi sedettero fu dato il potere di giudicare. - e le anime dei decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; 5 gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione. 6 Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo, e regneranno con lui per mille anni.

Il drago viene incatenato nell'Abisso, impossibilitato ad agire sulle leve delle nazioni: esse infatti si sono aperte a Cristo. Satana però può tentare ancora gli uomini.
Il drago "deve essere lasciato libero per un po' di tempo", di portare le nazioni alla lotta contro Dio, e ciò perché gli uomini gli daranno nuovamente spazio con i loro peccati.
Il numero 1000 è un numero simbolico: indica una pienezza di tempo, ma indefinito; potrebbe essere breve, lungo o brevissimo.
I troni che Giovanni vede sono destinati a quelli che sorgeranno in giudizio contro la generazione di Babilonia nel giudizio universale (Cf. Dn 7,9; Lc 11,31).
La risurrezione che Giovanni vede è "la prima risurrezione", cioè l'ingresso delle anime nella gloria eterna; la "seconda risurrezione" sarà quella dei corpi. Quelli che non hanno accolto Cristo non hanno "la prima risurrezione", seguirà per loro una risurrezione della carne che sarà di condanna eterna: "la seconda morte".
Coloro che prendono parte alla prima risurrezione “saranno sacerdoti di Dio e del Cristo” perché in cielo serviranno Dio nella preghiera, per la Chiesa militante (17,15). "Essi regneranno con lui per mille anni", perché saranno venerati come pionieri della civiltà della verità e dell'amore: essi sono associati a quelli dei secoli precedenti, pionieri anch'essi di tale civiltà.

La fine del mondo (20,7-10)
7 Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere 8 e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magòg, e radunarle per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare. 9 Salirono fino alla superficie della terra e assediarono l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò. 10 E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.

Satana sarà di nuovo libero di sedurre le nazioni che stanno ai “quattro angoli della terra”, cioè tutte.
Il falso profeta è stato gettato nello stagno di fuoco e zolfo, ma la sua azione che ha inciso sugli uomini rimarrà sotterranea, in rivoli settari. Alla fine Satana ripresenterà le negazioni totali del falso profeta. Le nazioni saranno sedotte e rese buie come Gog e Magog, figure che rappresentano i nemici totali del popolo di Dio (Cf. Ez 38,2). “Salirono fino alla superficie della terra”; cioè si realizza sulla terra una compagine sociale che viene dal basso, al contrario della città santa che viene dall'alto, dal cielo (21,2).
La Chiesa sarà assediata da ogni parte. Essa è chiamata "accampamento dei santi" perché pellegrina in questo mondo. La "città amata", è ciò che rimane della civitas cristiana alla fine del mondo.
La fine del mondo è segnata da un fuoco che scende dal cielo (Cf. 2Pt 3,10s). Satana verrà sconfitto definitivamente.
Paolo nella seconda ai Tessalonicesi presenta la disfatta dell’empio, cioè dell’anticristo, del falso profeta, alla fine del mondo, al ritorno glorioso di Cristo; e non c’è contraddizione se si pensa che l’anticristo lascerà un’eredità perversa, che fatta riemergere da Satana sarà distrutta alla fine del mondo.

La risurrezione e il giudizio universale (20,11-15).
11 E vidi un grande trono bianco e Colui che vi sedeva. Scomparvero dalla sua presenza la terra e il cielo senza lasciare traccia di sé. 12 E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono. E i libri furono aperti. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati secondo le loro opere, in base a ciò che era scritto in quei libri. 13 Il mare restituì i morti che esso custodiva, la Morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere. 14 Poi la Morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. 15 E chi non risultò scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco.

