14 (Ap 12,1): “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”.

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Questa donna, che rappresenta la Chiesa ma è anche applicabile alla Vergine Maria, è impegnata in un conflitto segnalato già nell’annuncio profetico del protovangelo: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. La Regina delle vittorie appare avvolta da un fulgore solare, quasi che il sole abbia abbandonato il suo posto astronomico per rivestirla. Ai suoi piedi si è precipitata la luna e sul capo sono state convocate le stelle a formare un serto regale. Se applicata a Maria, le sue grida di partoriente esprimono i dolori che ella soffrì nella sua missione di associata alla vittima del Calvario.

 

L’avversario della donna, dopo essere stato presentato nell’atto di quella seduzione apostatica che diede origine al suo infernale seguito di angeli ribelli, si dirige, orribile nella sua forma di dragone, contro la donna, nella quale individua la sua totale nemica. Il colore rosso indica la sua ferocia sanguinaria, le sette teste la sua astuzia vorace, le 10 corna il suo potere violento, i sette diademi la sua superbia.

 

La salita al cielo del “Figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni”, è il segno della vittoria della Resurrezione e della fede di Maria umilissima durante il triduo della morte, nel quale fu la vessillifera della fede, dichiarando inutile l’accurata imbalsamazione del Figlio e la pesante pietra del sepolcro.

 

La forza invincibile di Maria è tutta nella sua fede e umiltà, ed è con la comunicazione di queste sue virtù che ella rende la Chiesa vincitrice e piena di Cristo. Nel Magnificat, infatti, ella ci dice: “perché ha guardato l’umiltà della sua serva”; s.Elisabetta esclama: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”; Luca osserva: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”.

 

Il dragone che, dopo essere stato sconfitto dalla Regina avvolta nel sole, si avventa furente contro coloro che “osservano i comandamenti di Dio”, sperimenta immediatamente che essi sono “discendenza della donna”, “sua stirpe”.

 

15 (Mc 14,22-24): “Mentre mangiavano, prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: ‹Prendete, questo è il mio corpo›. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: ‹Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti› ”.  

  

Nel Paradiso Terrestre, tutto era favorevole all’uomo se non mangiava il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male; ora, per la comunità in cammino verso i cieli, tutto ridiventa mezzo di crescita in Dio, solo se si mangia il pane e il vino offerto da Cristo. Maria, in tutto questo, non si perde nell’ombra, ma rimane misteriosamente presente per quel sì di Nazaret che è alle origini del dono dell’Eucaristia. E’ il sì di Cristo alla missione affidatagli dal Padre ad averci dato quel cibo, ma il costitutivo di quel cibo, che è la sua stessa carne, è venuto a lui per il sì di Maria.

 

E’ così la coppia Cristo-Maria l’autrice di quel convito che è descritto dai profeti di Israele con i tratti letterali di un ritorno all’abbondanza dell’Eden. I segni sacramentali del pane e del vino segnalano perciò gioia e letizia e proclamano l’amicizia di Cristo giunta fino all’immolazione della croce; infatti, mentre rimangono segni conviviali, sono segni sacrificali. Cristo è presente in stato di vittima immolata, perciò con il sentire del Calvario, che ci comunicò il suo amore per il Padre e Maria. Ci dona Maria, poiché è in lei che lo Spirito Santo ci immedesima a lui; poi, intimamente uniti a lui, egli ci inonda sempre più del suo Spirito di adorazione al Padre. In ogni comunione eucaristica vengono così perennemente pronunziate le parole: “Donna ecco il tuo figlio”, “Figlio ecco la tua Madre”.

 

Nel messale, tra le preghiere presentate al sacerdote dopo la Comunione, si legge:

 

O Maria, Vergine e Madre Santissima, ecco che io ho ricevuto il tuo dilettissimo Figlio che concepisti nel tuo seno immacolato, che generasti, allattasti e stringesti con soavissimi amplessi.

Ecco, Colui, la cui vista ti allietava e formava ogni tua delizia, io con umiltà ed amore te lo presento, perché tu lo stringa fra le tue braccia, lo ami col tuo cuore, lo offra a Dio Padre, ad onore e gloria di te medesima e per i miei bisogni e di quelli del mondo intero. Ti prego dunque, piissima Madre: impetrami il perdono di tutti i miei peccati, abbondante grazia di servire il tuo Figlio d’ora in poi con maggiore fedeltà, e, infine la grazia della perseveranza finale, affinché io lo possa lodare in eterno. Così sia”.


16 (Lumen Gentium n. 65 ED): “Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione che la rende senza macchia e senza rughe, i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità, debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello delle virtù davanti a tutta la comunità degli eletti ”.  

