GESU' MIO AMATO, VOGLIO SOLO AMARTI”  
     
P. Raffaele era ormai sulla vetta dell'immolazione. Lo intuì benissimo la signora della cucina che, vedendo la situazione, pensò che il suo carissimo padre vivesse l'ora dell'Orto degli Ulivi. Mossa da questa intuizione, gli domandò con discrezione: “Si sente solo, padre?”. “Sì, mi sento solo e tanto triste; ma ho la certezza che la Madonna mi è vicina”. In altro momento di acuto dolore la signora volle chiedere: “Padre, non sente la Madonna?”. “No, ma so che sta scendendo dal cielo, piano piano, come trattenuta da dei fili; ne avrò ancora per un po' di tempo”. Di lì a poco sussurrò: “Gesù, mio amato, voglio solo amarti”. Senza l'amore si sentiva impotente, distrutto.
A questo stato di aridità si aggiunsero prove durissime. Una notte il frate infermiere si sentì chiamare.
P. Raffaele da Mestre
Sceso di corsa, trovò p. Raffaele steso sul pavimento, dolorante. La signora della cucina visto il fatto chiese stupita: “Ma, padre, come ha fatto a cadere dal letto, se lei, solo per girarsi ha bisogno di aiuto? Qualcuno ce l'ha buttato ...? E' stato forse il Demonio?...”. P. Raffaele rispose secco: “Taci, non dire niente a nessuno!”. Temeva che forse qualcuno non l'avrebbe creduto e si sarebbe argomentato che aveva fantasie. Oppure, si sarebbe cominciato a parlare del Demonio e la cosa sarebbe corsa di bocca in bocca, producendo solo agitazione e chiacchiere. Ma la signora e l'infermiere non dissero nulla a nessuno, e tutti finì lì.
In questo periodo chi arrivava al santuario si trovava solo di fronte ad un: “Il padre è ammalato e non può ricevere”.
Una telefonata trovò tuttavia modo di essere riferita a p. Raffaele: diceva che suor Maria Rosa Pellesi era in fin di vita. “Alé, ci siamo!”, disse. “Abbiamo fatto un patto con suor Maria Rosa a Gaiato. Quando suor Maria Rosa morirà, andrà in cielo; poi con la Mamma verrà a prendermi”.
Da quando si erano visti a Gaiato mai i due si erano scritti o incontrati, ma quel patto giovanile diceva ancora tanto a p. Raffaele.
Era, certo, un patto tra due persone a rischio di morte a breve scadenza, ma pur con questa ragione giustificatrice, la clausola cardine era il “fiat voluntas sua”: il loro patto non intendeva condizionare la volontà di Dio.
Alla notizia, seguì un terribile e prolungato mal di testa. Alla Madre Vicaria delle suore Francescane Missionarie di Cristo, che salì a Puianello, p. Raffaele disse: “Sto tanto male, mi si spacca la testa; l'ho fatta venire solo per suor Maria Rosa. In queste condizioni non avrei ricevuto nessuno; ma dica pure a suor Maria Rosa che è come se fosse venuta lei in persona”.
Pochi giorni dopo disse alla volontaria che provvedeva alla cucina: “Sento come se qualcuno mi mangiasse dentro, che mi consumasse! Mi sento bruciare, sembra che mi tocchino tizzoni ardenti”. Aggiungendo: “Oh, no! Solo la Mamma deve sapere quanto soffro”. Poi non disse più nulla del suo soffrire.
P. Raffaele da Mestre
   
ADESSO LASCIAMI A LEI”  
 