Colui che siede sul trono è Cristo. Il colore bianco del trono è segno della vittoria sulla morte.
In questa visione il cielo e la terra sono scomparsi senza lasciare traccia. Non si è alla fine di un'epoca come in 6,14, ma nel momento che precederà la rinnovazione del cosmo in cielo e terra nuovi (Cf. Rm 8,21; 2Pt 3,13).
Nella visione della risurrezione dei morti, la Morte e gli inferi sono personificati come in 6,8; essi vengono buttati nello stagno di fuoco. “L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte” (1Cor 15,26).
Alla risurrezione gloriosa segue la trionfale salita al cielo (Cf. 1Tess 4,17); alla risurrezione di condanna segue lo stagno di fuoco: la seconda morte.
Tutta la creazione si rinnova (21,1) nell'ultima forma, quella eterna e gloriosa (Rm 8,21), che è inutile volere congetturare perché appartiene alla sapienza di Dio.

La Gerusalemme celeste nella nuova creazione (21,1-4)
(21) 1 E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era più. 2 E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3 Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
 
"Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
4 E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate".
 

La città santa celeste è la società gloriosa dei risorti nella gloria, che salita trionfalmente al cielo con Cristo scende a prendere possesso della creazione rinnovata: il nuovo cielo e la nuova terra.
La Sposa (la Gerusalemme celeste) è pronta per lo Sposo perché la consumazione eterna delle nozze si ha nella gloria della risurrezione: è il banchetto nuziale eterno.

Invito alla salvezza eterna (21,5-8)
5 E Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose". E soggiunse: "Scrivi, perché queste parole sono certe e vere”. E mi disse:
 
6 “Ecco sono compiute!
Io sono l'Alfa e l'Omega,
il Principio e la Fine.
A colui che ha sete
io darò gratuitamente da bere
alla fonte dell'acqua della vita.

7
Chi sarà vincitore erediterà questi beni;
io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.
 
 
8
Ma per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i maghi, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. Questa è la seconda morte".


Chi siede sul trono è Dio Padre; è questa l'unica volta che parla nell'Apocalisse."Egli sarà mio figlio"; già ora siamo figli di Dio, ma in cielo lo saremo definitivamente ed eternamente.
L'elenco dei peccatori comincia con i vili, cioè con quanti non hanno testimoniato Cristo. La viltà apre le porte ad ogni altro vizio.

La Gerusalemme messianica (21,9-22,5)
9 Poi venne uno dei sette angeli, che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli, e mi parlò: "Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell'Agnello". 10 L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. 11 Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. 12 La città è cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. 13 A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. 14 Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
15 Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro per misurare la città, le sue porte e le sue mura. 16 La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: sono dodicimila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. 17 Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. 18 Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo. 19 I basamenti delle mura della città sono adorni di ogni specie di pietre preziose. Il primo basamento è di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedonio, il quarto di smeraldo, 20 il quinto di sardonice, il sesto di cornalina, il settimo di crisolito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. 21 E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta era formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente.
 
22
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello
sono il suo tempio.
23
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l'Agnello.
24
Le nazioni cammineranno alla sua luce,
e i re della terra a lei porteranno il loro splendore.
25
Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno,
perché non vi sarà più notte.
26
E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni.
27
Non entrerà in essa nulla d'impuro,
né chi commette orrori o falsità,
ma solo quelli che sono scritti
nel libro della vita dell'Agnello.
 

(22) 1 E mi mostrò poi un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. 2 In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutto ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni.
 
3
E non vi sarà più maledizione.
Nella città vi sarà il trono di Dio e dell'Agnello:
i suoi servi lo adoreranno;
4 vedranno il suo volto
e porteranno il suo nome sulla fronte.
5 Non vi sarà più notte,
e non avranno più bisogno
di luce di lampada né di luce di sole,
perché il Signore Dio li illuminerà.
E regneranno nei secoli dei secoli.
 

