Nuovi dati sulla Sindone

 

Sindone

 

Sono ormai lontani i tempi della sentenza che la Sindone risalga al Medioevo. La sentenza era stata pronunciata dalle analisi del carbonio C14 presente nei prelievi del tessuto, ma in seguito si è visto che il dato non poteva reggere perché le analisi non avevano tenuto conto del carbonio depositato dal fumo delle candele votive e dell’alta temperatura raggiunta durante l'incendio di Chambéry (la cassetta con la Sindone fu avvolta dalle fiamme nell'incendio del 4 dicembre 1532) che ha provocato scambi di isotopi che hanno portato ad un arricchimento di carbonio radioattivo, facendo risultare in proporzione più "giovane" il tessuto (la reazione è stata favorita dalla presenza dell'argento che ricopriva la cassetta), nonché dalla presenza di fili posti in rammendi eseguiti in seguito all’incendio.

La notizia delle ricerche degli 007 russi viene ora ad aggiungersi a tanti altri dati positivi che rendono serena la convinzione che la Sindone risalga al tempo di Gesù. Ovviamente l’identificazione stretta tra Gesù e l’uomo della Sindone non può essere oggetto di pronunciamento scientifico o dogmatico, tuttavia possiede la base di una venerazione costante nei secoli di quell’arcano reperto archeologico.

Ecco quanto riportato su “il Giornale” del 14 settembre 2006:

 

Gli 007 russi: autentica la Sacra Sindone

"La Sacra Sindone è autentica, parola di servizi segreti ex sovietici. Gli 007 dell’Fsb, erede del famigerato Kgb, hanno svolto un’indagine criminologica a partire dalla foto del sudario. Secondo il quotidiano russo “Zhisn”, gli esperti hanno invecchiato per mesi stoffe di lino, concludendo che la reliquia di Torino ha davvero 2.000 anni e proviene dalla zona di Gerusalemme. L’esame della forma umana impressa sulla tela confermerebbe che l’uomo fu battuto con una frusta piombata a cinque fili, del tipo usata dai romani. Una larga macchia sulla spalla destra fa pensare che abbia trasportato a lungo un oggetto molto pesante, come la croce. Le ossa del naso sono spezzate da una botta, che ha fatto gonfiare una guancia. L’asimmetria dei tratti indica una profonda sofferenza fisica. Mani e piedi sono feriti come dal passaggio di chiodi, le spalle un po’ sollevate indicano una morte per asfissia, sopravvenuta prima del colpo di lancia. Gli agenti hanno anche fatto fare ginnastica a un volontario, per farlo sudare, poi l’hanno coperto per ore con un telo di lino. E’ rimasta impressa la sagoma".

 

Ecco quanto riferisce “La Stampa Web”:

 

Indagini sulle foto del sudario

14/9/2006

di Marco Bobbio

 

"Gli scienziati hanno condotto un accurato test d’indagine criminologica, basata su prove di laboratorio, ricavate dalle fotografie della Sindone conservata a Torino. Lo ha rivelato ieri il quotidiano Zhisn, secondo il quale i cervelloni del «Fsb», l’erede russo del «Kgb» sovietico, hanno eseguito, a partire dalle immagini della Sindone, una serie di esperimenti volti innanzitutto ad accertare l’autenticità del tessuto, sia per epoca che per zona geografica. Hanno passato mesi a invecchiare stoffe di lino in varie situazioni, arrivando alla conclusione che il sudario conservato a Torino ha davvero duemila anni e proviene dalla regione di Gerusalemme.

Chiarito questo primo punto fondamentale, i criminologi del «Fsb» hanno preso in considerazione le tracce lasciate sulla Sindone dal corpo che vi impresse la sua immagine. Hanno così constatato che coincidono pienamente con la tradizione che vuole Gesù flagellato, crocifisso e colpito al costato da una lancia. L’uomo dell’impronta sulla tela fu battuto con una frusta piombata a cinque fili, del tipo usato dai romani in quell’epoca. Una larga macchia sulla spalla destra fa pensare che abbia trasportato a lungo un oggetto molto pesante, probabilmente la croce. Le ossa del naso sono spezzate da una botta, che ha provocato anche un gonfiore a una guancia.

