L'universo azteco e la formazione del genere umano

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Prima del processo creativo, formativo, delle cose c'era la vita degli dei. La materia si presentava parte del mondo divino, copresente agli dei (non si ha creazione ex nihilo), abitatori dell'alto e del basso. Alto e basso  non sono ancora ben definiti.

Due divinità primordiali si attivano, passano all'azione mediante un congiungimento sessuale. Sono Tonacatecuhtli “signore della nostra carne” e la moglie Tonacacihualtl “signora della nostra carne”. Detti anche Tota “padre nostro” e Totan “madre nostra”, e anche Ometecutli e Omecihuatl o anche Ometeotl o Ometecuhtli (rispettivamente signore e signora della dualità). La loro relazione dà origine a quattro fratelli, che attuano le quattro direzioni dell'Universo. Il Primo è Tezcatlipoca “specchio fumante” Rosso (rosso è il segno dell'oriente), conosciuto anche come Camaxtli “signore del maxtle o meglio del maxtlatl, che era l'indumento maschile che copriva i fianchi”, e anche come Mixcoatl, patrono della città di Tlaxcala; il secondo, il peggiore di tutti i fratelli, è Tezcatlipoca Nero (nero segno del nord); il terzo è  Tezcatlipoca Bianco (bianco segno dell'ovest), detto Queztalcoaltl e anche Yohualli Ehecatl “vento della notte”; il quarto è Tezcatlipoca Blu (blu segno del sud), detto anche  Huitzilopochtli “colibrì che viene dal sud”, patrono della capitale azteca Tenochtitlan.

I quattro fratelli decisero di dare il via alla formazione delle cose.

 

Molte sono le varianti narrative al proposito della formazione delle cose, del cielo della terra, del fuoco, del mais, degli uomini, del lavoro dei campi.

Fondamentale è il racconto dei cinque soli. I documenti principali in merito sono la “Historia de los mexicanos por suas pinturas” e “Las Leyenda de los soles”.

 

Tezcatlipoca Nero si trasformò nel primo Sole, per intronizzarsi re di tutto, ma venne colpito con un bastone da Quetzalcoaltl e cadde in acqua e si trasformò in giaguaro, che divorò una prima umanità, fatta di giganti. Il secondo sole fu fatto da  Quetzalcoaltl, e il mondo venne popolato da gente ordinaria, gente contadina, i macehualtin. Tezcatlipoca Nero scatenò allora un vento impetuoso, travolse tutto e gli uomini vennero trasformati in scimmie e il secondo Sole ebbe fine. Il dio delle acque Tlacloc si trasformò nel terzo sole, ma  Quetzacoaltl fece piovere fuoco e il tentativo di Tlaloc svanì; l'umanità che abitava la terra venne trasformata in tacchini, farfalle e cani. Il quarto sole venne fatto dalla moglie di Tlaloc, Chalchiuhtlicue e venne insediato da  Quetzalcoaltl, ma venne distrutto da un grande diluvio che trasformò gli uomini in pesci e fece precipitare il cielo sulla terra. In tutto questo si vede una lotta cosmica tra Quetzalcoaltl e Tezcatlipoca Nero, responsabili della creazione e distruzione dei soli. La lotta produce degli insuccessi, ma nello stesso tempo produce degli avanzamenti qualitativi.

I quattro fratelli Tezcatlipoca decisero allora di fare quattro strade che partissero dal centro della terra. La prima soluzione concorde è che tutti e quattro entrano in gioco delimitando i quattro punti cardinali del cosmo, per fare le quattro strade formanti una croce, i quattro fratelli fecero 4 uomini. (Le quattro strade di Tenochtitlan, riflettono queste quattro strade, così come le isole dove sorge la città rappresentano la terra circondata dalle acque. Ne segue che la capitale azteca era pensata al centro del mondo).

Stabilito questo, Tezcatlipoca Nero e Quetzalcoaltl cominciarono a collaborare diventando due alberi cosmici per mezzo dei quali gli dei e gli uomini innalzarono il cielo con le stelle dalla terra: incomincia la stabilità. Vedendo la collaborazione dei due fratelli Tonacatecuhtli, loro padre, li fece “signori del cielo e delle stelle”.

Restava da creare il sole e qui entra in campo, il dio Quetzalcoaltl, Tezcatlipoca Bianco.