Era chiaro per tutti che le sue condizioni erano ormai gravissime, ma la speranza di vederlo guarire non veniva meno, e molti pregavano per questo.
Si arrivò alla decisione di chiamare un infermiere professionale: un laico. Questi venne con la moglie, per accudire stabilmente p. Raffaele.
Una delle prime operazioni dell'infermiere fu quella di applicargli un catetere metallico, come preparazione a quello di gomma. Il dolore di quell'applicazione fu straziante.
Quando si cercava di dargli da mangiare la nausea e il vomito erano insormontabili. Ci fu anche il momento infelice nel quale si pensò di insistere mettendogli di nuovo il piatto dinanzi. Un moto di dolore, di nausea, di disgusto prese p. Raffaele. Provava tanta amarezza nel non vedersi compreso.
Ben presto non poté più prendere cibo e anzi, non tentava neppure. Raffaele era entrato in un'intimità profondissima con Dio. Disse ad una certo punto alla signora volontaria della cucina: “Io non sono più di questo mondo; il mio mondo è lassù”, parole modellate su quelle di Gesù (Gv 17,11).
P. Raffaele da Mestre
Quando la Madre Vicaria, suor Eletta, salì di nuovo a Puianello, p. Raffaele si preoccupò che suor Maria Rosa fosse lasciata nel silenzio; che le persone non salissero nell'infermeria della loro casa religiosa di Sassuolo. “Lei riceve le persone solo per carità”, disse p. Raffaele.
Era vero, suor Maria Rosa riceveva le persone mossa dalla carità. La Madre Vicaria rimase sorpresa che p. Raffaele vedesse l'infermeria di Sassuolo e cosa stesse facendo suor Maria Rosa, e disse sorpresa: “Come può lei da qui vedere chi sale e chi scende nell'infermeria di Sassuolo?”. P. Raffaele tagliò corto: “Suor Maria Rosa ha bisogno di stare sola col Signore. Riceve le persone per atto di carità”.
Il 7 novembre disse alla Madre Vicaria, nuovamente salita a Puianello, che suor Maria Rosa non sarebbe morta subito. Infatti, sopravvisse, contro ogni aspettativa dei medici, solo pochissimi giorni prima della morte di p. Raffaele.
Raffaele applicò a se stesso il consiglio che aveva dato per suor Maria Rosa. Alla sua carissima benefattrice della cucina, che era salita a Puianello per vedere se poteva essere ancora utile, disse: “Avevo bisogno, e la Mamma ti ha mandata vicino a me; adesso lasciami a lei. Sono in casa sua, e lei mi curerà”.
 
 
P. Raffaele da Mestre
 
UN PO' DI SOFFERENZA FA BENE A TE E A ME”  
Era la festa di tutti i santi francescani, quando un confratello impartì a Raffaele il sacramento dell'olio degli infermi.  
Su Raffaele scese una pace profonda; ormai non restava che l'incontro con Dio. Verso sera, però, alcuni decisero di portarlo in ospedale, a Pavullo. P. Raffaele ne fu addolorato e disse al marito della signora della cucina: “Con tutte le forze, con tutto te stesso, ti devi imporre che non mi portino a Pavullo. Sono qui, nella casa della Mamma, e voglio morire qui, nella casa della Mamma”.
Il benefattore cercò di fare quanto gli aveva detto p. Raffaele, ma tutto fu vano. P. Raffaele, quando vide l'ambulanza, per un momento credette che quel suo figlio spirituale non si fosse impegnato, ma questi gli disse: “Padre, dovrei fare un atto di prepotenza”. “No, questo non lo vorrei nemmeno io. Mettiamoci nelle mani di Dio, e sarà quello che vorrà. Un po' di sofferenza fa bene a te e a me”.
Così tornava ad essere un pellegrino negli ospedali.
P. Raffaele da Mestre
All'ospedale vennero registrate complicazioni per un virus che gli causava uno “scompenso cardiaco in sindrome encefalica acuta”. Le ore per p. Raffaele erano ormai contate e alle 23 del 4 dicembre ogni speranza svaniva. Verso le 24, velocissimamente, si provvide a portarlo Puianello. L'atto ufficiale di morte dichiara che il decesso avvenne alle ore 0,15 del 5 dicembre.
Si era nella novena dell'Immacolata. P. Raffaele aveva sempre desiderato lasciare la terra in una festa della Madonna, ma non proprio nel giorno della festa, ma vicino, e diceva: “Nel giorno della sua festa non voglio che nessuno abbia motivo di mettersi a lutto”. Era stato esaudito.
La notizia della morte si diffuse in un battibaleno e con essa pianto, senso di vuoto. Al santuario non finiva più di giungere gente. Tutti cercavano di fissare in se stessi, per sempre, quel volto.
Un immenso corteo, preceduto dall'immagine della Madonna di Fatima, quella che serviva per le marce della fede, dal santuario partì per Levizzano dove si tenne la celebrazione delle esequie. Poi la salma venne tumulata nel cimitero, in attesa di essere traslata al santuario.
Ora i resti mortali di p. Raffaele riposano lassù, nel santuario, erede e depositario delle sue iniziative.
P. Raffaele da Mestre
   
   
PREGHIERA PER LA GLORIFICAZIONE
DEL SERVO DI DIO
PADRE RAFFAELE DA MESTRE
 
   
O Dio, Padre di infinita misericordia,
tu donasti al tuo servo padre Raffaele da Mestre
una totale e serena adesione filiale al tuo santo volere,
anche nelle sue molteplici e gravi infermità.
Tu lo rendesti ardente apostolo di Maria
e instancabile dispensatore dei tuoi doni di bontà,
di speranza e di perdono
ai fratelli afflitti, dubbiosi e lontani.
Degnati di glorificarlo anche qui in terra
concedendoci, per sua intercessione,
la grazia che umilmente ti chiediamo...
Per Cristo nostro Signore. Amen.


Tre Gloria in onore della SS. Trinità.

+ mons. Benito Cocchi, vescovo