L’asimmetria dei tratti indica una profonda sofferenza fisica al momento della morte. Mani e piedi sono feriti come dal passaggio di chiodi. Le spalle un po’ sollevate e il petto indicano una morte per asfissia, sopravvenuta prima del colpo di lancia - che ha provocato infatti poca emorragia - evidente sul costato.

Gli agenti del «Fsb» hanno anche chiarito in via sperimentale il mistero dell’impronta sulla Sindone. Hanno fatto fare ginnastica a un volontario, per procuragli una sudorazione abbondante, poi lo hanno coperto per alcune ore con un telo di lino analogo a quello di Torino. Sulla stoffa è rimasta impressa l’immagine del soggetto.

Pochi giorni prima dello studio sovietico, un’altra pubblicazione scientifica, firmata dall’australiano Brendan Whiting, era arrivata a conclusioni simili. Il nocciolo del problema, ancora una volta, è la questione della datazione. Secondo Whiting, infatti, le analisi con il carbonio 14 che sostengono che la Sindone sia un reperto di epoca medioevale sarebbero state effettuate su campioni di tessuto spuri. Ovvero, su invisibili rammendi posticci presenti all’interno del tessuto di epoca romana. La teoria si appoggia sugli studi effettuati nel 2005 dal chimico americano Raymond Rogers, che aveva dimostrato come l’angolo del drappo da cui il campione era stato prelevato fosse di composizione chimica totalmente differente dal resto del tessuto".

 

Intervista a Giulio Fanti dell'Università di Padova, capo di un gruppo “Shroud Science” di un centinaio di studiosi che discutono sulla copiabilità della Sindone

 

Su “Il Giornale”, mercoledì 19 marzo 2008. Articolo di Andrea Tornielli.

“Sfido chiunque a riprodurre l'immagine sindonica. Nessuno è in grado di farlo...”. Il prof Giulio Fanti, docente di misure meccaniche e termiche all'università di Padova è convinto dell'inattendibilità della datazione al radiocarbonio effettuata nel 1988 sulla Sindone di Torino, il lenzuolo che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro. E lo intende dimostrare, portando nuovi elementi sulla modalità con cui la misteriosa immagine si è formata, con il volume “La Sindone. Una sfida alla scienza moderna”, Ed. Aracne, pp. 608.

Il Giornale” l'ha intervistato, alla vigilia del documentario che la BBC manderà in onda il Sabato santo. Nel filmato uno degli scienziati che fecero la datazione al carbonio 14 stabilendo che la Sindone risaliva al Medioevo, Christopher Ramsey, ha sostenuto che quei risultati potrebbero essere messi in discussione dagli “effetti ambientali”.

 

Partiamo dalla datazione. Che cosa ha scoperto?

“Non è una scoperta solo mia. Rifacendo i calcoli, sulla base dei dati forniti dai tre laboratori che eseguirono l'esame al radiocarbonio nel 1988, ci si rende conto che è stato commesso un errore. L'attendibilità della datazione medioevale è pari soltanto all'1,2%. Cioè assolutamente inattendibile.

 

Com'è potuto accadere un errore di questo genere?

“Diversi studiosi hanno dimostrato già da tempo che i risultati della datazione, in base al test statistico cosidetto di Pearson, hanno una probalità superiore al 95% di non corrispondere a quelli della Sindone. E' stato inserito nella formula un numero sbagliato, che ha falsato il risultato finale, un 31 è stato sostituito con un 17. Questo farebbe pensare persino a una manomissione finalizzata a ottenere il risultato desiderato”.

 

E' un'accusa grave...

“I numeri sono numeri. E sono inattendibili. Queste confutazioni sono scritte da scienziati. Forse c'è una lobby che teme la verità su quei calcoli, teme di doversi rimangiare il risultato sulla Sindone di origine medioevale, quando tutto, invece, lascia pensare che sia molto più antica e che risalga al primo secolo”.