  

Gli studi sui primi due o tre secoli della Chiesa ci dicono che il discorso su Maria si trovò racchiuso, in gran parte, in quello della Chiesa, anch’essa madre. Giustamente infatti doveva prima dar ragione di sé colei che era l’Annunciatrice della buona novella, per poi presentare, traendola dal suo seno, l’intima perla mariana. Che Maria fosse nel più profondo della coscienza cristiana ce lo dice fatto che, quando nei primi secoli i Doceti e gli Gnostici misero in dubbio la realtà della natura umana di Cristo, la Chiesa trovò la sua forza nella proclamazione della maternità reale di Maria; quando gli ebioniti negarono la divinità di Cristo, furono vinti con la riflessione teologica sulla perpetua verginità di Maria; quando Nestorio volle sostenere due persone in Cristo, una umana l’altra divina, venne travolto dal dogma della Theotòcos del concilio di Efeso (431). Si assiste dunque al processo che, mentre la Chiesa nei dolori delle eresie e delle defezioni, esplicita a se stessa e agli altri il mistero che la struttura, sempre innalza lo sguardo alla Vergine Madre.

 

Sperimentando la debolezza dei suoi figli, la Chiesa si ritrova così attorno a Maria piena del bisogno di definire sempre più le grandezze di lei.

 

I dogmi della Theotòcos, della Perpetua Verginità, dell’Immacolata Concezione e dell’Assunta sono stati definiti in un clima di dolore e di speranza. Questo processo di orientamento a Maria non è però facile, benché sempre si realizzi, ma avviene nella misericordia di Dio, che insistentemente presenta l’opera di veri figli di Maria in tutti gli strati della Chiesa. Il ritorno al fervore richiede sempre il sacrificio degli apostoli di Maria. Ecco come Pio XII ha tratteggiato l’orientamento mariano di questi apostoli (Con devoto pensiero: A.R., anno 6, 280):

La devozione mariana, non può essere dunque una pietà meschinamente interessata, la quale non vede nella potentissima Madre di Dio che la distributrice dei benefici, soprattutto di ordine temporale, né una devozione di sicuro riposo, che non pensa se non a rimuovere dalla sua vita la santa croce degli affanni, delle lotte, delle sofferenze; né una devozione sensibile di dolci consolazioni e di manifestazioni entusiastiche; e neanche - per quanto santa possa essere - una devozione troppo esclusivamente sollecita dei propri vantaggi spirituali. Uno che sia veramente figlio di Maria deve essere agli ordini di lei in tutto, deve fare il custode, il difensore del suo Nome, delle sue eccelse prerogative, della sua causa, portare ai suoi fratelli le grazie e i celesti favori della loro Madre comune, combattere senza tregua al comando di colei che <cunctas haereses sola interemit in Universo mundo>. Egli si è arruolato sotto il vessillo di lei con un impegno perpetuo; non ha più diritto di disarmare per timore degli attacchi e delle persecuzioni; non può, senza infedeltà alla propria parola, disertare e abbandonare il suo posto di combattimento e di onore.

 

Questi apostoli, pienamente coscienti che Cristo è il centro di ogni vita spirituale, sono poi del tutto al riparo dallo scrupolo di onorare troppo Maria.

 

S. Bernardo (Hom. sup. Missus): “Non pensi di oscurare la Gloria del Figlio chi molto loda la Madre; perché quanto più si onora la Madre, tanto più si onora il Figlio. S. Anselmo (De exc. Virg., cap. 6) : « Interpellare la Vergine, non è diffidare della divina misericordia, ma della propria indegnità diffidare”. S. Idelfonso (De Virg. M., c. II): “Per essere servo del Figlio, desidero essere servo della Madre”. S. Grignon de Montfort (Trattato n. 62) : Se la devozione alla santa Vergine ci allontanasse da Gesù Cristo, bisognerebbe respingerla come un miraggio del diavolo; ma invece è il contrario : questa devozione ci è necessaria per trovare perfettamente Gesù Cristo, amarlo teneramente e servirlo fedelmente”. S. Alfonso de Liguori (Le Glorie di Maria, vol. I, pag. 173 ed. P.): “Quando altro non vi fosse, basti a togliere il timore di eccedere nelle lodi a Maria il P. S. Agostino, il quale ci dice che quanto noi diciamo in lode di Maria, tutto è poco di fronte a quel ch’ella si merita per la sua dignità di Madre di Dio; con la S. Chiesa, la quale fa leggere nella Messa della B. Vergine: sei felice, o Sacra Vergine Maria, degnissima di ogni lode”. Il Vaticano II (Lumen Gentium, n. 67, E.D.) dicendo: “…esorta inoltre caldamente i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio. (…)I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimento, né in una vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti a un amore filiale verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù”. Del resto il Vaticano II, che nella Lumen Gentium ha tratteggiato il volto stupendo della Chiesa, non poteva non innalzare lo sguardo a Maria: (Lumen Gentium, n. 68) “La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata ormai nel corpo e nell’anima, è l’immagine e la primizia della Chiesa, che dovrà avere il suo compimento nell’età futura; così sulla terra brilla come un segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in marcia, fino a quando non verrà il giorno del Signore”.