Il dio Quetzalcoaltl “serpente piumato”, è un essere duale: ha in sé la dualità dell'uccello: cielo; del serpente: terra. Egli genera, per forza propria, un figlio che è gemellare a lui, ma distinto da lui (Quetzalcoaltl: vuol dire anche “gemello prezioso”), prodottosi senza connubio con divinità femminile, in forza della propria dualità. Questo figlio gemellare viene sacrificato dal dio Quetzalcoaltl, che lo getta nel fuoco per dare origine al quinto sole, come si ricava dalla “Historia de los mexicanos por suas pinturas” (1536?), attribuito al francescano Andrès de Olmos. Il figlio gemellare brucia e si innalza al cielo diventando il quinto Sole. Ma “Historia de los mexicanos por suas pinturas ” presenta  una semplificazione di un processo più lungo; infatti da una pittografia del Codice Borgia (Un codice sicuramente preispanico dove il curatore spagnolo dice: “Quetzalcoaltl morto, sacrificato, si trasforma in Xolotl-Nanahuatzin”), risulta che il figlio gemellare di Quetzalcoaltl, diventa Xolotl-Nanahuatzin, cioè il figlio gemellare scomparendo (esso non ha nome) attua due doppi di sé, a sé distinti: Xolotl e Nanahuatzin. Il quetzal (uccello) giungerà al Sole, il coatl (serpente) giungerà, in servizio al Sole, al trionfo nel sottomondo. Xolotl è identificato con il pianeta Venere nel suo aspetto vespertino e Nanahuatzin, o Nanahuatl (il “pustoloso” o il “bubboso”), secondo quanto si legge in “Las Leyenda de los soles”, accetta l'invito degli dei che vogliono che si produca il quinto Sole, e per questo si getta nel fuoco e troverà nell'autosacrificio la sua trasformazione in Sole. Il dio Quetzalcoaltl rimane come origine di tutto il processo, e quindi esercita un primato nell'ordinamento del cosmo. La pittografia del Codice Borgia fa vedere che compaiono, nel disfacimento sacrificale, due teste (una di Xolotl e una di Nanahuatzin). Il figlio gemellare di Quetzalcoaltl, sacrificato dal padre gemellare, è con le braccia e le gambe lungo le quattro direzioni cosmiche rappresentate dalla croce greca. Le mani e i piedi non sono precisamente umane, ma hanno qualcosa dell'uccello avendo il pollice collocato sul tallone dei piedi, e nelle mani a livello del polso. Da tutte le parti della figura emergono animali e quattro esseri di sembianza umana, identificabili con i quattro uomini che hanno formato le quattro strade sulla terra, avendo sul capo una piccola croce greca. La croce greca ha dei colori che rappresentano i quattro soli precedenti: il rosso indica il primo sole, l'arancione il secondo, il giallino il terzo, il ceruleo il quarto.

 

         

 

L'emergere di Xolotl dal disfacimento sacrificale è connesso al Sole,  perché lo difenderà nel suo passaggio notturno nel sottomondo, il Mictlan, che ha come sovrano l'ostile dio Mictlantecuhtli.

In una pittografia del codice preispanico Fejervary-Mayer, Xolotl è anch'esso stagliato su di una croce greca, della quale un'asta è nera e l'altra è rossa. Il colore nero indica il regno sotterraneo dei morti, il Mictlan. Il colore rosso indica l'oriente, cioè il luogo dove il Sole riemerge dal Mictlan.

 

 

Nessuna idea di crocifissione tra gli Aztechi, per loro la croce non era affatto un patibolo, ma il segno cosmico azteco per eccellenza. Non è possibile, neppur lontanamente, pensare ad un Quetzacoaltl crocifisso, sarebbe solo una pessima comprensione del dato nativo.

Nanahuatzin diventa col suo autosacrificio nel fuoco il quinto Sole. Quando il fuoco si spense Tlalocatecutli  o Tlalocateuctli o Tlaloc (dio compatrono della capitale Azteca, dio dell'agricoltura, delle pioggie) gettò allora il figlio avuto con la moglie Chalchiuhtlicue e questi diventò la Luna, cinerea. Altra versione vuole che il dio Tecuciztecatl, che per primo, orgoglioso, con vestiti sontuosi, aveva voluto trasformarsi nel quinto Sole, ma poi si era ritirato pauroso dal fuoco, dando spazio così al più modesto Nanahuatzin, Tecuciztecatl si buttò anche lui nel fuoco e divenne la Luna.

Ma il Sole non si muoveva nel cielo, pretese che gli dei si sacrificassero. Il dio Tlahuizcalpantecutli  o anche Tlahuizcalpanteuctli  o Tlauizcalpantecutli si adirò contro il Sole, ma dovette cedere e cosi diventò Venere, stella fredda. Gli dei si riunirono nel mitico luogo di Teotihuacan e gli dei Titlacahuan, Huitzilopochtli o Huitzilopuchtli, Xochiquetzal, Yapaliicue e Nochpaliicue, si sacrificarono affinché il Sole si movesse. Il sacrificarsi con la morte era un ammettere la propria sudditanza dal dio Sole, ma era anche un passare ad un grado superiore di potenza divina, una volta ritornati alla vita della materia. Gli dei hanno dei corpi che sono variabili, trasformabili, che sacrificati si riattuano, sempre potendo essere trasformati in altre forme. La materia è eterna quanto essi, ed essi ne sono plasmatori attraverso le loro vicende. Il Sole non è uno spirito, ma è un fuoco immenso diventato uno con Nanahuatzin.