 

Perché, allora, quella data medioevale?

“Nel mio libro pubblico i risultati di una recentissima ricerca fatta dal ricercatore Gerardo Ballabio: riesaminando il dato delle età dei tre campioni presi dai laboratori si nota una variazione che arriva anche a 200 anni nello stesso piccolo brandello di tessuto. In pochi centimetri quadrati, una variazione enorme. Questo indica inequivocabilmente che c'è stata una contaminazione esterna e dimostra l'inattendibilità del risultato”.

 

Quali contaminazioni potrebbero aver falsato l'età della Sindone?

“Sono diverse. Dal sudore delle mani di chi stendeva il lenzuolo, tenendolo proprio nella zona da cui sono stati prelevati i campioni, all'incendio avvenuto nel 1532 a Chabery (...).

Sfidi chiunque a rifare una copia della Sindone con le stesse caratteristiche microscopiche e macroscopiche. Sono a capo di un gruppo di un centinaio di studiosi che discute su questo argomento, “Shroud Science”: abbiamo stilato un elenco di 100 caratteristiche che ha la Sindone e che dovrebbe avere un'eventuale riproduzione. Nessuno però è in grado di farla”.

 

L'ultima sulla Sindone

Seguendo un suo procedere, alquanto immaginativo-soggettivo ("Firme e date celate nei dipinti da Leonardo in poi"; ed. Duch), un pittore-restauratore trevigiano, Luciano Buso, sostiene di aver trovato una tecnica di firma criptate tramandate da bottega a bottega per evitare l'azione di falsari. Per Luciano Buso la Sindone sarebbe stata "restaurata" (si noti non composta) da Giotto di Bondone che vi avrebbe lasciato la sua firma (anzi più firme) criptata e anche il numero 15 che corrisponde al 1315 data che si accorderebbe con le indagini al radiocarbonio. L'indagine il pittore- restauratore trevigiano l'ha condotte guardando foto della Sindone molto accurate. Dunque, nessun esame diretto del telo, nessuna indagine sul materiale pittorico dell'eventuale Giotto. Se il procedere del signor Luciano Buso ha qualcosa di accettabile per qualche pittura, assolutamente non ha nulla di accettabile per la Sindone.

Riporto l'articolo del vaticanologo Andrea Tornielli apparso su La Stampa.it il 7 giugno 2011:
"Che dire? Innanzitutto che ingrandendo le immagini fotografiche e “leggendo” i segni che vi si scorgono si può finire per vedere anche ciò che non c’è. Inoltre, i decalchi di sangue sulla Sindone sono perfettamente congruenti con quelli fuoriusciti da un cadavere traumatizzato che in quel telo è rimasto avvolto per un determinato lasso di tempo. Non possono essere un’aggiunta posteriore, né tantomeno un dipinto.

Quell’immagine, pur essendo molto debole, a bassissimo contrasto e senza contorni netti, è indelebile: vi sono stati applicati, senza successo, 25 tipi di solventi di laboratorio. Inoltre, nell’immagine non esiste direzionalità, al contrario di qualsiasi disegno o pittura, che porta il segno della direzione con cui l’eventuale pennellata è stata tracciata. Il colore giallo traslucido dell’impronta sindonica non è dovuto ad alcuna sostanza: non ci sono pigmenti, colori, tinture o vernici.

Non risulta nemmeno alcuna traccia di penetrazione di liquidi e i fili con cui è intessuto il lenzuolo non sono cementati tra di loro. Sono essi stessi a essere ingialliti, ma soltanto nella loro porzione più superficiale. L’analisi sulla densità dell’immagine ha evidenziato una uniformità cromatica a meno del due per cento.

