XI Stazione: Gesù è inchiodato sulla croce

V/. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi
R/. Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum

 

La Parola  (Ps 21): Mi circondano tori numerosi, mi assediano tori di Basan. Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce. Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. E' arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto. Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e miei piedi, posso contare tutte le mie ossa”.

 

 

 

 

Meditazione

 

L'operazione della chiodatura del condannato avveniva per mano dei boia. Il lavoro sporco era assegnato a loro, ed essi lo facevano. Erano persone  socialmente isolate, perché facevano ribrezzo.

Gesù venne steso sulla croce senza che i boia trovassero resistenza, ma ugualmente lo immobilizzarono, poi piantarono i chiodi. Era spaventoso per la Madre. Ogni colpo colpiva anche lei. Poi la croce venne calata in un buco nel terreno e fissata con pietre. Ecco, stagliato verso il cielo, il lugubre trofeo della vile giustizia del tribunale di Pilato.

La sofferenza era atroce, senza sosta. Ogni istante era un tempo interminabile, e considerare il tempo che restava per giungere alla morte era disperante, e la disperazione non faceva fatica ad abbrancare il condannato. La vita sfuggiva lentamente, per dissanguamento, per difficoltà di respirazione, per infezione tetanica, per sfinimento.

Gesù aveva aspettato quell'ora, e la viveva; non considerava le sofferenze, soffriva; non contava i minuti, non valutava il tempo, viveva l'ora. Amava. Tutto il suo essere era centrato nel cuore, nell'amare. Quel Gesù di Nazaret continuava ad amare. Mai si era visto un crocifisso fare così. Qualcuno giungeva a sopportare la tortura con fierezza, con odio, ma nessuno continuava ad amare.

Per i sommi sacerdoti continuò un instancabile sguardo di odio al crocifisso, per cogliere un momento di disperazione. Speravano che si mettesse a maledire, come facevano gli altri due crocifissi, posti di lato a Gesù; aspettavano che Gesù confermasse la loro sentenza, che era questa: “Non viene da Dio”.

Tutti gli insulti contro Gesù erano un bieco grido di trionfo, marcati dalla segreta attesa di una parola di maledizione di Gesù, di una parola di odio che facesse quadrare il cerchio delle ragioni della condanna. 1Se tu sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce!”: una beffa, un insulto, ma anche l'attesa di una risposta di maledizione. 

2Ha salvato gli altri salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto”: un insulto, un grido che in tutto e per tutto sembrava la certezza del trionfo, eppure aveva in sé il livore che il cerchio delle ragioni della condanna continuava a non tornare.

L'atmosfera si fece sempre più cupa. Una nuvolaglia nera, bassa, raggiunse Gesusalemme. Non era la nuvola, segno della gloria di Dio, che scese sulla tenda del deserto e sul tempio di Gerusalemme. Era una nuvolaglia che comunicava paura, e suscitava la sensazione precisa della disapprovazione di Dio.

Il processo informale, non dichiarato, dove Gesù avrebbe dato le prove della sua ingiustizia, stava cessando; cominciava il processo di Dio sulla città di Gerusalemme. Essa non avrà mai più dentro le sue mura la gloria di Dio dimorante nel tempio; questa gloria era fuggita.

Dentro le mura di Gerusalemme resterà solo il buio dell'orribile condanna a morte del Figlio di Dio.

 

1(Mt 27,40);  2(Lc 23,35)

 

Preghiera

 

Signore Gesù, sei stato immobilizzato sulla croce; ogni movimento ti è stato impedito, ma nulla ha potuto fermare il tuo amore. Proprio immobilizzato in un cerchio di dolore, hai attratto ogni uomo a te. Noi, Signore, vogliamo servirti facendoti conoscere agli uomini, per renderli amici della tua croce nella forza della tua attrazione.

 

 

Sancta mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas
cordi meo valide.

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