Giovanni, in visione, viene posto su di un alto monte come già Ezechiele (Ez 40,2).
La Gerusalemme messianica che "scende dal cielo", perché dono di Dio, è risplendente della gloria di Dio. La gloria è la redenzione di Cristo luce del mondo (Cf. Is 60,1): "Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te").
La Gerusalemme messianica è in realtà senza mura perché si estenderà su tutta la terra (Cf. Zc 2,8): sarà tutta la terra. E' la Gerusalemme sognata da Tobia (Tb 13,13), da Isaia (60,2), da Ezechiele 45,31; 47,12).
La città ha dodici porte secondo le dodici tribù che rappresentano non l'Israele etnico, ma l'Israele di Dio (Gal 6,16), aperto a tutti popoli nel vincolo della fede in Cristo. I dodici angeli indicano l'assistenza angelica (Cf. Is 62,6). La città poggia sul fondamento dei dodici apostoli (Cf. Ef 2,20).
La città è di forma cubica, come cubico era il "santo dei santi" del tempio salomonico (1Re 6,20).
Giovanni dice che non vide alcun tempio: "il Signore Dio, l'Onnipotente, l'Agnello sono il suo tempio". "Sono il suo tempio", va inteso nel senso causale che la Chiesa è in Cristo, tempio dove abita tutta la pienezza della divinità (Col 2,9), e per Cristo è tempio di Dio.
La piazza della città è di oro puro come cristallo trasparente ad indicare, nel simbolismo dell'oro (Cf. 3,18), che le relazioni della città messianica sono improntate alla carità.
La vita nella Gerusalemme messianica non è retta dalla luce del sole e della luna - che pur vi sono -, ma dalla luce che è Cristo (Cf. 6,23; Ps 119,105; Sap 18,4).
La Gerusalemme che scende conoscerà l'ingresso di tutte le nazioni. "Le sue porte non si chiuderanno mai" (Cf. Is 60,61) perché essa è e sarà sempre in posizione di accoglienza.
"Non entrerà in essa nulla di impuro"; dal futuro in terra si passa al futuro nella gloria celeste: nessuno che sia morto in offesa a Dio potrà entrare a far parte della fulgida società dei beati.
Il fiume d'acqua viva (22,1) raffigura lo Spirito Santo nel suo incessante elargire la sua comunicazione d’amore. L'allegorico albero di vita riguarda la vita nella gloria eterna: la morte sarà vinta. I frutti inesauribili e le foglie che guariscono le nazioni (Cf. Ez 47,2ss) sono, in cielo, vittoria eterna sul peccato e sulla morte.
Nella gloria nessuno potrà mai peccare.
"Non vi sarà più maledizione", nel futuro della gloria celeste, perché nei cieli non vi sarà più peccato.
"I suoi servi lo adoreranno", ciò con l'intensità altissima causata dalla visione beatifica: "Vedranno il suo volto".
"Non vi sarà più notte", ciò in assoluto: sarà il giorno eterno.
"E regneranno nei secoli dei secoli", cioè in eterno. L'Amore regnerà pienamente in loro, ed essi saranno in comunione regale con Cristo Re. Ognuno regnerà servendo la gioia eterna dell'altro.

Parole di conferma ed epilogo (22,6-20)
6 E mi disse: "Queste parole sono certe e vere. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere tra breve. 7 Ecco, io vengo presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".
8
Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. E quando le ebbi udite e viste, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le mostrava. 9 Ma egli mi disse: "Guardati bene dal farlo! Io sono servo, con te e con i tuoi fratelli, i profeti, e con coloro che custodiscono le parole di questo libro. E' Dio che devi adorare".
10
E aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. 11 Il malvagio continui pure a essere malvagio e l'impuro a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.
12
Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. 13 Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine. 14 Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all'albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città. 15 Fuori i cani, i maghi, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna!
16
Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino".
17
Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta, ripeta: "Vieni!". Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l'acqua della vita.
18
A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; 19 e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
20
Colui che attesta queste cose dice: "Sì, vengo presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù. 21 La grazia del Signore Gesù sia con tutti.


Giovanni chiude lo scritto con una suprema invocazione: “Vieni, Signore Gesù”.
Tale invocazione è forte e gioiosa, nella certezza della fede, nel fuoco della carità e nella calma della speranza.