Che cosa significa? Sta a significare che se si tratta di un dipinto, bisognerebbe ipotizzare che l’autore abbia utilizzato un pennello con un’unica setola sottilissima e con questa abbia colorato ogni singola fibra di lino, impiegando un tempo infinitamente lungo. Ma così non è comunque accaduto, a causa dell’assenza di pigmento nelle zone più scure che determinano l’immagine.

Anche i più decisi avversari dell’autenticità della Sindone ammettono che non si tratta di un dipinto. E a proposito della data, 1315, si può ricordare che già nel codice manoscritto Pray di Budapest, databile al 1192-1195, in una miniatura si scorgono due scene distinte: nella prima è raffigurata l’unzione di Cristo e il suo corpo ha l’esatta disposizione di quello sindonico: il corpo è interamente nudo, le mani che si incrociano sul basso ventre non hanno i pollici visibili.

Nella seconda immagine della miniatura, che mostra le donne di fronte al sepolcro vuoto, si vedono dei piccoli cerchietti scuri, segni simmetrici delle antiche bruciature che ritroviamo sul telo sindonico, e in più un disegno che imita la struttura del tessuto della Sindone".

                   

aggiornato al 7 giugno 2011

La cultura del sospetto si domanda: "Come mai non è stato ripetuto l'esame del carbonio in altri laboratori più qualificati dei tre interpellati a suo tempo?"
La risposta è semplice. I tre laboratori interpellati 23 anni fa non erano di bassa qualità, ma di alta qualità e hanno fatto il loro lavoro, anche se non sono mancate delle critiche: vedi articolo di Andrea Tornielli del 18 marzo 2008 su "il Giornale". Il loro risultato doveva essere pubblicato con la riserva che c'era il problema del carbonio aggiuntosi nei secoli, ma questa informazione di carattere scientifico e storico il card. Anastasio Ballestrero non la realizzò, e gli operatori dei laboratori, da parte loro, non erano degli storici. Ora per rifare gli esami al radiocarbonio bisognerebbe garantire la possibilità della separazione dei vari apporti di carbonio nel tempo, ma questo è piuttosto un desiderio che una realtà concretizzabile. Si può rispondere anche, a chi ha il desiderio di approfondimenti, indicando alcuni testi.

Arcidiocesi di Torino, Sindone, le immagini 2000, Ed. ODPF, Torino 2002

A. C. Consolo, Sindone, il mistero che affascina, Gruppo Edicom, Cerro Maggiore (MI) 2003

R. Cook, Seizure, G.P. Putnam’s Sons, New York (USA) 2003

G. Fanti, E. Marinelli, La Sindone Rinnovata. Misteri e Certezze, Progetto Editoriale, Vigodarzere (PD) 2003

Flury Lemberg Mechtild, Sindone 2002. L'intervento conservativo, ODPF, Torino 2003

G. Ghiberti, Sindone le immagini 2002, Torino ODPF 2002

L. Gonnella e al., Il giorno più lungo della Sindone. Cronache e documenti sulle operazioni di prelievo dei campioni per la radiodatazione del telo sindonico, 1986-1988, editore 3M, Milano 2005

E. e M. Marinelli, La Sindone. Un incontro con il mistero, Editrice Delta 3, Grottaminarda (AV) 2002

R. Quaglia, La Sindone letta da uno psicologo, EDB, Bologna 2004

P. H. Wiebe, The Shroud of Turin: authenticity and significance for theology, Howard Publishing Company, Langley BC (Canada) 2001

Un elenco ampio dei libri sulla Sindone lo si può trovare presso il sito: libreriacoletti.it/libri/sindone