Poi Quetzalcoaltl-Xolotl andò nel sottomondo e ottenute dal re del sottomondo le ossa delle vecchie generazioni umane le fece macinare dalla dea Cihuacoatl “donna serpente” e vi sparse sopra del sangue uscito dal suo membro: così vennero fatti gli uomini. Ora come gli dei si sacrificarono, per poi ricomporsi, per far muovere il Sole; così gli uomini per continuare a farlo muovere nel cielo devono compiere sacrifici umani. Una cosmogonia dagli aspetti tragici. L'uomo partecipa alla conservazione dell'ordine cosmico con la sopraffazione sull'altro uomo.

Cihuacoatl è la dea della terra. Ai neonati veniva spruzzata acqua sulla testa ricordando la dea, poiché essa, avendo partecipato alla formazione dell'uomo, presenziava al parto e alla nascita. Le doglie del parto venivano pensate come inflitte dalla dea come omaggio per il superamento della morte delle ossa macinate da lei, ma fecondate da Quetzalcoaltl-Xolotl. Veniva detta anche “colei che ha portato il peccato”, poiché l'uomo che lei ha contribuito a formare è trasgressore. Ma c'era pure una dea Tlazolteotl “dea dell'immondizia” chiamata anche Tlaequani “divoratrice dello sporco” dai cui sacerdoti ci si poteva confessare segretamente, una sola volta nella vita, il peccato di adulterio (presso gli Aztechi era comune la poligamia, e quindi la cosa riguardava percentualmente meno l'uomo), ed essere liberati dalle conseguenze di castigo davanti agli dei; se l'adulterio veniva scoperto si prevedeva la pena di morte.

Chi, al termine della vita, confessava direttamente alla dea Tlaequani i peccati della sua vita, lei “mangiava la sporcizia”; così il defunto giunto nel sottomondo, non vi veniva trattenuto, ma alla fine di dure prove aveva accesso alle regioni celesti. Nessun pensiero di risurrezione.

 

Un altro mito  presenta la creazione della terra come un intervento di  Quetzalcoaltl e di Tezcatlipoca Blu (Huitzilopochtli). I due danno origine al fuoco, creano due uomini che lavorino la terra, Oxomoco e Cipoctonal. Danno loro i semi di mais. Poi creano un mostro marino il Cipactli (detto anche Tlaltecuhtli: una dea).

In altra versione, il mostro compiva stragi e così Quetzalcoaltl e  Huitzilopochtli scesero dai cieli e si trasformarono in due serpenti, scesero nelle profondità dell'oceano e presero la dea, che divisero a metà. Con una parte fecero la terra, e con l'altra innalzarono il cielo. Gli dei per riguardo alla dea, che come entità divina non è uccisa, dispongono che dal suo corpo ridotto a terra uscissero i frutti necessari per la vita: con i capelli fecero gli alberi, i fiori e le erbe, con gli occhi fecero i pozzi, le fonti e le grotte, con la bocca i fiumi e grandi caverne, con le narici fecero le valli e le montagne. La dea però voleva ancora mangiare il cuore degli uomini, e non avrebbe dato frutti se non fosse stata irrigata dal loro sangue. Dunque gli uomini devono fare sacrifici umani per mantenere l'ordine delle cose. L'uomo diventa il motore che fa rimanere nell'essere la situazione nella quale vive.

 

Un altro mito presenta la dea Xochiquetzal, che viveva nel Tamoanchan, situato a livello del nono cielo (tredici erano i cieli delle mitologie azteche), quale luogo di delizie. In quel tempo la dea Xochiquetzal era la moglie del dio Tlaloc, ma la dea si lasciò rapire da Tezcatlipoca Nero a scopo sessuale. La dea divenne la patrona delle prostitute rituali presso i guerrieri. La dea era anche nota col nome di Ixcuina quale protettrice delle adultere, che rischiavano la pena di morte.

In altra versione del mito l'evento era accaduto a Tlazolteotl (Tlaequani), la dea “divoratrice dello sporco”. La rottura dell'ordine compiuta nel cielo diventò elemento di pericoloso esempio sulla terra, sulla quale si riversò l'ammonizione di un subitaneo diluvio.

 

Un altro mito, presenta la rottura dell'equilibrio a partire da due esseri umani: Nene e Tata. Essi  sopravvissero al diluvio. Per cibo avrebbero dovuto consumare, secondo le disposizioni degli dei, le pannocchie di mais, ma i due colsero da un fiume un pesce morto e acceso un fuoco lo cucinarono. La cottura esalò un odore disgustoso per Citlallinicue e Citlallatonac, la dea e il dio “stella”. Nene e Tata usarono il fuoco per un essere non preso vivo, e quindi in qualche modo sacrificato nell'uccisione. La colpa non risiede nell’aver scartato il mais, ma che, nonostante avessero il mais, fecero quella cottura. Ciò che sta alla base del discorso e che crea il conflitto con gli dei è il potenziale rifiuto a fare sacrifici umani (il pesce preso dall’acqua è già morto), questo è tanto grave per gli dei che trasformano i due in esseri mostruosi, che si estinsero.

Siamo lontani mille miglia dal racconto biblico del peccato originale (Gn 3,1s), e dal dettato di Dio dato al genere umano dopo il diluvio (Gn 9,1s).

 

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