Di grande importanza è poi il sito sulla Sindone: sindone.org

Altre fantasie sulla Sindone

La trasmissione Porta a Porta del 29/03/2013 ha trattato della Sindone in occasione di una sua ostensione. Il punto presentato ad un certo momento è che l’impronta della sindone sarebbe stata formata da una energia enorme sprigionata dal corpo dell’uomo della Sindone. Per dare un riferimento si è parlato  del fenomeno elettrico “effetto corona”. Si è detto che il corpo risorto sarebbe passato attraverso il lenzuolo, ma la risurrezione è un dato della fede e non un dato scientifico impresso sulla tela, cioè la Sindone non può dire che l’uomo raffigurato è risorto.
Ma esaminiamo. Il corpo risorto sarebbe passato attraverso il lenzuolo, ma allora le bende non sarebbero state a terra e il lenzuolo ripiegato a parte, sarebbe stato trovato, invece, l’involucro funerario intatto, ma i Vangeli non dicono questo (Gv 29,7).
Sarebbe stato il corpo in fase di risurrezione ad emettere la potentissima energia, di origine elettrica, ma come ognuno può costatare la Sindone non presenta che un uomo morto, avente in tutto la rigidità cadaverica. Ora, un morto non può esprimere nessuna energia.
Il telo dice solo morte e non risurrezione.

Nella Sindone c’è il curioso fenomeno di due immagini sovrapposte, in particolare questo lo si vede nel volto. Mi spiego, su di una superficie del lenzuolo c’è l’immagine che ben conosciamo e dall’altra parte c’è la stessa, ma molto debole, e con la particolarità che non è perfettamente combaciante. Questo si spiega considerando che il corpo di Gesù venne girato sulla Sindone per la stesura degli unguenti sia nella parte anteriore che in quella posteriore. La Sindone, che era stata stesa sul tavolo della preparazione, venne infine ripiegata su tutto il corpo.

Il pensiero di un irraggiamento di energia dovuto a reazione nucleare, non più per “effetto corona”, ha avuto inizio da David Willis (1969) e da José Luis Carreño Etxeandía (1976), ma anche ciò è fantasioso perché le impronte non sarebbero dovute alle fattezze del corpo morto e alle tracce della morte di croce, ma a una realtà in modificazione profonda, tanto da imporsi come cancellazione, o quasi totale offuscamento - se si vuole - delle tracce di morte. Con ciò si è giunti a pensare all’irraggiamento del corpo glorioso, ma tale irraggiamento non avrebbe messo in impressione un corpo morto e straziato, ma un corpo non straziato. La Sindone assolutamente non è in relazione con la risurrezione, ma con la morte. A questo punto si è arrivati a pensare che il corpo glorioso di Cristo era smaterializzato, ma ciò non è come dimostra il farsi toccare, il mangiare, l’essere realmente vivo, che i Vangeli presentano ( Mt 28,9; Mc 16,11; Lc 24, 39-41; Gv 20,27). Così il fatto che Gesù entrò a porte chiuse nel Cenacolo non fu dovuto al corpo glorioso in sé, ma al miracolo della compenetrazione dei corpi.

Pensare che l’impronta sia dovuta a un’azione miracolosa di Dio per darci una fotografia del corpo morto di Cristo non ha senso, poiché sarebbe un miracolo non relazionato alla situazione reale della morte e della sepoltura, ma un documento a sé, privo di identificazione storica, ma la Sindone non lo è.

Resta, per spiegare il fissarsi dell'immagine sindonica, la pista chimica della reazione degli aromi dell’imbalsamazione con sostanze come l’acido urico, accumulatosi nei tessuti. E’ la strada percorsa nel 1902 da Paul Vignon (1865 - 1943), e nel 1942 da Henri Jean Volkringer,(1898-1990), Gli scritti di Maria Valtorta sono su questa linea (Quaderni del 1944, pag. 180 - 181).

Ma perché l’idea della smaterializzazione del corpo? Per negare la realtà fisica della risurrezione, e farla diventare energia che ha accesso ad una realtà cosmica energetica, della quale viene a far parte. Va ricordato l’ubiquismo panteista di Almarico di Bène († 1206), a cui seguì quello di Gugliemo d’Occam (1228 - 1349) ripreso da Lutero (1483 - 1546), con la sua teoria dell’impanazione (il pane resta quello che è) del corpo di Cristo (presente ovunque, perché avrebbe seguito l’immensità della divinità), fino a tendenze ubiquiste condannate da Pio XII nell’enciclica “Humani generis”.
Gli errori si rincorrono, e gli agganci con la New Age non mancano.

Nuova conferma della datazione coeva a Cristo della Sindone

Una nuova conferma della datazione coeva a Cristo della Sindone è giunta dall’esame meccanico multi-paramentrico riguardante la tensione del filo (Università di Padova in collaborazione con quelle di Modena e di Bologna). E’ stata costruita appositamente una macchina per prove di trazione in grado di valutare fibre estremamente piccole. Si sono confrontati fili di tessuti sicuramente datati tra il 3000 a.C. e il 2000 d.C. Il risultato ha fornito dati compatibili con la data della morte di Cristo (Giulio Fanti - presente alla trasmissione Porta a Porta -,“Il mistero della Sindone”, ed. Rizzoli, 2013).

Ci sarebbero "nuove indagini" sulla Sindone, ma sono pure superficialità

Il prof. Matteo Borrini antropologo forense dell’Università di Liverpool e il prof. Luigi Garlaschelli esperto di chimica organica, divulgatore scientifico, saggista, romanziere, socio emerito del CICAP, hanno fatto una ricerca (aprile 2014) che proprio non è costata acume.

Ecco il punto. Gli avambracci della Sindone riportano il tracciato di rivoli di sangue, e ciò non sarebbe possibile se non con un braccio elevato a 80° sull’orizzontale. Preso il braccio di Matteo Borrini, al cui polso è stato collocato una sottile cannula dalla quale sgorgava sangue, hanno visto che scorreva lungo l’avambraccio nelle condizioni angolari già dette. Conclusione la Sindone non riporta una crocifissione romana, ma è un artefatto di qualche abile artigiano dell’epoca indicata dall’esame al carbonio.

Le “nuove indagini” sono solo per negare le precedenti indagini.
Tutto qui, rigorosamente tutto qui. Ma non può finire qui, infatti subito si possono fare alcuni appunti.  

Il primo è che il sangue nella parte posteriore degli avambracci usciva da ferite aderenti all’asta trasversale e questo ne influenzava la dinamica.
Il secondo è che pur rimanendo, ovviamente, fissi i chiodi le ferite per il peso del corpo si allargarono: quelle dei polsi e quelle dei piedi. Il risultato fu che i polsi risultarono più alti delle ascelle, e si ebbe una flessione delle ginocchia, come gli artisti hanno ben espresso. La ferita della mano sinistra (quella destra non si vede) risulta fatta nello spazio del Destot, che comporta il dolorosissimo taglio del nervo mediano e anche del nervo tenar. La chiodatura in tale spazio non spezza le ossa del polso, e regge per la presenza del legamento trasverso del carpo. Questa ferita indubbiamente si dilatò molto alla sollecitazione del peso del corpo.
Il terzo è che il crocifisso cercava di fare leva sui piedi e sulle braccia per cercare di poter meglio respirare vista l’enorme tensione della cassa toracica. Questo spiega i rivoli ad andamento irregolare, perché a intervalli sottoposti maggiormente alla forza di gravità.
Il quarto è che i muscoli estroflessori (quelli della parte posteriore dell’avambraccio) erano in estrema tensione determinando la visibilità muscolare di solchi che conducevano sangue.
Il quinto è che il sangue, in quella posizione diagonale delle braccia, unitamente al loro stiramento muscolare e alla presenza del processo di dissanguamento complessivo, non poteva che presto salire con poca forza e scaturire in modo flebile, tanto da non formare, a quel livello, una massa gocciolante, ma appunto dei rivoli aderenti alla pelle.  

L’esperimento - con mezzi meno da laboratorio - l’ho fatto anch’io su di un mio braccio, ma al pari di quello di Matteo Borrini, non aveva nessuna tensione, e al pari di quello di Matteo Borrini nessun moto convulso, e nessun fissaggio ad un legno di croce.

Il seguito replay delle “nuove indagini” degli stessi Matteo Borrini e Luigi Gargareschelli

Riporto l’articolo di Andrea Tornielli su Vatican Insider (17/07/2018) con intervista al vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia

“La Sindone continua a far discutere: sono stati presentati i risultati sui media i risultati di un nuovo studio curato da Matteo Borrini - antropologo forense che insegna alla John Moores University di Liverpool - e Luigi Garlaschelli, chimico, docente dell'università di Pavia e membro del Cicap, il Comitato Italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. I titoli di giornale parlano di «alcune macchie di sangue false» sul lenzuolo di lino che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro. Vatican Insider ha chiesto un commento su questa ricerca - effettuata attraverso colature di vero sangue sul corpo dello stesso Garlaschelli - al vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia, il fisico Paolo Di Lazzaro.

Come giudica questa nuova ricerca?
Innanzitutto bisogna distinguere la ricerca ora pubblicata sul “Journal of Forensic Sciences” con certe semplificazioni giornalistiche. Gli autori dello studio non mettono in dubbio che si tratti di sangue, ma dicono che le colate non sono del tutto compatibili con la posizione di una persona crocifissa e poi deposta. Hanno fatto scorrere del sangue con una cannula dal polso e hanno osservato le colature per diverse angolazioni del braccio, allo scopo di verificare quale debba essere quella che più si avvicina alle colature presenti sulla Sindone di Torino. Secondo i risultati di questo esperimento, per ottenere macchie simili le braccia avrebbero dovuto essere in posizione quasi verticale. E questo rilancia, a detta degli autori, l’ipotesi dell’abile falsario medioevale, il quale realizza un’immagine corporea che ancora oggi non riusciamo a riprodurre, ma sbaglia a “disegnare” col sangue le colature delle braccia. Poi bisogna dire che questa ricerca non è affatto nuova, è datata 2014 e venne presentata - senza essere pubblicata - a un congresso di medicina forense negli Stati Uniti. Già all’epoca vi furono notevoli perplessità sollevate da parte di medici sulla validità dei risultati. Ora quello stesso studio, con l’aggiunta di qualche nuovo esperimento, è stato pubblicato.

Quali sono le perplessità sulla metodologia di questo studio?
Già nel 2014 venne fatto notare un primo problema, legato all’uso di una sacca di sangue contenente dell’anticoagulante. Lo si vede bene nel filmato che accompagna la ricerca: il sangue dalla cannula scorre sul braccio in modo molto fluido, al punto da sembrare quasi acqua colorata. Questo è dovuto alla presenza dell’anticoagulante, indispensabile per conservare il sangue fluido nella sacca. Ma questa fluidità del sangue usato per l’esperimento non ha nulla a che vedere con la situazione dell’uomo crocifisso della Sindone. L’uomo della Sindone era stato torturato -come dimostrano i segni del flagello sull’intero suo corpo e le ferite provocate dalla corona di spine- ed era disidratato: non mangiava né beveva da almeno un giorno. Era stato sottoposto a stress, aveva portato il patibulum, il braccio orizzontale della croce fin sul Calvario. Di conseguenza, il sangue di questa persona doveva essere più vischioso del normale e dunque i percorsi dei rivoli fuoriusciti dalle ferite possono aver preso direzioni molto diverse da quelle del sangue fluidificato usato in questo esperimento. Un altro parametro che influenza il percorso della colatura è la velocità di uscita del sangue dalle ferite dell’uomo della Sindone, che non è conosciuto e quindi non è possibile riprodurlo in un esperimento come quello di Borrini e Garlaschelli.

La vischiosità del sangue è l’unica variabile della quale tener conto?
No, ce n’è un’altra altrettanto importante e non presa in considerazione in questo esperimento: lo stato della pelle dell’uomo sindonico. Il percorso della colatura di sangue visibile sulla Sindone avviene sulla pelle del crocifisso. Un conto è la pelle pulita e integra del professor Garlaschelli che ha prestato il suo corpo per l’esperimento, un altro è la pelle di un uomo torturato, disidratato, tumefatto. Sulla Sindone abbiamo trovato tracce di terriccio, a testimoniare che la pelle dell’uomo della Sindone era sporca a causa di ripetute cadute. La pelle del crocifisso doveva essere sudata, sporca di terriccio, con rigonfiamenti da ematomi e incrostata da sangue delle ferite inferte con il flagello. Insomma tutt’altra cosa dalla pelle liscia e pulita usata nell’esperimento. E proprio lo stato della pelle, le incrostazioni, le tumefazioni, la sporcizia, il sudore possono aver interferito in modo importante sulla direzione delle colature di quel sangue denso e vischioso.

Nella parte nuova della ricerca di Borrini e Garlaschelli si contesta anche la cosiddetta “cintura di sangue”, quella colata che scorre attorno al bacino dell’uomo sindonico e che proviene dal costato…
Sì, grazie a un manichino sul quale hanno fatto colare del sangue sintetico da una spugna come se fosse stato inferto un colpo sul costato, hanno dedotto che quella macchia non si sarebbe dovuta produrre. Ma, anche in questo caso, ci troviamo di fronte a molte variabili che non conosciamo e che quindi non possiamo riprodurre in un esperimento. Non sappiamo se la fuoriuscita di sangue dalla ferita al costato possa essere simulata in modo realistico (stessa velocità, stessa portata) strizzando una spugna intrisa di sangue. Non sappiamo se la Sindone sia servita solo per avvolgere il cadavere del crocifisso o anche per trasportarlo dalla croce al sepolcro: nel qual caso, prendendo il corpo per le braccia e per i piedi, la parte del bacino si sarebbe trovata insaccata e più bassa, provocando il ristagno del sangue all’altezza della cintura. Siamo nel campo delle pure ipotesi. Ben venga ogni nuovo esperimento, ma prima di trarre le conclusioni uno scienziato serio deve tenere conto dei limiti sperimentali, dei parametri sconosciuti e soprattutto della differente configurazione di pelle e sangue tra le colature dell’uomo disidratato e ferito e percosso che vediamo sulla Sindone e le colature di sangue fluidificato sulla pelle di una persona in buone condizioni di salute. Non possiamo affermare che le colature di sangue della Sindone non sono congruenti con la posizione del crocifisso se non ci si avvicina alle condizioni dell’uomo sindonico disidratato, con il sangue vischioso e la pelle tumefatta, sporca e sudata. Per questo credo che i risultati di questa ricerca vadano considerati come men che preliminari, in attesa di un esperimento che tenti di riprodurre le macchie visibili sulla Sindone usando parametri di sangue e pelle più vicini a quelli che si vogliono riprodurre. Di fatto, questo articolo di Borrelli e Garlaschelli non risponde (e anzi rinforza) le perplessità già sollevate dagli esperti nel 2014”.

La reazione dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, su quanto asserito da Matteo Borrini e Luigi Gargareschelli (Ansa 17 luglio 2018)
"Gli studi e le ricerche, se condotte con criteri scientifici e senza ipotesi pregiudiziali, stimolano a un confronto sereno e costruttivo, a conferma di quanto disse San Giovanni Paolo II, ovvero che 'la Sindone è una costante provocazione per la scienza e l'intelligenza". Lo afferma l'arcivescovo di Torino e Custode pontificio della Sindone, monsignor Cesare Nosiglia, commentando la ricerca dell'università di Liverpool secondo cui almeno la metà delle macchie di sangue del lino sarebbe falsa.

"Toccherà anche questa volta a scienziati e studiosi dibattere ed eventualmente contestare sul piano scientifico o sperimentale validità e solidità della ricerca - aggiunge Nosiglia - è comunque un dibattito che riguarda studiosi e scienziati. Credo tuttavia che vada ribadito un principio fondamentale per questioni complesse come questa, il principio della neutralità, perché se si parte da un preconcetto e si orienta la ricerca per dimostrarlo, facilmente si giungerà a confermarlo...".

 aggiornato al 19 luglio 2018